Il digiuno inizia prima del tramonto e termina la sera seguente all’apparire di tre stelle. Il digiuno però non basta: occorrono, soprattutto, un serio esame di coscienza, il nostro vero pentimento e la promessa di comportarci sempre bene. E non solo a Dio dobbiamo chiedere perdono, ma anche a tutti quelli che abbiamo offeso. Quando i giorni del pentimento sono finiti usciamo a dire la benedizione per la luna crescente, ci auguriamo un felice anno e torniamo a casa per godere di una cena gioiosa… poi tutti a costruire la Sukkah (la capanna) per la successiva festa di Sukkot (delle capanne), che ricorda i 40 anni di vagabondaggio e di esilio degli ebrei nel deserto.
I giorni penitenziali sono i dieci giorni che vanno dall’inizio al 10 del mese di Tishri e sono i giorni del pentimento, che si concludono con lo Yom Kippur, momento dell’espiazione e del perdono delle nostre colpe. Kippur è sempre stato un giorno di perdono: fu a Kippur che Dio perdonò gli ebrei per essersi costruiti il vitello d’oro e fece scendere Mosè dal Monte Sinai con due nuove Tavole della Legge, che quella seconda volta Mosè non le ruppe!
Nei midrashim (commenti ai testi sacri ebraici) si racconta di Dio che si siede sul trono, di fronte a lui i libri che raccolgono la storia dell’umanità (non solo del popolo ebraico). Ogni singola persona viene presa in esame per decidere se meriti il perdono o meno.
La decisione, però, verrà ratificata solo in occasione di Yom Kippur. È per questo che i 10 giorni che separano il capodanno religioso ebraico, Rosh haShanah, sono chiamati i 10 giorni penitenziali. In questi 10 giorni è dovere di ogni ebreo compiere un’analisi del proprio anno ed individuare tutte le trasgressioni compiute nei confronti dei precetti ebraici. Ma l’uomo è rispettoso anche verso il proprio prossimo. Ancora più importante, allora, è l’analisi dei torti che si sono fatti nei confronti dei propri conoscenti. Una volta riconosciuto con sé stessi di aver agito in maniera scorretta, occorre chiedere il perdono del danneggiato.
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