CATANIA – Con questa storia, Andrea Camilleri, si è voluto raccontare una favola. Pubblicata nel 2007, è come sempre, ambientata a Vigata, ma non quella dei tempi di Montalbano, bensì una cittadina della fine dell ‘800 in cui rientra ‘Gnazio dall’America caduto da un albero perché “munnare gli alberi” era l’unica cosa che sapeva fare. Egli non ama il mare ma vive in una lingua di terra sita in contrada Ninfa, completamente protesa su di esso che ha scelto di acquistare con i soldi dell’assicurazione perché al centro troneggia un ulivo secolare. ‘Gnazio, ormai “quarantino”, desidera condividere questo paradiso sospeso fra Cielo e Mare con una famiglia ed un’anziana del paese, Fina, esperta in erbe e guarigioni, gli presenta una splendida donna dalla voce fatata che parla con la nonna una lingua sconosciuta. Riposandosi sotto l’albero d’ulivo, Fina racconta a Gnazio che finalmente ha trovato una giovane “trentina” la cui famiglia è perita tutta annegata e che forse non si è sistemata perché “ criri d’essiri ‘na cosa che non è. Ma io ne canioscio a tante pirsone che si cridunu d’essiri ‘na cosa che non sunno…”. Maruzza Musumeci è in realtà una sirena che, però, ha abbandonato ogni ragione di vendetta verso gli uomini per colpa di Ulisse e come altre sirene, si è mescolata alla gente, ma nessuno lo sa. Il suo tempo, come quello delle altre creature come lei, è relativo: non hanno età, non sono giovani, ma mai troppo vecchie. Maruzza è considerata strana, in paese poiché , malgrado la straordinaria bellezza, non è mai riuscita a legarsi a qualcuno; il luogo in cui abita Gnazio le permetterà di dare sfogo al suo bisogno di contatto continuo col mare. La loro unione è serena e benedetta dalla nascita di due figli prima – Cola che diventerà un astronomo e Resina (anagramma di Sirena) – e di due altri, dopo.
Stasera 18 novembre alle h. 21,00 e domani in pomeridiana alle h. 17,30 verrà rappresentata al Piccolo Teatro di Catania nell’ambito della rassegna 2017/2018 del Teatro Brancati. Adattamento ed interpretazione di Pietro Montandon (che s’innamorò della storia dopo aver regato il libro alla moglie il primo dell’anno 2008) per la regia di Daniela Ardini.
“Bisogna chiudere gli occhi pi’ vidiri le cose fatate, quelle che normalmente, con gli occhi aperti, non è possibile vedere”
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