Diciassette versi della poesia “Migrante” del nigeriano Wole Soyinka, premio Nobel per la letteratura nel 1986, per diciassette lapidi senza nome, quelle dei migranti di nazionalità eritrea, siriana e nigeriana che nella metà del mese di maggio del 2014 morirono in un naufragio al largo di Lampedusa.
A promettere uno spazio adeguato nel Cimitero di Catania per quei migranti era stato, il 28 maggio scorso, nel Palazzo della Cultura, durante una cerimonia funebre interreligiosa nella quale aveva citato proprio la poesia di Soyinca, il sindaco Enzo Bianco. E stamattina, davanti ai loculi interrati – i due più piccoli di bambine di pochi mesi -, inseriti in un’area rettangolare di 140 metri quadrati, hanno pregato mons. Salvatore Genchi, vicario dell’Arcivescovo di Catania, e Keit Abdelhafid, presidente della Comunità islamica di Sicilia.
“Un momento intenso – ha detto Bianco -, di grande commozione, che dimostra una volta di più come Catania sia città dell’accoglienza. Qui, nell’agosto del 2013, abbiamo vissuto l’orrore di vedere sei giovani vite spezzate, migranti annegati a pochi metri dalla spiaggia. Da allora sono giunti sulle nostre coste migliaia di persone e abbiamo chiesto di essere aiutati ad accogliere, ma l’Europa continua nel suo assordante silenzio di fronte alla colossale catastrofe umanitaria che nuovamente si annuncia, con centinaia di migliaia di persone sulla costa africana pronte, in primavera, ad attraversare il Mediterraneo per sfuggire alla fame e alla guerra. Catania, intanto, ha realizzato queste sepolture al centro delle quali c’è ‘La speranza naufragata’, una statua alta tre metri di Pierluigi Portale realizzata dall’Accademia di Belle Arti e donata alla città”.
Del traffico di esseri umani e di quanto la magistratura italiana sta facendo per combatterlo, ha parlato il procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi, legandosi al messaggio inviato dalla presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, in cui si ricordava come solo in queste settimane 350 persone abbiano perso la vita in mare cercando di raggiungere l’Europa, e che queste vanno ad aggiungersi alle 3.300 vittime dello scorso anno.
Alla cerimonia erano presenti anche il prefetto di Catania Maria Guia Federico, il questore Marcello Cardona, i comandanti provinciali dei Carabinieri Alessandro Casarsa e della Guardia di Finanza Roberto Manna, la presidente del Consiglio comunale Francesca Raciti e gli assessori Angela Mazzola, Marco Consoli, Rosario D’Agata, Orazio Licandro e Angelo Villari. Presenti anche i consiglieri comunali Ausilia Mastrandrea, Mario Crocitti e Carmelo Sofia e i presidenti di Municipalità Lorenzo Leone, Salvo Rapisarda, Salvo Romano e Orazio Serrano e il commissario dell’Autorità Portuale Cosimo Indaco.
Un momento di particolare commozione è stato quello in cui l’attore David Coco ha letto “Migrante”. A tradurre in italiano questa poesia è stata Alessandra Di Maio, studiosa palermitana di scienze letterarie e specializzata in fenomeni migratori che attualmente insegna negli Usa e che ha inviato un testo, letto dall’attrice Vitalba Andrea, in cui si ricordava come la lirica fosse la diciassettesima di una raccolta voluta dal Nobel nel 2011, in occasione del “Lagos Black Heritage Festival”, organizzato con poeti italiani come Valerio Magrelli, Stefano Benni, Ascanio Celestini, Erri De Luca, la somalo-italiana Cristina Ali Farah e la siciliana Jolanda Insana.
La stessa Di Maio ha selezionato un brano di Soyinka, letto durante la cerimonia, in cui si afferma come il fenomeno delle migrazioni sia “un mero riflesso della regressione compiuta dal mondo in nome del progresso, dopo che ha foggiato strumenti di guerra e distruzione che adesso ci costringono a calcolare maree umane di profughi”.
Il “progresso”, sottolinea il Premio Nobel nello scritto, “non si sottragga allora alla responsabilità di procurare alle proprie vittime bisogni elementari quali il rifugio e la protezione”.
Altro momento di grande commozione si è avuto quando Donatus Ighegeh, nigeriano, marito di una delle donne annegate, e alcuni volontari hanno deposto dei fiori sulle sepolture.
La cerimonia, condotta dal presidente regionale della Comunità di Sant’Egidio Emiliano Abramo, è stata conclusa da un trombettista, Dario Scimone, che ha suonato il “Silenzio”.
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