di Matteo Licari
… e niente, non c’è altra spiegazione: lo stellone d’Italia deve avere Saturno contro in questo periodo! Nel giro di quattro giorni sono morti tre degli uomini migliori che le hanno dato lustro e onore. Andrea Camilleri, Luciano De Crescenzo e ora Saverio Borrelli. Si lo so, si dirà: è la Natura, così va il mondo; ma tre, di botto, a straziare il cuore collettivo di una intera nazione è davvero troppo. Si si, è Saturno! Consulterò le Effemeridi, ma è così. Di Camilleri e De Crescenzo ci siamo già occupati, forse Borrelli è il meno conosciuto fra i tre ma non meno importante. La sua azione ha cancellato una Italia e dalle sue macerie ne è nata un’altra; e questo senza esprimere alcun giudizio di valore né in senso positivo, né in senso negativo. Osservando i dati oggettivi, socialmente e politicamente l’Italia, da quel 17 Febbraio del ’92 sotto l’azione della Procura delle Repubblica di Milano retta da Saverio Borrelli, cambiò. Nato a Napoli il 12 aprile 1930, il nonno, il padre Manlio e pure il figlio Andrea magistrati, Borrelli apprezzato da molti ma anche criticato da una certa parte della politica, nel ’52 a Firenze, si è laureato in legge a 22 anni con una tesi su ‘Sentimento e sentenza’ discussa davanti a Calamandrei. Tre anni dopo la toga e poi i primi passi come giudice civile a Milano, nel palazzo dove il padre era già la più alta carica e dove ha lavorato per 46 anni al netto della parentesi di un anno a Bergamo. Passato al penale ha presieduto sezioni di tribunale e di Corte d’Assise, giudicando anche le Brigate Rosse. La prima condanna che ha letto in aula risale al 1976: dieci anni ad un rapinatore. Negli anni Sessanta è stato tra i fondatori della corrente di Magistratura Democratica. Per molti anni procuratore aggiunto, il 17 marzo 1988 è succeduto a Mauro Gresti alla guida della Procura della Repubblica. Dal 1999 al 2002 è stato Procuratore Generale, difendendo con fermezza il principio costituzionale della indipendenza della magistratura. Ma la sua fama e la sua importanza per i destini d’Italia è dovuta esclusivamente all’inchiesta denominata mani pulite che scardinò il sistema politico che durava dall’immediato dopoguerra con l’intento di fermare l’ondata che sembrava inarrestabile della corruzione che ad ogni livello ammorbava il personale politico e imprenditoriale. Vinse la sua battaglia Francesco Saverio, coadiuvato da eccellenti colleghi: Francesco Greco, Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, Gerardo Colombo e Ilda Boccassini. Il sistema si dissolse, migliaia di politici e imprenditori corrotti furono condannati, ma come si è soliti dire, l’operazione andò benissimo e il paziente morì. Il sistema si dimostrò più forte: cambiò i giudici, cambiò le leggi, cambiò i volti dei politici e la corruzione prosperò “più bella e più forte che pria”. Oggi i politici hanno smesso di vergognarsi e il furto di denaro pubblico è percepito dalla gran parte degli italiani come un corollario necessario della funzione politica, per qualcuno un merito di cui andar fieri. Il Procuratore Borrelli, come il Commissario (Cesare Polacco, ndr) della brillantina Linetti degli anni sessanta, aveva commesso un errore! Non aveva considerato che il Sistema era più forte delle leggi e della magistratura, supportato com’è anche oggi dall’anima del popolo Italiano per il quale, in maggioranza, la morale un orpello eventuale e non necessario al corredo dei suoi rappresentanti. Solo i fessi hanno dei princìpi, i furbi hanno soltanto fini da raggiungere ad ogni costo. Lo capì Francesco Saverio e nel 2011 chiese “scusa per il disastro seguito a Mani Pulite. Non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. Ora possiamo dirlo caro Francesco Saverio: Resistere resistere resistere non è servito. Eravamo nella padella, siamo finiti nella brace. Ma quanto ci deve ancora costare ‘sto Saturno in opposizione?
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