L’inchiesta giudiziaria che ha investito l’Ateneo fondato a Catania nel 1434 non ha rivelato nulla che la gente comune già non sapesse e cioè che la carriera accademica non si fonda sulle leggi dello Stato, ma su un sistema a se stante fatto di regole diverse da quelle del merito e della trasparenza.
Le intercettazioni che sono state rese pubbliche stanno rivelando alcuni elementi tipici del sistema nel quale il nostro Paese sta affogando: la prepotenza, la prevaricazione, l’omertà, le clientele.
Un docente deve essere un modello di specchiata moralità per i suoi studenti i quali guardano a lui come un esempio. Se il primo diventa per i secondi la conferma “che qui tutto è marcio”, “che è meglio andare via”, “che tanto non cambierà mai niente”, “che è inutile rimanere parcheggiati a vita in attesa del mio turno”, la nostra terra perderà tutti i suoi giovani, come sta già accadendo.
Non entriamo nel merito dell’inchiesta per la quale incoraggiamo la Magistratura a fare il suo corso, affinché i fatti contestati vengano definitivamente accertati nel più breve tempo possibile. Ci limitiamo qui a constatare con sgomento la rassegnazione quale sentimento più diffuso di reazione a questa notizia, come se tutto questo fosse talmente scontato ed ineluttabile che non ci sia null’altro da fare che continuare a prenderne atto e andare avanti, andare via.
Esortiamo i nostri concittadini, a cominciare dai tanti docenti onesti del nostro ateneo, a ribellarsi soprattutto alla rassegnazione. Perché quest’ultima è l’arma più efficace per chi desidera, prepotentemente, che tutto rimanga così come sempre è stato.
PS: in un’intercettazione pubblicata veniva sostenuta la tesi secondo la quale l’Università si basa su una élite di cittadini. Nulla di più falso. La più antica università del mondo (Bologna) nacque dal desiderio di conoscenza da parte degli studenti che si tassavano per pagare un docente affinché gli insegnasse. Il primo rettore fu, infatti, uno studente.
Lascia un commento
You must be logged in to post a comment.