Quei like, commenti e chat di cui non possiamo più fare a meno

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Quei like, commenti e chat di cui non possiamo più fare a meno

“Una consistente parte di persone affette da IAD – Internet Addiction Disorder- provano una forte spinta a stabilire relazioni amicali/affettive mediante e-mail, chat rooms o newsgroup a scapito dei loro rapporti reali familiari e sociali. Spesso la conoscenza che si crea tra le persone che abitualmente si collegano fra loro rimane entro i limiti della rete. Viene per così dire allontanata l’idea di conoscersi realmente per mantenere un’immagine (virtuale) di sé e dell’altro soddisfacente o addirittura idealizzata” scrive Alfio Lucchini in “Droghe, comportamenti, dipendenze”. La cyber-relationship-addiction, letteralmente dipendenza da relazioni virtuali, porterebbe le persone a sviluppare un coinvolgimento eccessivo in questo tipo di relazioni, affettive e/o adultere, nate sul web e mantenute attraverso chat, email e social network. Alcuni possibili segni clinici del soggetto: il bisogno di passare molto tempo in rete per intraprendere relazioni amicali e/o sentimentali; la perdita di interesse per le relazioni amicali e/o sentimentali off-line; il ripetuto tentativo, sempre fallito, di controllare, ridurre o interrompere il protrarsi degli scambi amicali e/o sentimentali on-line.

 

Ma facciamo un passo indietro cos’è la I.A.D?  “Nel 1995, lo psichiatra americano Ivan Goldberg – spiega la dottoressa Sarah Grisiglione, Psicologa e Naturopata–  ha coniato l’espressione “Internet Addiction Disorder” (I.A.D.), prendendo come modello di riferimento il gioco d’azzardo patologico, studiandone le dinamiche simili. Caratteristiche tipiche della Dipendenza da Internet sono: il bisogno di trascorrere in rete un tempo sempre maggiore, la marcata riduzione dell’interesse per ogni altra attività, l’incapacità di interromperne o tenere sotto controllo l’utilizzo. Per tali motivi, a livello psicologico avvengono delle modificazioni a carico dell’umore, alterazione della percezione del tempo, tendenza a sostituire il mondo reale con un luogo virtuale, perdita o impoverimento delle relazioni interpersonali, oltre allo svilupparsi di veri e propri sintomi fisici come tunnel carpale, dolori diffusi al collo e alla schiena, problemi alla vista”Quanto è collegato questo fenomeno con il bisogno di apparire anche esteticamente impeccabili?  “In rete si trova di tutto- continua la dottoressa– e la maggior parte delle persone tende ad offrire un’immagine più perfetta possibile, sia di sé che della propria rete amicale, grazie all’uso di photoshop o filtri fotografici, per poter apparire proprio come si desidera, oppure, con l’invenzione di un protagonista della rete, come il blogger, costruirsi un’identità, oltre che una professione, di successo. Posso affermare che la rete e i social sono una finestra aperta sul mondo ma anche una vetrina dove esporre se stessi come merce da offrire”. In chat riusciamo davvero a dire ad “altri” cose che provengono dalla parte più profonda di noi? “Le potenzialità della rete  come l’anonimato, la creazione di false identità, costituiscono filtri nel coinvolgimento etico, riducendo ad un gioco, in cui tutto sembra possibile, fare e dire cose che nella realtà di tutti i giorni non si avrebbe il coraggio di mettere in atto, anche per quel pudore, che, filtrato ormai dallo schermo di un computer, viene messo a tacere.  Pertanto, in rete – spiega  la Psicologa – sono accadute e ancora accadono cose che piuttosto che provenire dalla parte più profonda, stimolano la parte più arcaica, primitiva, che ha a che fare con emozioni non sempre positive, con i pregiudizi e le generalizzazioni, in cui un like può diventare strumento di valutazione e un click la richiesta di bisogni più profondi, che, soprattutto i ragazzi hanno imparato a disconoscere e a non pensare, sostituendoli con una fame insaziabile di immagini e notizie, che non nutrono e pronte ad essere sostituite dalle ultime”.

 

 

La rete è la causa dell’indebolimento dei legami  reali o ne è lo specchio?  “La generazione della connessione costante alla rete rappresenta al meglio l’Uomo della modernità liquida di Bauman – afferma la Sociologa, la dottoressa Daniela Saitta– ossia colui che vive in una realtà fluida, mutevole e instabile, specchio di  relazioni che devono essere leggere e flessibili allo stesso tempo,  per potersi rompere facilmente e dare la possibilità all’individuo contemporaneo di ricostituirsi, reinventarsi, mantenendo intatta tutta la potenzialità relazionale di ognuno. Risulta inevitabile vedere in tutto ciò meccanismi viziosi, d’isolamento, di solitudine e di allottamento intergenerazionale. Potremmo dire di dipendenza da relazioni virtuali a scapito di quelle faccia a faccia”. Quanto questo influisce sui giovani, sullo sviluppo della loro identità e delle loro capacità relazionali? “L’interdipendenza tra vita offline e vita on line- continua la dottoressa Saitta-  diventa nuovo ambiente di interazione,  una inter-realtà, nuovo luogo sociale all’interno del quale si giocano gli scambi comunicativi tra gli individui da cui non si può prescindere. Dunque anche lo sviluppo dell’identità  è profondamente ancorato tra realtà online e realtà offline . Il feedback ricevuto da amici/followers  sui social diventa un dato rilevante non solo per la costruzione dell’identità e della sua percezione ma anche per la presentazione del proprio sé agli altri.  E’ una forma di alienazione emotiva? “Questo è uno dei rischi principali! L’enorme offerta di facili scambi comunicativi, di legami virtuali potrebbero far cadere l’individuo in uno stato di deregolamentazione emotiva e sociale come viene definita dalla Turkle e di indolenza emotiva che riduce pericolosamente il livello di empatia”.

Gabriella Magistro

 

*L’immagine di copertina è tratta da un singolo di Moby “ti sei perso nel mondo come me?”  le cui illustrazioni sono di Steve Cutts

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