Il viaggio di Francesco Foti a Niuiòrc Niuiòrc!

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Il viaggio di Francesco Foti a Niuiòrc Niuiòrc!

Niuiòrc Niuiòrc” di e con Francesco Foti, al Teatro del Canovaccio, lo scorso fine settimana, da venerdì a domenica, il tutto esaurito.

Perchè un artista sceglie di prodursi in un monologo? Che sia un testo originale o no, costituisce un atto di coraggio. L’attore si propone al pubblico, completamente “svestito” dalla compagnia di altri attori, privo di distrazioni rispetto alla sua persona e dunque con l’attenzione del pubblico rivolta completamente su di lui. Simile ad un cantastorie, spesso racconta di sè o di una vicenda che in ogni modo gli somiglia, in cui si cela qualcosa che gli va di rendere alla luce, per confrontarsi, per proporre “io ci credo? e voi?”. Spesso i monologhi vanno in traversata solitaria, l’uomo solo con i suoi mezzi: uno sgabello, un quaderno che assumono anime molteplici…E l’attore comincia il suo viaggio e gli spettatori con lui, muniti dello stesso biglietto per fare questo volo pindarico verso una città dagli standard opposti, un luogo che colpisce l’immaginario di chi non la conosce e stupisce la constatazione di chi la visita.

L’attore parte con la camicia dentro ai jeans e giunge a destinazione più sbracato e dinoccolato, cammina a naso in sù perchè ogni cosa supera l’altezza degli occhi e ciascuna aspettativa. Miscele: di persone, di lingue, di odori, colori, sapori e bevande annacquate che somigliano a qualcosa…ma chè importa? E’ Niuiòrc! La città del “meltin pot” per eccellenza, dove il cielo è grattato dai palazzi altissimi e riflesso sulle loro liscie e specchiate pareti. Il mese trascorre, la camicia rientra nei jeans, si assume la consapevolezza che è tempo di rientri, ma non è mai troppo tardi e così come molteplici sono le fasi della vita di ciascuno di noi, come il cuore ha le sue stagioni, anche il cervello viene alimentato da impulsi diversi, anche l’anima ha bisogno di nutrirsi dell’evento sconosciuto. E quanto è bello averlo fatto, aver squarciato quel velo di timore e pregiudizio e aver vissuto.

Francesco Foti è un attore assai bravo, ma in questo suo lavoro si offre in variopinte versioni, tutte mutuate dai suoi studi di formazione: cabarettista, rumorista, interprete, mimo! Voce, mani che illustrano e riempiono il palco vuoto dove per settantacinque minuti costruisce e smonta casa sua, l’aereo, le stanze d’albergo, i locali della scuola, il risto-pub col grande suo tavolo centrale; le strade, gli ascensori, i parchi. Le persone di cui narra, tracciate con i dettagli salienti, sufficienti a farceli vedere chiaramente. Ed in mezzo a tutto questo sfarfallio di pixel immaginari, l’attore, umile e divertito, grato per il gradimento del pubblico.

Spettacolo esuberante, senza soste e pause; brillante e coinvolgente. E diverso, parecchio e ci piace questa semplice diversità che fa di una prova d’autore un lavoro interessante che si tiene a mente. Nessuno stupore se a New York, nel 2016, lo hanno rivoluto dopo tre anni dal suo esordio.

A Catania, al Teatro del Canovaccio, lo scorso fine settimana, lo spettacolo è stato acclamatissimo e credo che non rimarrà a lungo privo di repliche; per adesso, il prossimo 5 Aprile, esordirà a Roma al “Parioli Theatre Club“.

Francesco Foti è un attore noto ed apprezzato, trasversalmente presente al cinema, in televisione e, sebbene egli preferisca il teatro, la sua preparazione ed il suo modo di recitare lo rendono in grado di conferire a ciascun personaggio una fisionomia precisa, peculiarità che lo identifica come grande interprete: non ha difficoltà ad essere cattivo, o brillante, ironico e dimesso e drammatico. La scorsa stagione, lo abbiamo visto allo Stabile di Catania in “Un momento difficile”, con Massimo Dapporto, Ileana Rigano e Debora Bernardi, con la regia di Giovanni Anfuso; in TV, nei panni del Giudice Carlo Mazza nella prima stagione de “Il Cacciatore”, serie tv ideata da Marcello Izzo (presto, sarà impegnato a girare la seconda serie) e nuovamente al Canovaccio, in “Sugnu o non Sugnu” con Francesca Vitale e la regia di Nicola Alberto Orofino.

Io l’ho amato enormemente nel personaggio di Giulio, in “Ti sposo, ma non troppo“, del 2014, di e con Gabriele Pignotta in cui interpreta il fratello disabile sulla sedia a rotelle che fa canottaggio. A mio parere, è una prova bellissima perchè riesce a dare al ruolo una veridicità ed una dignità assolutamente autentiche e misurate.

“Le persone non fanno i viaggi. Sono i viaggi che fanno le persone”. Questo è un pensiero di John Steinbeck (scrittore americano, noto anche per aver scritto “Uomini e topi”), assai caro all’attore; io aggiungerei che non sono soltanto la scuola ed il palcoscenico che fanno l’attore, ma piuttosto quel “quid” che alcuni possiedono che non saprei scrivere sotto alcuna voce, se non la parola sensibilità

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