Alberto Ferro e Günter Neuhold protagonisti del concerto sinfonico al Teatro Massimo Bellini

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Alberto Ferro e Günter Neuhold protagonisti del concerto sinfonico al Teatro Massimo Bellini

Concerto sinfonico con due composizioni di Ludwing van Beethoven lo scorso fine settimana al Teatro Massimo Bellini. Occhi puntati sul solista del Terzo Concerto in do minore op. 37, il pianista Alberto Ferro,che non ha smentito la sua fama di interprete specializzato nel repertorio: non per niente nel 2017 ha vinto a Bonn l’International Telekom Beethoven.
Altro protagonista della serata è stato il direttore d’orchestra Günter Neuhold, che ha condotto con puntuta vivacità la Settima Sinfonia in la maggiore op. 92: come un generale, non ha lasciato tregua ai suoi orchestrali che, ubbidienti soldatini, lo hanno seguito a ritmo sostenuto nel campo di battaglia sonoro, incalzati da ridottissime pause tra un movimento e l’altro.
Ovviamente il pubblico ha apprezzato. Chi in gioventù non ha amato gli eroici furori di Beethoven e il legame profondo tra uomo e compositore? La sua biografia è esemplare: il Titanico (così è noto) non si lasciò abbattere da circostanze avverse, né da crisi economiche, né da avvisaglie di conflitti di ogni genere. Beethoven, con la sua vita e la sua opera, ci propone una filosofia e una saggezza, valida ieri come oggi: andare avanti con coraggio e allargare la coscienza morale alla luce della fiducia nel futuro. Il direttore Günter Neuhold, che è austriaco di nascita, dirigendo la Settima ha fatto emergere, soprattutto nelle pagine di carattere più marziale, la tempra teutonica del compositore di Bonn.
Il ventitreenne Alberto Ferro ha invece regalato al suo pubblico la freschezza della gioventù. Con il suo tocco leggero, che sa diventare veemente quando occorre, ha dato una lezione di sicura consapevolezza di sé. Sentendolo suonare si capisce che nulla è difficile a chi vuole. Ferro ha determinazione e con altrettanta determinazione è emerso dal vivaio dell’Istituto Musicale Vincenzo Bellini. Gli si è già schiusa una carriera internazionale, che potrà proseguire con risultati ancora migliori, non mancandogli né la volontà né quelle combinazioni della sorte – relazioni, esperienze, vittorie ai concorsi, possibilità di studiare in nuovi contesti – che potranno portarlo ai massimi vertici. Largo dunque ai giovani che, come Alberto Ferro, meritano. Le istituzioni, le direzioni dei teatri, i conservatori, non devono sottovalutare la necessità di coltivare talenti se le inclinazioni sono sostenute da una volontà di ferro, come in Alberto Ferro: che è tale di nome e di fatto (il destino è nel nome; nomen omen direbbero i latini).

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