Il 2 maggio 2013 il Tribunale di Catania sì è pronunciato sulla sorte del Mulino S. Lucia. Gli imputati, accusati del reato di abuso edilizio, sono stati tutti assolti. A questo punto si dovrebbe chiudere una delle tante pagine incomplete di Catania. La vicenda del Mulino S. Lucia è vecchia di oltre 20 anni. Nel 1991 (sindaco Giuseppe Azzaro) il comune di Catania rilasciò una concessione edificatoria, la n. 831, per il «risanamento conservativo, consolidamento statico e cambio d’uso dell’immobile, inserendo tra le motivazioni che «la commissione edilizia nella seduta del 10 ottobre 1990 ha precisato che il progetto presentato prevede interventi di manutenzione straordinaria, di restauro conservativo ed igienicosanitario, nonché consolidamento delle strutture e cambio di destinazione d’uso». Nessun lavoro, però, ebbe inizio. Proprietaria dell’immobile era la Centro direzionale est Spa che cedette il mulino alla Delar Immobiliare Srl nel 1999. Il 5 gennaio 2000 venne avanzata una domanda di cambiamento di destinazione d’uso da centro commerciale ad albergo. Successivamente, il 25 maggio 2001, la Grand hotel Bellini Srl ottenne a proprio favore una voltura ed una proroga della concessione rilasciata nel 1991, in attesa che il comune rispondesse positivamente alla richiesta di mutamento ad albergo della precedente destinazione d’uso. Sennonché, in data 8 novembre 2001, la commissione edilizia dava parere negativo alla destinazione del mulino ad albergo poiché «il progetto era relativo ad un edificio che ricadeva in un’area destinata dal Prg a sede stradale ed in parte a verde pubblico». Sicché, nell’aprile 2002, la Grand hotel Bellini Srl inoltrava, al sindaco ed al vicesindaco di Catania, una lettera con cui, premessa una sintetica ricostruzione degli eventi concernenti l’edificio, in via principale perorava la sua richiesta di concessione edilizia per la realizzazione dell’albergo, ma, in via subordinata e salvo una richiesta di risarcimento danni, preannunciava l’inizio dei lavori per la realizzazione del centro commerciale. il 25 febbraio del 2003, l’amministratore unico della società Grand Hotel Bellini , subentrata alla Delar, chiese un riesame del progetto 01/2000 evidenziando il fatto che si trattava di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione nell’ambito della stessa volumetria ed altezze preesistenti e di cambio d’uso da commerciale a turistico alberghiero. Il 7 novembre 2003, la commissione edilizia comunale di Catania dava parere favorevole alla ristrutturazione attraverso demolizione e ricostruzione e cambio d’uso da opificio ad attività commerciale e direzionale. L’uso alberghiero che fine aveva fatto? Alcuni componenti della commissione motivarono il loro parere contrario facendo riferimento al parere del Collegio di Difesa del 16 ottobre 2001, n. 543, sulla richiesta di ristrutturazione e aumento notevole di superficie con relativo cambio di destinazione d’uso, evidentemente sfavorevole. Il 22 ottobre 2004, però, la Grand Hotel Bellini comunicò al sindaco che ai sensi della legge 17/94 (quella sul silenzio-assenso: dopo 120 giorni dalla richiesta, se l’amministrazione non si pronuncia, la concessione si intende data) voleva dare inizio ai lavori per adibire l’edificio a uso direzionale e commerciale. Fu il 17 febbraio 2005 che invece «il Collegio di Difesa intervenne osservando così: «Sia la concessione edilizia per risanamento conservativo, sia la concessione per ristrutturazione che la ditta assume silenziosamente assentite, sono palesemente illegittime» e aggiunse l’auspicio «che l’amministrazione dovesse attivare un procedimento per procedere all’annullamento in autotutela della concessione».
Nel silenzio generale i lavori venivano iniziati e completati anche se nel frattempo si doveva registrare la tragica morte di due operai, Orazio Bonaccorso e Salvatore Romeo, avvenuta l’8 febbraio 2000, durante i lavori all’interno dello stabile. Intanto, ecco arrivare nella ricostruzione del Mulino la società Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone che a Catania ha anche altri interessi a partire dall’Hotel Excelsior di piazza Giovanni Verga.
Solo alla fine del 2005 il consigliere comunale della Margherita, Giovanni Giacalone, inoltrò un’interrogazione al sindaco nella quale si chiedevano notizie sulle opere di ristrutturazione del mulino Santa Lucia. Ovviamente Giacalone non ricevette mai nessuna risposta. Nel frattempo sono stati spesi 40 milioni di euro; persone hanno lavorato e altre speravano di lavorare.
Il 12 marzo 2009 «personale appartenete alla Sezione di Polizia Giudiziaria del Corpo Forestale presso la Procura della Repubblica di Catania, dopo aver svolto articolate e complesse indagini relative ad un imponente intervento edilizio nell’area urbana del comune di Catania che ha visto la realizzazione da parte della holding Acqua Marcia S.p.A. di un complesso polifunzionale, dando esecuzione ad un’ordinanza di sequestro emessa dal Giudice per le indagini preliminari Dott.ssa Alba Sammartino, ha sottoposto a sequestro il complesso immobiliare che con diversi corpi collegati fra loro raggiunge una volumetria di oltre 25.000 mc., realizzato nel “waterfront” del porto di Catania . Da indagini, condotte dal nucleo di Polizia Giudiziaria. del Corpo Forestale, che hanno visto il sequestro e l’analisi di una grande mole di documentazione amministrativa e tecnica, hanno accertato che la Acqua Marcia Holding SpA, direttamente, ed attraverso società controllate, dopo aver acquistato vari fabbricati, alcuni dei quali solamente ruderi che nel secolo scorso avevano una destinazione industriale, ha posto in essere, in violazione di legge, un intervento di ristrutturazione urbanistica di un intero isolato comunemente noto come “Mulino Santa Lucia“. Sono stati indagati per il reato di lottizzazione abusiva undici persone fra legali rappresentanti delle società coinvolte, progettisti e funzionari del Comune di Catania». Questo era il testo integrale del comunicato stampa della Procura delle Repubblica di Catania. A quanto pare tutto sbagliato.
Adesso bisognerà aspettare le decisioni del Gruppo Acqua Marcia, di Francesco Bellavista Caltagirone, che, dopo avere provveduto alle riparazioni a causa dei quattro anni trascorsi senza alcuna manutenzioni, dovrà decidere cosa fare dell’edificio. Forse i 40 milioni di euro spesi fino ad ora non sono stati buttati al vento.
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