Le associazioni delle imprese agricole hanno detto no al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro degli operai agricoli e florovivaisti, respingendo alcuni tra i punti più qualificanti della piattaforma presentata dai sindacati. Fai-Flai-Uila Sicilia, in particolare, ritengono incomprensibile e inaccettabile che Confagricoltura, Coldiretti e Cia si rifiutino di condividere le proposte delle organizzazioni dei lavoratori per la lotta allo sfruttamento e al caporalato. Venerdì 15, quindi, manifesteremo anche e soprattutto in Sicilia con sit-in di protesta in tutte le province dinanzi alle Prefetture, dove consegneremo la nostra bozza contrattuale”. Lo affermano il commissario regionale Fai Cisl Pierluigi Manca e i segretari generali di Flai Cgil e Uila Uil, Alfio Mannino e Nino Marino, al termine dell’attivo unitario che s’è tenuto stamattina nella sala-convegni del “Gelso Bianco” a Catania in preparazione allo sciopero nazionale degli operai agricoli e florovivaisti, proclamato per venerdì da Fai-Flai-Uila.
Manca, Mannino e Marino aggiungono: “Il contratto, scaduto il 31 dicembre, interessa in tutta Italia oltre un milione di lavoratrici e lavoratori, centoventimila nella sola Sicilia. Riteniamo grave la rottura delle trattative su un testo che proponeva un impegno congiunto per rendere funzionanti le sezioni territoriali della Rete del Lavoro agricolo di qualità e consentire convenzioni con gli Enti bilaterali agricoli territoriali-Ebat. È inspiegabile che le associazioni imprenditoriali respingano persino la richiesta di citare nel nuovo contratto quella conquista di civiltà che è rappresentata dalla legge anticaporalato, la 199 del 2016”. “Stessa chiusura – concludono gli esponenti di Fai, Flai e Uila – dobbiamo registrare in materia di appalti, imprese senza terra e distacchi internazionali, dove le controparti non hanno accettato la sfida di normare questi aspetti che minacciano di deregolamentare il settore non solo a danno dei lavoratori, ma anche delle imprese sane che rispettano le leggi ed i contratti. Altri no su diritti elementari rivendicati dalle nostre organizzazioni come la possibilità di richiedere riunioni sindacali in azienda. Gli imprenditori, inoltre, vorrebbero introdurre il salario minimo nazionale con evidenti danni salariali e previdenziali per i lavoratori e, ancora, eliminare il vincolo di orario giornaliero (6,30 ore) che attualmente rappresenta l’unico baluardo per istituzioni, Inps e sindacato contro l’elusione e l’evasione retributiva e contributiva. Infine, sono state registrate solo chiusure su aumento salariale del 4 per cento nel biennio e regolamentazione delle aziende plurilocalizzate”.
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