CATANIA – Dopo il debutto nello scorso fine settimana, riprendono il 29 e 30 Novembre 2017, al Centro Teatrale Fabbricateatro, nella nuova Sala Giuseppe Di Martino, in via Caronda 82, a Catania, le repliche di “Alla fine del tempo”, liberamente tratto da un racconto di Antonio Tabucchi, drammaturgia e regia di Elio Gimbo.
L’atto unico, che vede in scena Cosimo Coltraro, Puccio Castrogiovanni e Sabrina Tellico, come i recenti lavori di Fabbricateatro (“Discorso su noi italiani” e “Il Principe”), parte come un enigma da risolvere, con le domande del regista che, stavolta, sono: “Cosa succede nella nostra coscienza dopo la morte? Ritroviamo noi stessi? Rivediamo il nostro passato? Compiamo un ultimo e definitivo bilancio di chi siamo stati?”.
Assistente alla regia Angela Tinè, disegno luci Elvio Amaniera, scena Bernardo Perrone, costumi Fabbricateatro, organizzazione Daniele Scalia.
Lo spettacolo verrà replicato il 2, 3, 5 e 6 Dicembre 2017 (ore 20.30 – domenica ore 18.30. Ingresso: € 10,00 intero – Ridotto: € 8,00 – Info e prenotazioni 347.3637379.
“Quando lo scorso anno l’attore ed amico Cosimo Coltraro – spiega il regista Elio Gimbo – mi presentò “I dialoghi mancati” di Antonio Tabucchi, manifestandomi il desiderio di interpretarne uno, non avevo una chiave precisa per una interessante messa in scena, sapevo solo che lo sfogo di Enrico – personaggio centrale della vicenda – non poteva indirizzarsi realmente al cadavere ancora caldo del fratello, ma occorreva rimescolare il mazzo di carte. Lo spunto decisivo mi arrivò dalla lettura di un articolo circa un esperimento di alcuni ricercatori universitari del Michigan e che comprovava una straordinaria attività cerebrale immediatamente seguente la morte cardiaca: il nostro cervello per molti secondi, forse minuti, produce un ultimo fuoco d’artificio. Che sia quella l’eternità,- ho pensato-, per la nostra coscienza? Forse l’ultima immagine in cui l’Io si fissa definitivamente”.
“Tu credi all’eternità?” – continua Gimbo – mi domandò un amico poi, a bruciapelo e l’interrogativo mi riportò al racconto di Tabucchi. “Non come realtà oggettiva, fu la mia risposta, citando l’esperimento universitario, ma è possibile che il cervello regali un ultimo incontro definitivo alla nostra coscienza”. Il mio amico commentò “Se è così, quando accadrà, spero di incontrare mia figlia” ed io risposi: “Sarà così e dopo sarà lei che guiderà te come un bambino, il suo papà-bambino”.
L’origine di questo spettacolo nella mia biografia personale è raccontata, è spiegata, proprio da questi due episodi personali. Immagino infatti, immediatamente dopo la morte per ognuno di noi, uno smarrimento simile a quello dei bambini e, in una luce accecante di una scena finalmente pura, l’avanzare di figure accoglienti che ci conducono per mano verso una nuova condizione. Questa è la veste che ho cucito per “Alla fine del tempo, il nuovo spettacolo–enigma di Fabbricateatro. Ed anche stavolta attendo la risposta da un lavoro sul mistero della vita che ci attende quando non ci saremo più”.
Foto di Lorenzo Arena
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