“Vissi d’arte, Vissi per Maria” è il titolo dell’ultimo lavoro portato in teatro da Francesca Vitale e Renato Lombardo che hanno fortemente voluto questo spettacolo interpretato magicamente da Elena Bermani, e scritto con grande rispetto da Roberto D’Alessandro, attore, regista e drammaturgo di origine calabrese. Produzione Tzigane Dérive (Avignone-FR); Comunicazione, Stefania Bonanno.
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Vissi per Maria partecipò al Festival di Avignone dal 2001 al 2004 e venne allestito al Teatro dell’Opera di Avignone nelle stagioni 2003 e 2004 e a Parigi al Teatro Les Dechargeurs nel cartellone 2003 accolto con grande apprezzamento da critica e pubblico. Nel 2016, venne allestito al Teatro Di Documenti di Roma, interpretato dall’attrice siciliana Siddhartha Prestinari, figlia del regista Izla Prestinari.
Ennesima scelta felice di Palco-Off, unitamente alla preferenza del teatro: il Canovaccio che perfettamente si è adoperato per ricostruire il salotto pieno di ricordi in cui la fedele domestica Bruna accoglie gli spettatori -“purché discreti, come madame desidererebbe” -, ricreando il fascino corrisposto da alcune delle arie cantate dalla Callas, il profumo dei ricordi mescolato alla polvere di un tempo che è stato che viene spazzata via dai racconti di Bruna che dal 1953 al 1977 (anno della morte della cantante) fu fedelmente la sua ombra, pronta ad andare sempre dove la signora chiedeva, pronta ad attenderla nella casa di lei, ad organizzare per il suo rientro dagli innumerevoli palcoscenici del mondo in cui la chiamavano a cantare.
Era la “Divina”, la voce più melodiosa che esistesse, la donna più elegante: intorno a lei ammirazione tanta e a ben ragione; ma anche commiserazione e malignità, tante e senza ragione. Bruna ci racconta della “Signora” nel cui salotto ci permette di attendere il suo arrivo e ha il televisore in bianco e nero acceso e c’è lei che canta; ci racconta del primo giorno di lavoro…aveva vent’anni, diventò la sua domestica e non ci fu nessuno più nella sua vita. Quando arrivò quel mazzo di fiori, che non era per la signora, bensì per lei, sorrisero entrambe, Bruna con un po’ di vergogna. Il tè caldo, uno sguardo all’abito dignitoso ma un po’ sdrucito…ché importa, lei si sente a suo agio e le ricorda i tempi che furono, a quei giorni in cui la signora non le richiedeva la divisa, allora i suoi abiti in ogni caso erano eleganti ma semplici. Gli abiti della divina erano classificati, certo, con una targhetta per ogni gruccia dove erano indicati l’occasione e gli ospiti più importanti che a quell’evento avevano preso parte. Ad ogni abito, erano già abbinati accessori in ordine ai gioielli, guanti, borsa, foulard, cappello, lavoro a cui provvedeva Bruna personalmente.
Bruna Lupoli e Ferruccio Mezzadri (l’autista) sono stati l’unica famiglia che la Callas sia riuscita ad avere, dopo aver divorziato da Meneghini ed essersi votata all’amore verso Aristotele Onassis. Certamente gli unici amici fedeli – insieme ai suoi amati barboncini – anche dopo la sua morte. Sempre rimasti nell’ombra, hanno custodito nell’intimità la vera vita della diva, aprendo un piccolo varco solo per mettere a disposizione materiale per migliorare l’iniziativa del regista americano Tom Volf, in occasione della mostra “Maria by Callas” allestita a Parigi a quarant’anni dalla sua morte (settembre 2017), avvenuta per infarto a 53 anni appena. Si sono limitati a corrispondere qualche documento fotografico e hanno autorizzato lo scatto del momento in cui vennero sparse le ceneri nel mar Egeo.
Bruna/Elena Bermani risponde al telefono, più volte: in francese o in italiano, ciò che appare chiaro e il suo no, ogni volta. Si volta verso il pubblico ospite del salottino vintage e dice “la Signora, vero? State aspettando tutti lei? Sta per rientrare, a momenti dovrebbe essere qui…” Ma la signora non rientrerà e lei lo sa, come lo sappiamo noi. E’ morta da anni e se per il mondo è la “Divina” con una voce unica che cessa di cantare, per lei è la sua “Signora” che cessa di vivere. Bruna guarda un punto qualsiasi, rivolge lo sguardo ad immagini che sono ricordi indelebili della sua mente e che vede soltanto lei così nitidamente. Attraverso gli occhi umidi, ricostruisce per noi una vita bellissima e sfortunata di cui conserva e custodisce la vera essenza…Bruna racconta e offre tazze di thè…racconta a sé stessa col conforto del nostro ascolto.
