Venerdì 27 Settembre alle ore 19,00 presso il Teatro del Canovaccio, sarà presentata dall’attore Francesco Bernava “OLODRAMMI – DELL’AMORE E DI ALTRE SOLITUDINI” di Mezz’Aria Teatro, in programma per la entrante stagione teatrale; interverranno i registi e gli attori degli spettacoli previsti in calendario. A conclusione della conferenza stampa, che si annuncia essa stessa come una piccola pièce, alle ore 21.00 andrà in scena “Aquiloni” per la regia di Nicola Alberto Orofino con Francesco Bernava e Alice Sgroi. Lo spettacolo sarà in omaggio per gli abbonati alla rassegna “Olodrammi” e ad un prezzo speciale per il pubblico non abbonato. Sarà replicato sabato 28 allo stesso orario.
“Aquiloni”, lo scorso inverno, aveva debuttato al Piccolo Teatro della Città di Catania, nell’ambito della Rassegna del Teatro Brancati 2017/2018, ed era stato un gran successo di pubblico e di critica. La sinergia del trio Nicola Alberto Orofino, Francesco Bernava ed Alice Sgroi (che ha scritto a sei mani la storia) ha determinato la riuscita di una produzione di MezzARIA e SenzaMisuraTeatro, confermata inoltre dall’assegnazione di diversi premi fra cui Il Premio Nazionale di Teatro – Città di Leonforte: Premio Miglior Regia, Premio Miglior Attore, Premio Miglior Attrice e Premio Miglior Spettacolo.
L’estate successiva, era stato messo in scena nel cortile del Monastero dei Benedettini nell’ambito del calendario di eventi “Porte aperte Unict 2018 – Dialoghi migranti”, organizzato da Artelè in collaborazione con Teatro della Città e Città Teatro.
La regia è di Nicola Alberto Orofino, l’aiuto regia di Gabriella Caltabiano; le scene di Arsinoe Delacroix e i costumi di Laura Lucia Lazzaro; Alice Sgroi interpreta Maria detta “Maddy” e Francesco Bernava Salvatore detto “Salvo” .
La storia si svolge in un luogo indefinito, pieno di buio e colori che potrebbe trovarsi ovunque – anche fra cielo e terra – così come gli aquiloni che cercano il cielo pur essendo trattenuti da un sottile esile filo.Salvatore detto “Salvo”, figlio di una suora, è un’anima buona che si guarda intorno con candore; si spiega tutto con semplicità, esclude il male dalle incognite della vita e sorride, sorride sempre. Maddy è una escort (cosa?), meretrice (cioè?), zoccola và! Va con gli uomini a pagamento e non ha una vita, se non quella ricalcata sulle vite raccontate dai clienti. Ha una figlia, però, che si chiama Angela e che non vive con lei. Lei non guarda la vita senza trovarvi la malizia e ha poca voglia di sorridere nella solitudine delle sue giornate, ma l’incontro con Salvo influenzerà il suo modo di considerare: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole e sento che attorno sono nate le viole…”
Due panche in palcoscenico, che diventano barche per andare altrove, tavolo per condividere un pasto, sedie a sdraio per prendere il sole; tante giacche, come abbandonate…da chi? Dai clienti di Maddy? Da chi è andato via? Da altri “aquiloni” che hanno preso le ali?
Nicola Alberto Orofino, che oltre ad essere un regista di talento, è come un direttore d’orchestra perché come tale conosce ogni singolo frequenza del lavoro, anche per il suo passato da attore che gli permette di stare al di là ed al di qua del palcoscenico.
Alice Sgroi è magnifica e vera nel ruolo della moderna Maddalena: sulla scena, balla canta si muove con energia, grazia (avendo anche trascorsi da ballerina e da sportiva) e goffaggine allo stesso tempo, mettendo nella gestualità e nelle espressioni del suo volto tutto il senso del racconto: il rimpianto, la voglia nascosta di cambiare, il disincanto prima ed il coinvolgimento dopo nei ragionamenti solo apparentemente squinternati di Salvatore detto “Salvo”. Sembra proprio che si muova con la naturalezza propria della danza contemporanea, per effetto della quale, esprime senza remora il proprio sé. E lei lo riesce a fare da personaggio e da persona.
Francesco Bernava porta sulla scena il ruolo di un timido ma coraggioso ed è bravissimo perché forse nel tratteggiarlo ha messo dentro un po’ del suo modo di essere. Come Alice Sgroi, anche lui è straordinario nella mimica: non ci sono parole che vanno pronunciate quando il suo volto è in grado di esprimere un’emozione; non ci sono didascalie da aggiungere quando le sue spalle si stringono e i suoi occhi sorridono. Insomma, i due attori sulla scena si danno un gran da fare, fanno una fatica tangibile: Orofino li inserisce in un caleidoscopio tale che le immagini si modificano sotto l’occhio rapito (credetemi) del pubblico grazie ai loro continui modi di costruire e smontare la scena, di fare e disfare, di vestire e svestire i personaggi fino ad una conclusione che mi ha ricordato l’emozione che può provocare ancora la fine dei film di Charlot: mano nella mano verso un futuro sconosciuto e lungo una strada che potrebbe essere ovunque e portare verso luoghi di “non so”…
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