Sono trascorsi due secoli da quando il godibilissimo scritto, che è riportato in questa stessa pagina, è stato pubblicato e, pare volesse farci un ragalo, saltando fuori da un vecchio libro, di quelli grossi e polverosi che da decenni occupano la libreria e sono ormai parte integrante dell’arredamento. Così, per puro, caso è stato riscoperto uno dei primi articoli del giornalismo moderno. Scritto nel 1765 dal conte Pietro Verri, intellettuale illuminista milanese, e pubblicato nel “foglio di stampa”, di cui era ideatore e direttore, chiamato “Il caffè”: Collaborarono al giornale, suo fratello Alesandro, Cesare Beccaria e altre figure importanti del periodo e fu punto di riferimento per i giovani dell’epoca, desiderosi appunto di essere “illuminati”.
Questo “chicco” de “Il caffè” forse oggi può fare un pò sorridere ma, allo stesso tempo, sorprende per quanto poco sia cambiato l’italiano da allora. E che dire del contenuto…è di estrema attualità, di buon augurio per tutti coloro, specialmente giovani, che si avviano a svolgere il mestier di giornalista e anche per coloro che non hanno mai avuto il coraggio di far leggere i propri scritti. E’ dunque proprio il caso di ringraziare Pietro Verri, anche perché già da allora, pur essendo settentrionale ma studente di retorica a Roma, avendo percorso tutta l’Italia settecentesca si professava, non solo italiano, ma un convinto europeo.
«Scrivete, o giovani di talento, giovani animati da un sincero amore del vero e del bello; scrivete. Scrivete cose che riscuotano dal letargo i vostri cittadini e gli spingano a leggere e a rendersi più colti; sferzate i ridicoli pregiudizi che incatenano gli uomini e gli allontanano dal ben fare; comunicate agli uomini le idee chiare, utili e ben disposte; cercate insomma di rendere migliori, e nel cuore e nello spirito i vostri contemporanei come fate voi sopra medesimi; e allora siate sicuri che non vi mancheranno coll’avanzarvi nella carriera delle lettere tutti i piaceri che s’ottengono colla distinzione e colla stima universale: Vi saranno sempre, è vero, in qualche angolo oscuro de’ pedanti che mal sofriranno di vedervi su quella strada, ma questi , a misura che farete progressi, anderanno sempre più occultandosi, sin tanto che resti ad essi tutta l’amarezza di dir male ed a voi non giunga neppure il suono della loro voce. Più voi sarete colti e amabili ne’ vostri scritti, e più coloro spargeranno che mancate di profondere le vostre idee. L’interesse di chi non sà scriver bene è di sostenere che gli autori, che più universalmente piacciono, non sanno scrive bene. Noi co’ nostri fogli ci siamo particolarmente proposti di combattere molte di quelle chimere che più s’oppongono ai progressi degl’ingegni italiani. La natura ha fatto di tutto perché noi fossimo distinti fra le più colte nazioni del mondo; ma forse la troppa dolcezza del carattere di noi italiani ci ha fatti con somma felicità piegare l’un dopo l’altro al giudizio di alcuni pochi, i quali ci hanno voluto porre in ceppi, dirò così, l’anima e ne hanno pedaggiate le facoltà. Tempo è ormai che in una materia libera, qual è quella delle lettere, sia dato ad ognuno il sentire con proprio sentimento e il “rendere” le proprie idee quali si ricevono sa’ sensi, et aperto vivere voto».
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