Quando hai a che fare quotidianamente con i “quaquaraquà” dell’antimafia, anche la stessa mafia sta a gongolare consapevole del fatto che di parole sappiamo riempirci tutti la bocca ma di fatti ognuno di noi sa farne pochi.
E non importa che ci si professi paladino di questa o quella giustizia, difensore degli ultimi, delle vittime di mafia, amico dei parenti, conoscenti di quel pentito o di quello che ancora sta fuori ma per cui tutti combattono.
Sono facciate, miserabili facciate, che ormai in tanti amano indossare per apparire, per essere eletti acerrimi nemici di una criminalità organizzata che fa ribrezzo ma che alla fine colpisce in tanti, ammalia molti, corteggia i più che – all’apparenza sono a favore di una giustizia (finta) ma nei fatti concreti razzolano non proprio bene.
Ne è consapevole di ciò Giacomo Di Girolamo che, nella sua nuova opera “Contro l’antimafia”, effettua un’attenta disamina proprio su questi spot contro la mafia di cui si riempiono la bocca tutti. E lo fa attraverso una fittizia lettera che scrive al super boss Mattia Messina Denaro – ancora ricercato – in cui l’autore ammette che prenderlo sarà difficile e che forse proprio il super potete boss ha vinto.
Lo stesso scambio che Di Girolamo quotidianamente porta avanti nel suo programma radiofonico: parla con il capo dei capi, lo fa dalla sua città – Marsala – nel programma Dove sei.
Nel libro arriva la stessa interlocuzione però suffragata, questa volta, dalla consapevolezza che forse davvero Messina Denaro è irraggiungibile. E così il giornalista, di territorio come ama definirsi, arriva a un’amara conclusione: siamo di fronte a una sconfitta, personale e di una intera generazione. Leggendo, infatti, il libro di Di Girolamo si capisce come chi siano i responsabili della sconfitta dell’antimafia e ci dona la possibilità di guardarli dritti negli occhi.
E se qualcosa si vuole fare, occorre metterci in cammino su l’unico sentiero percorribile, quello del vero impegno.: un impegno che abbia come riferimento la responsabilità che deve essere anche l’elemento di distinzione di una società se vuole essere chiamata civile in cui chi si riempie la bocca con temi legati al l’antimafia deve farlo almeno con un mimmo di onestà intellettuale, la stessa che manca in molti dei libri – quasi 30 – che ogni anno vengono pubblicati e che hanno come tema proprio la mafia.
Basta parole, basta pensieri e frasi belle per fare le sfilate in questo o quel salotto. Occorre rimboccarsi le maniche e allontanare quel fronte sempre più popolato che appare contraddittorio e fumoso. Serve intervenire, ma serve farlo con una nuova determinazione che valichi l’attuale antimafia per approdare a una nuova realtà senza apparenze ma convinta di voler combattere.
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