Il Teatro Stabile di Catania, con un nuovo allestimento il 6 febbraio del 2019 in replica fino al 10 febbraio, proprio nei giorni successivi alla festa dedicata a Sant’Agata, patrona della città di Catania. In scena 8 danzatori della Compagnia Zappalà Danza e 4 musicisti dei Lautari.
La ‘A.’ sta per Agata, la santa martire a cui furono strappati i seni. A lei Catania dedica ogni anno una festa tra le più importanti del mondo cattolico. Quel giorno la città si riempie di un solo grido martellante, “siamo tutti devoti tutti!”. Nell’aggiungere un punto interrogativo (siamo tutti devoti tutti?), Roberto Zappalà pone delle domande che disturbano e affrontano il non-detto.Immaginare, concepire e costruire uno spettacolo su Sant’Agata, sull’immensa processione e festa a lei dedicate a Catania è volere, più di ogni altra cosa, indagare un aspetto fondamentale dell’oggi e del legame inestricabile fra religiosità, popolo, città, Santa e sacralità. Agata, una santa la cui immagine devozionale (le tenaglie, i seni straziati) è in bilico fra erotismo e sadismo splatter, è “solo” un punto di partenza. Si utilizza un apparato iconografico tradizionale per farlo sposare con la contemporaneità, per proporre le contraddizioni di un mondo dove ad essere “straziati”, non sono solo i seni ma intere categorie umane e spirituali. Lo spettacolo ha l’ambizione di dare, attraverso Agata (figura storica e mito, festa religiosa e di popolo, teatro della devozione e della finzione, luogo d’amore e di furore, spazio di riscatto e sfruttamento, palcoscenico in cui l’individuo si perde nella massa), uno sguardo rivelatore su ciò che ci fa essere, nel bene e nel male quello che siamo, che siamo stati o che rischiamo di essere. La missione di A. nasce dalla necessità di affrontare i nodi cruciali dell’essere parte di una collettività, indagando e sviscerando gli stessi sentimenti di appartenenza. Nodi che coinvolgono due aspetti opposti e complementari: quello privato e quello pubblico, due facce della stessa medaglia che non è possibile chiarire. Come se il devoto fosse condannato a rendere pubblico il proprio fervore mistico per esprimere la propria religiosità, ma così facendo rischiando di snaturarla o addirittura cancellarla.
Non si poteva, quindi, tralasciare in un progetto come re-mapping sicily – percorso che Roberto Zappalà ha intrapreso da diversi anni con l’intenzione di rileggere la Sicilia attraverso il suo linguaggio scenico – l’aspetto della religiosità popolare. La rappresentazione vanta importanti collaborazioni con Puccio Castrogiovanni che eseguirà la musica dal vivo, con Marella Ferrera che ha curato la realizzazione dei costumi e con Nello Calabrò alla drammaturgia.
>Coreografia e regia :Roberto Zappalà ; Musica originale (eseguita dal vivo): Puccio Castrogiovanni (I Lautari) ; Costumi: Marella Ferrera e Roberto Zappalà ; Drammaturgia: Nello Calabrò e Roberto Zappalà ; Testi: Nello Calabrò; Assistente coreografo: Ilenia Romano; Realizzazione scene e costumi e assistenza: Debora Privitera.
Interpretazione e collaborazione:
Danzatori: Adriano Coletta, Maud de la Purification, Alain El Sakhawi, Alberto Gnola, Adriano Popolo Rubbio, Salvatore Romania, Fernando Roldan Ferrer, Antoine Roux-Briffaud, Massimo Trombetta, Valeria Zampardi
Musicisti LAUTARI: Gionni Allegra, chitarre | Puccio Castrogiovanni, corde, marranzani e fisarmonica | Salvo Farruggio, percussioni | Peppe Nicotra, basso
Foto:Gianmaria Musarra
Una co-produzione
Teatro Stabile di Catania e Scenario Pubblico/ Compagnia Zappalà Danza – Centro Nazionale di Produzione della Danza
in collaborazione conMilanOltre Festival
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