Ad oggi gli stranieri (individui con cittadinanza diversa) in Italia superando i 5 milioni rappresentano più dell’8,3% della popolazione totale.
Anche se rispetto al 2007 l’immigrazione nel nostro Paese è sostanzialmente diminuita, e di converso è cresciuta l’emigrazione, il lavoro resta sempre il motivo principale di “ingresso”. Analizzando i dati Istat relativi al terzo trimestre del 2014 il 70,5% degli uomini dichiara la migrazione appunto per motivi di lavoro, un trend in lieve calo rispetto al 2008 soprattutto per romeni, indiani, polacchi, e marocchine. Le donne, in particolare ucraine filippine e moldave, migrano per ricongiungersi con la famiglia, nel 39% rispetto dei casi.
Ma che lavoro svolgono gli stranieri in Italia?
Gli effetti della crisi hanno fatto si che il tasso di occupazione sia sceso per gli occupati nell’industria, specie per quei soggetti appartenenti alle comunità marocchina, indiana, albanese, rumena. Solo i cinesi inseriti in attività commerciali registrano un lievissimo declino di appena 1,2 punti, a dispetto del precedente settore oltre 10 punti per arrivare fino a 17 nel caso del commercio.
Le donne, invece, sono spesso impiegate in lavori di servizi alle famiglie.
Fra questi, con buona pace di chi sostiene che “lo straniero” viene in Italia a toglierci il lavoro, molti lavorano part time per necessità e quasi il 30% dichiara di svolgere un lavoro poco qualificato rispetto al titolo di studio e alle competenze professionali. In particolar modo questa situazione di svantaggio è più avvertita fra le donne, circa 4 occupate su 10. Il gap del fenomeno dell’overqualification passa dai 15.1 punti per gli stranieri al 3.8 per gli italiani. Le comunità che maggioramente riscontrano questo fenomeno sono quelle polacche, ucraine, filippine, moldave e peruviane.
Dopo un boom particolarmente vivo negli anni passati adesso si assiste ad una fase di assestamento, specie per i figli degli immigrati quelli di “seconda generazione” nati e neutralizzati in Italia. Complice la generale crisi, discriminazioni di tipo sociale, e l’ostacolo della lingua, molti stranieri restano per motivi legati alla famiglia visto il tasso di occupazione in calo accettando profili professionali bassi grazie soprattutto alla rete di conoscenze.
Da queste indicazioni sono ovviamente escluse tutte quelle situazioni di lavoro sommerso e di sfruttamento disumano, trattate ormai da anni in vario modo. Delle denunce, in realtà, alle quali sembrano mancare risposte ed azioni concrete.
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