Nuove regole per il 41bis

Home Rubriche Il Fatto Nuove regole per il 41bis
Nuove regole per il 41bis

Il 16 ottobre del 1983, viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Legge Gozzini (dal suo promotore Mario Gozzini), per trovare delle alternative alle pene detentive introducendo il principio della riabilitazione e del recupero in ordine anche all’esigenza di uniformare e regolamentare il regime carcerario. Fulcro della legge, era proprio l’articolo 41bis (carcere duro) ed una serie di soluzioni alternative al regime detentivo, come permessi premio, il servizio sociale, la detenzione domiciliare, il regime di semilibertà, la libertà condizionale, liberazione anticipata e lo sconto di pena per i condannati alla pena dell’ergastolo che non avessero subito altre condanne.
Nel 2005, la Legge ex-Cirielli (dal deputato Edmondo Cirielli che poi ne prese le distanze) inasprì la tolleranza verso i reati cosiddetti “lievi” ed alzò la soglia di guardia verso i recidivi. L’applicazione di entrambi i concetti in talune fattispecie risultò paradossale come nei casi riportati dalla cronaca dell’epoca: «…un altro esempio di applicazione è nel processo della Parmalat in cui la società “Bank of America”(per bancarotta) viene prosciolta per prescrizione in accordo a quanto previsto dalla Cirielli. Un caso meno illustre ma significativo riguarda la pena a tre anni di detenzione inflitta dal tribunale monocratico di Napoli ad una persona, già condannata per un altro reato simile compiuto in precedenza, riconosciuta colpevole di aver rubato in un discount un pacchetto di biscotti del valore di 1,29 euro. La sproporzione della sentenza deriva dalla ex Cirielli, che nega ai recidivi il riconoscimento di attenuanti quali il “danno lieve”».
L’inasprimento delle pene però non aveva fatto i conti con l’insufficienza di accoglimento nelle carceri, motivo per il quale fu necessario rivedere per i reati minori le misure alternative di rieducazione e riscatto.
Il 41bis scaturisce dall’esigenza di fronteggiare il rischio di rivolta nelle carceri e dopo la Strage di Capaci (23 maggio 1992), in cui persero la vita tanti innocenti, viene esteso ai reati legati alla Mafia. La modifica alla legge è appunto perentoria ma nelle more di riuscire a mettere in sicurezza alcuni istituti penitenziari, il Ministro di Grazia e Giustizia riceve mandato di sospendere benefici e prescrizioni. E’ indispensabile circoscrivere il rischio di contaminazioni nell’ambiente carcerario e dunque i condannati per mafia colpevoli di stragi vanno gestiti con maggiore severità. Ma le promesse di mediazione da parte dei legali degli stessi condannati, tardano ad arrivare ed è altrettanto nota alla cronaca che «Leoluca Bagarella in teleconferenza durante un processo a Trapani, legge un comunicato contro il 41 bis, in cui accusa i politici di non aver mantenuto le promesse. Viene resa pubblica una lettera firmata da 31 boss mafiosi, con alcuni avvertimenti ai loro avvocati che, diventati parlamentari, li hanno dimenticati».
A dieci anni dalla strage di Capaci, le misure previste dal 41bis vengono estese ai reati di terrorismo ed eversione.
Oggi, dopo venticinque anni dalla nascita delle misure restrittive dedicate alla regolamentazione della vita nelle carceri degli appartenenti alle organizzazioni criminali, viene diramata una circolare-decalogo che, in sostanza, deve regolare in maniera paritaria in tutti gli istituti di pena gli stessi reati facenti capo al 41bis. Dall’abbigliamento, agli arredi; dai canali tv a cui avere il permesso di accedere ai libri da leggere ma non sottolineare; dalla valutazione e limitazione delle visite in ordine a chi della famiglia.
Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, a proposito della circolare in questione, ha dichiarato: «Dieci norme per regolare la vita dei detenuti con il 41 bis e stabilire con precisione quali sono i loro diritti e i loro doveri. È il contenuto della circolare firmata a Palermo da Roberto Piscitiello, a capo della Direzione generale dei detenuti, da Santi Consolo, direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e condiviso con Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Si tratta – ha sottolineato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando – di un provvedimento frutto di un’interlocuzione con la procura Antimafia, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e il Garante per i detenuti che dà omogeneità all’applicazione del 41 bis, evitandone ogni forma di arbitrio e di misure impropriamente afflittive. Bisogna, infatti, sempre ricordare che le restrizioni imposte dal 41 bis non sono una pena aggiuntiva, ma uno strumento teso a isolare i boss, separandoli dal resto dell’organizzazione e riducendone così il potere criminale. Dopo venticinque anni era tempo di dare un assetto definitivo a questa importante leva nel contrasto alla criminalità organizzata, inquadrandola però in modo più chiaro nella cornice dello stato di diritto. Lo Stato è tenuto a rispettare le regole anche quando è chiamato a contrastare i suoi peggiori nemici».
In “Delitto e Castigo”, Fedor Dostoevskij parla del lungo processo di rimorso, delirio ed afflizione del protagonista (che si era macchiato di due delitti, a suo primo pensare, liberatori) come di un cammino verso il riscatto. Per lui, non ci saranno attenuanti generiche, alleggerimenti di pena, sconti, libri e canali tv; già in condizioni di indigenza, espierà la sua colpa ai limiti della povertà e della mancanza di qualsiasi mezzo di sussistenza… e solo così riuscirà, dopo aver toccato il fondo, a risalire verso una nuova speranza di vita…. Pensando a Dalla Chiesa, Mattarella, Rocco Chinnici, Falcone, Borsellino, mi tornano in mente le parole di mio nonno che dopo aver saputo dal telegiornale di una condanna per un reato grave, concludeva <«Adesso, dovrebbero prendere la chiave e buttarla… ».

Condividilo:

Lascia un commento