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Massimo Dapporto è il protagonista di “Un momento difficile”, novità assoluta di Furio Bordon per la regia di Giovanni Anfuso

Home Cultura Massimo Dapporto è il protagonista di “Un momento difficile”, novità assoluta di Furio Bordon per la regia di Giovanni Anfuso
Massimo Dapporto è il protagonista di “Un momento difficile”, novità assoluta di Furio Bordon per la regia di Giovanni Anfuso

Una coproduzione Teatro Stabile di Catania e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia Prima nazionale, Catania, Teatro Verga dall’8 al 20 maggio 2018.
A sintetizzare lo spirito del testo è Massimo Dapporto, prestigioso protagonista di “Un momento difficile”, novità assoluta di Furio Bordon che sarà rappresentata in prima nazionale, a Catania, al Teatro Verga dall’8 al 20 maggio 2018 per la regia di Giovanni Anfuso, tra i più autorevoli del panorama teatrale italiano.
Accanto a Dapporto, a completare il quartetto degli interpreti ci sono nomi di spicco come Ileana Rigano, Debora Bernardi, Francesco Foti, quest’ultimo reduce dal successo personale riscosso nella fiction “Il cacciatore”. La coproduzione, realizzata dal Teatro Stabile di Catania e dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, vanta le scene di Alessandro Chiti, i costumi di Riccardo Cappello, le musiche originali di Paolo Daniele, le coreografie di Amelia Borsellino, le luci di Gaetano La Mela.
Bordon, autore triestino pluripremiato e rappresentato in Italia e all’estero, racconta con profonda introspezione, ma anche leggerezza e tagliente ironia, “un momento difficile”, ovvero gli ardui, tormentosi istanti che precedono la morte dell’anziana madre di un personaggio che l’autore ha deciso di chiamare “Tu”, interloquendo con lui in seconda persona.
Sottolinea il regista Giovanni Anfuso: «Proprio come in un moderno “Canto di Natale”, ma senza né Natale né buone novelle, l’autore concede al protagonista “Tu” un’occasione, tramite questi spiriti del tempo. Ma ciò non servirà a “Tu”, perché quando giunge inesorabile l’abbraccio fra i nostri cari e sorella morte, rimane un senso di incompiuto, un bisogno di mettere a fuoco. Perché non ci si comprende mai abbastanza. E quando tutto finisce rimane solo un senso di vuoto per ciò che non si è detto, o non si è fatto. Chissà per quale strano meccanismo si radica, in ogni uomo, la certezza che i genitori siano eterni; e non si è mai sufficientemente pronti e preparati alla loro partenza. È l’ultimo istante insieme, quello del confronto con un vuoto che riempirà per sempre ogni giornata; perché c’è un momento in cui ogni figlio, figlio più non è».
Fin qui i contenuti, ecco la concezione drammaturgica. «Dal punto di vista stilistico – chiarisce Bordon – questa trilogia rappresenta per me una definitiva identificazione del palcoscenico come il luogo della libertà assoluta, un luogo in cui tutto diventa possibile: i vivi dialogano con i morti, i morti con i morti, i ricordi, i rimorsi, i desideri si fanno personaggi; ciò che esiste si confronta con ciò che non esiste più o che non è mai esistito, ma soprattutto, chi ha sempre taciuto può parlare e chi ha sempre perduto può trovare il suo riscatto. In un luogo simile non funziona più alcun vincolo naturalistico, alcun tracciato spazio-temporale, ma solo la grande legge del teatro, in forza della quale tutto quanto accade in scena, nel momento stesso in cui accade e per il solo fatto di accadere, è credibile e vero. Non c’è il quotidiano lassù sulla scena ma il teatro, non la verità del reale, ma quella dell’immaginazione».

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