Sui campi siciliani lavorano molti più italiani (115 mila 801, pari al 78.04 per cento) che stranieri. Dati in linea con quelli dell’intero Meridione ma in controtendenza rispetto al Nord, dove gli immigrati sono il 57.24 per cento. Al Centro è quasi parità con il 51.25 di italiani e il 48.75 di stranieri occupati in agricoltura. Temiamo che nella nostra Isola, dietro una forbice così ampia, si nasconda un gigantesco fenomeno di sfruttamento della manodopera irregolare, una inquietante mole di lavoro nero e caporalato”. Lo afferma il segretario generale della Uila Sicilia, Nino Marino, commentando i dati di uno studio condotto dall’organizzazione Uil dei lavoratori agroalimentari sull’incidenza della manodopera immigrata nelle colture e negli allevamenti del Paese. Nino Marino aggiunge: “Il rapporto dimostra quanto abbiamo già affermato con il nostro leader nazionale Stefano Mantegazza in occasione del recente congresso regionale Uila, in cui abbiamo annunciato una ancora più intransigente battaglia per la legalità come condizione essenziale di sviluppo. La repressione, però, non basta. La proposta della Uila Sicilia per il marchio etico di qualità “Buono è Legale” punta, quindi, sulla prevenzione virtuosa affidandone la realizzazione ai consumatori, ai cittadini. Questa sfida non si vince senza una scommessa netta sui produttori onesti, che consenta di espellere dal mercato le imprese-pirata fondate sulla sistematica negazione di contratti e diritti dei lavoratori”.
Scendendo nel dettaglio del Rapporto Uila, Palermo è la provincia con minore incidenza di occupati stranieri che superano di poco il 7 per cento sul totale. Oltre il 10 a Enna e Messina, 13.29 a Catania, 17 a Caltanissetta e Agrigento, 33.59 a Trapani, 47.85 a Ragusa. Stando ai periodi di contribuzione, appena l’8 per cento degli occupati supera “quota 161” per giornate lavorate annue mentre il 20 per cento oscilla tra 52 e meno di 10. Il 38 per cento fra 53 e 102, il 32 per cento fra 103 e 160. Curioso che a Trapani per il 25.56 degli occupati siano state “dichiarate” meno di 10 giornate. Siracusa è il territorio che vanta il maggior numero di occupati (27.18 per cento) con oltre 161 giornate lavorate: “Il lavoro nero allarma ma devono preoccupare pure – commenta il segretario generale della Uila Sicilia, Nino Marino – quelle sacche che gli esperti definiscono grigioscure, determinate dai comportamenti illeciti degli imprenditori disposti a dichiarare solo una piccola quota di giornate effettive. Sono comportamenti da scippatori di futuro, perché i lavoratori vengono rapinati dei loro diritti previdenziali. Scoprire questi illeciti si può concentrandosi, come suggerisce la stessa Uila nazionale, sulle aree in cui viene dichiarato un numero di giornate chiaramente insufficiente per completare la lavorazione agricola”.
La ricerca dell’organizzazione sindacale si sofferma pure sulle fasce di età, evidenziando come in Sicilia il 2.86 degli occupati nel Primo Settore abbiano meno di vent’anni, il 17.42 tra 21 e 30, il 21.88 fra 31 e 40, il 28.31 fra 41 e 50, il 23.05 tra 51 e 60, il 6.47 sono infine ultrasessantenni. Sono cifre in linea con le medie nazionali. Interessante, poi, notare come i lavoratori agricoli rappresentino il 2.93 per cento (148 mila 394 occupati) rispetto al numero totale dei residenti nella nostra regione: quasi il doppio, se confrontati con l.56 del dato italiano. A Ragusa, peraltro, la percentuale sfiora il 9 per cento. Palermo si ferma all’1.22, Messina al 2.50, Catania al 2.74. Per quanto riguarda ancora gli stranieri, l’etnia prevalente è quella rumena. Seguono tunisini – primi a Ragusa – e albanesi.
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