Autore: Francesca M. Lo Faro
Mina, Lucio Battisti, Greta Garbo e Rossini hanno una cosa in comune: hanno lasciato la ribalta al culmine della carriera e si sono ritirati a vita privata. Non sapremo mai le ragioni di una scelta così singolare, ma è certo che il trentasettenne Gioacchino Rossini (1792-1868), dopo il successo del suo “Guglielmo Tell” – un assoluto capolavoro – non compose più opere teatrali, occupandosi soltanto delle sue grandi passioni, tra cui la buona tavola. Con l’ironia che lo caratterizzava, se il compositore pesarese fosse stato in vita forse avrebbe apprezzato la sua “Petite messe solennelle” eseguita a Catania giusto nella serata clou dello Street Food…
Il concerto si è tenuto al Teatro Massimo Bellini e ha segnato sul palco l’atteso ritorno quale artista esecutore di Francesco Nicolosi (non si esibiva qui dal 2012), che per qualche ora si è allontanato dal suo gravoso impegno di direttore artistico dell’Ente lirico e, da pianista eccellente qual lui è, ha dimostrato ancora una volta le sue straordinarie doti. Sul palco anche Alessandra Oikonomou soprano, Sonia Fortunato mezzosoprano, Saverio Pugliese tenore, Francesco Leone basso, Paola Selvaggio all’armonium, Gaetano Costa al secondo pianoforte, Gea Garatti Ansini direttore dell’eccellente coro del Teatro.
Prima di suonare il maestro Nicolosi ha esclamato: “Questa pagina di musica sacra è una sorta di lasciapassare che Rossini chiede per andare in Paradiso”. Gli accenti malinconici della partitura si colgono anche alla luce della vicenda biografica di Rossini, il quale, ritiratosi dalle scene, quando era ormai anziano compose lo “Stabat Mater” e la “Petite messe solennelle”, che fu rappresentata per la prima volta in forma semi-privata a casa di amici parigini nel 1864.
La presenza nell’organico di voci femminili (in sostituzione dei castrati) impedì a questa partitura il riconoscimento di musica liturgica da parte della Chiesa cattolica: il papa, infatti, si oppose alla presenza delle donne cantanti; e questo dispiacque a Rossini che, negli ultimi anni di vita, acuì il suo senso religioso della musica. Come è noto egli, a margine della partitura, utilizzando un gioco di parole sull’aggettivo ‘sacrée’, scrisse: “Buon Dio, eccola terminata questa povera piccola messa. Ho composto della musica sacra (musique sacrée) o della ‘dannata musica’ (sacrée musique)? Ero nato per l’opera buffa, e Tu lo sai bene! Poca scienza, un po’ di cuore, e questo è tutto. Sii dunque benedetto e accordami il Paradiso!”.
L’omaggio a Rossini in ricordo dei 150 anni dalla morte non ha impedito al Teatro Massimo di non ricordare il figlio più illustre di Catania. Pertanto a inizio serata Francesco Nicolosi ha eseguito il minuscolo ma prezioso “Capriccio per pianoforte del Sig. Vincenzo Bellini per uso della Signorina donna Luisella D’Andreana”, una composizione che lo stesso Nicolosi ha scovato in archivio, tra le carte raccolte da Francesco Florimo conservate nel conservatorio di San Pietro a Majella.
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