Sabato 18 novembre, nel foyer del Teatro Diana di Napoli, si è tenuta la presentazione del nuovo libro (edito dalla casa editrice “Kairòs Edizioni”) di Ciro Borrelli: “Peppino De Filippo. Tra palcoscenico e cinepresa”. Un omaggio doveroso e soprattutto legato ad un forte senso di giustizia, come ha ben detto il suo scrittore, nei confronti d’un grande autore ed esponente di tantissime pagine scritte e di palcoscenici calcati in Italia e all’estero. Un attore/commediografo ritenuto da tanti semplicemente come “spalla” o il creatore dell’ultima maschera della Commedia dell’Arte, dimenticando (o meglio ignorando) il voluminoso “corpus letterario”, foggiato da una forte personalità artistica e umana che fu di Peppino. Ciro Borrelli, attraverso il suo saggio narrativo, stimolante e scorrevole, invita il lettore a rivalutare quelle che furono le massime doti di questo artista, che diede tante sfaccettature alla propria carriera, radicandola tra teatro e cinema ed anche in televisione. Il “locus amoenus” della presentazione è stato proprio quel Teatro che nel lontano 1944 vide la fine di quella che fu la compagnia “Il Teatro umoristico: I De Filippo”, dopo un’atmosfera tesa già da tempo tra Eduardo e Peppino, motivata dall’atteggiamento “dittatoriale” del fratello maggiore. A vivacizzare il ricordo, ci sono state le testimonianze e le letture dell’attrice Anna Maria Ackermann e dell’attore Lucio Allocca, entrambi provenienti dal teatro dei De Filippo e testimoni di una profonda e immensa maestria, condotta sempre nell’umiltà e nella serietà professionale (e non nella cattiveria, spesso attribuita al rinomato Direttore). Inoltre, a moderare l’incontro, ci sono stati gli interventi del giornalista Giuseppe Giorgio e di Giuseppina Scognamiglio, professoressa di letteratura teatrale italiana dell’Università Federico II di Napoli, la quale nel 2003, a cent’anni dalla nascita, fu tra le promotrici nella realizzazione di convegni e di libri per commemorare il lungo cammino lavorativo e umano di Peppino, opponendosi e vincendo sull’opinione di molti accademici, convinti che lo spessore culturale dell’autore partenopeo fosse legato soltanto alla figura di Pappagone. Questa volta, omaggia per l’ennesima volta il suo Peppino, scrivendo la prefazione di questo saggio (diviso in 7 parti), perlustrando un personaggio a tutto tondo, dalla biografia all’analisi di cinque pellicole poco conosciute, dove Peppino è protagonista, e non spalla, come nella maggior parte dei film in cui ha recitato.
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