Maria Callas (Anna Maria Cecilia Sophia Kalos) di origine greca, naturalizzata italiana e successivamente greca, nasce a New York dopo che la madre aveva voluto andar via da Atene per attenuare il dolore della perdita del figlio di tre anni per una brutta malattia. All’età di 5 anni, sfugge al controllo del genitore ed attraversando la strada viene investita da una macchina: rimarrà in coma per 22 giorni e, secondo la biografia, consegnata dalla madre a giornalisti americani, dopo cominciò ad avere un carattere ostile che farà di lei una cantante dalla voce melodiosa ma dal “brutto carattere”. Affermerà in seguito che nel mondo dello spettacolo lei è capace di dire di no ed è chi invece è disposto a scendere ad ogni compromesso che la definisce tale.
Aveva studiato canto a New York e ad Atene col metodo sia italiano che francese che consiste nel far passare l’aria dal naso. Questo modo le consentiva di riuscire a cantare da soprano e soprano leggero o di “coloratura” che «si distingue per la capacità tecnica di eseguire una serie di ornamenti virtuosistici su una parola o su una sillaba utilizzando al massimo l’agilità vocale». Grazie a queste sue caratteristiche prodigiose, e alle sue doti di interpretare il personaggio contemporaneamente con la voce e con la postura e la mimica, si può azzardare che la Callas sia rimasta inimitabile.
Certamente insostituibile nel cuore di Bruna che rinuncerà alla propria vita privata per stare sempre accanto alla sua signora, tutelarne la quotidianità, darle appoggio nei suoi momenti bui che furono tanti, specialmente quando apprese dai giornali che il suo grande amore Aristotele Onassis stava per sposarsi con Jacqueline Kennedy; “un matrimonio certamente non d’amore, ma di facciata…dopo qualche giorno lui disperato si attaccò al citofono della casa francese della signora e la scongiurò di aprirgli…così lei, per amore, diventò l’amante”. “Lui cosa aveva a ché fare con lei? la chiamava cantante da piano bar ! A lei? Alla voce più bella del mondo? alla Callas? E lei non batteva ciglio, si allontanava e andava a chiudersi nella sua stanza…”
Maria Callas era una donna, che vivendo come una diva aveva reso ciascuna delle sue azioni, nel bene e nel male, ridondanti. Esse si prestarono alla mercè di qualsiasi mediocre commento, cosìcché scambiare la sofferenza per “atteggimento” fu scontato.
“Il pubblico è ingrato, cara Bruna! è pronto ad osannarti ed un attimo dopo a distruggerti, il pubblico ha scarsa memoria, e se ieri eri una gloria, oggi non sei nessuno”. La Callas soffrì, soffrì molto al di là dei riflettori, delle copertine patinate, per quel o quei figli negati (esiste un vero mistero su due diversi momenti della relazione con Onassis, durante la quale sarebbe rimasta in stato interessante), ma ebbe la coerenza di seguire il suo cuore, di affermare i suoi sentimenti. Dice Bruna: “a modo suo, lui l’amava e quando morì (1975), lei cominciò a spegnersi, sino a quella mattina, in cui dopo tante pillole per dormire ed altrettante per rimanere sveglia, non si svegliò più”….Una smorfia di dolore, una domanda lasciata sospesa…
Elena Bermani è un’assimilazione di Bruna che assimila la Callas; ” una donnina piccina”, dice, “io sono abbastanza più alta rispetto a lei”. Ma nella cura della postura, la Bermani riesce a trasformare anche questo dettaglio, piegandosi nel dolore, stringendo le spalle a protezione del rumore dei ricordi, quelli più belli che spesso fanno anche più male, tampona la bocca nel tentativo di soffocare il pianto. Rimossa la spessa maschera che la rende più vecchia e rugosa, emerge un volto giovane e sereno, provato dalla recitazione, enorme sforzo di compenetrazione. Nell’interpretazione di Bruna Lupoli, la fedele domestica di Maria Callas che la devozione ha portato a vivere nel cono della’ombra della Divina, a muoversi seguendola, Elena Bermani è stata capace di annullare l’inganno della ripetizione teatrale e sostanziare di vita vera ogni parola, ogni gesto. Assolutamente veritiera, dunque convincente. Come, del resto, la scelta dei fatti, non avuti dalle dichiarazioni di Bruna, bensì dalle fonti note da cui sono state con decoro scremate tutte le viltà e commentate solo le audaci debolezze dell’amore per Onassis che tanto condizionarono la vita della cantante. Le foto più significative, le arie più belle, i suoi infiniti acuti, tutti passati dal vinile suonato sul giradischi.
Forse, non avrei dato accesso al pubblico direttamente sul palcoscenico, lasciando che la platea fosse il solo prolungamento del salotto. L’arredamento della scena assai adeguato, sembra proprio di essere nel salotto di una vecchia signora: poltrone, tavolini, telefono, TV in bianco e nero, fotografie, dischi, tutto scelto per farci sentire l’odore di un mondo sparito. E, purtroppo, aggiungo completamente, dal momento che il 25 Marzo scorso, è venuta a mancare, all’età di novantacinque anni, proprio lei, la cara Bruna Lupoli che continuò sino alla fine dei suoi giorni a tutelare senza rumore e forse senza rimpianti, la vita della sua Signora, a cui aveva dedicato ogni scelta della sua esistenza.
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