La demolizione non è quella del chiosco di Lineri, giunto alla ribalta della cronaca nera a seguito dell’indagine giudiziaria su mafia e politica a Misterbianco. No, qui si parla di demolizioni ben più antiche e provocate dalla distruttiva colata del 1669, quando la lava ricoprì buona parte dell’antico paese e il nuovo nacque a pochi chilometri di distanza. La data di inizio è il 24 novembre 1670, quando i Trigona sborsano oltre 500 onze per acquistare il territorio (rivalendosi poi della spesa fatta).
La ricostruzione nel nuovo sito è tra le questioni più esplorate dagli storici locali: persino l’ex sindaco Nino Di Guardo ha commissionato una saggio storico sulla rinascita di Misterbanco. Le ricerche sono però ben lungi dall’essere compiute. Ci chiediamo: chi decise l’impianto da dare al nuovo insediamento? Chi progettò le monumentali facciate di chiese e palazzi? Esiste una mappa che pianifica larghezza e orientamento di strade ed isolati? Quanti soldi occorsero per riedificare gli edifici civili ed ecclesiastici, le piazze e le fontane? Veramente vogliamo sostenere – come molti pensano – che furono i residenti a imporre il progetto di massima con l’ideazione architettonica dei Quatto Canti, della piazza del Piano Duca e del Poggio Croce? Francamente risulta difficile crederlo, anche perché nella vicina Belpasso la ricostruzione post eruzione ebbe un piano urbanistico imposto da superiori volontà politiche.
Il nuovo centro abitato di Mistebianco scaturisce dalla sommatoria di molteplici apporti e diversi protagonisti. All’apice delle gerarchie sociali e politiche vi era un bambino: si, avete capito bene, proprio un bimbo, peraltro sfortunato perché rimase orfano di padre nel dicembre 1668, subì i danni dell’eruzione del 1669 e morì sotto le macerie del terremoto del 1693 assieme alla moglie e agli affetti più cari. Francamente troppe disgrazie per una sola persona! Certamente Jovanotti non pensava a lui quando scrisse la canzone “Ragazzo Fortunato”.
Il nome dello sfortunato era Pietro Domenico Trigona. Rimasto orfano, ebbe come tutore il nonno materno, Pietro Paternò Castello, un personaggio risoluto. In veste di tutore del nipote, il Paternò Castello – a suo dire – spese oltre 6000 onze per la ricostruzione di Misterbianco (questa è una cosa interessante: ecco chi pagò!) e per affrontare la lite contro il Senato di Catania. Tramite il nonnino e tramite le intercessioni del figlio di quest’ultimo – Carlo Paternò Castello, personaggio ben introdotto a Corte – da Madrid il re Carlo II concesse il titolo di duca di Misterbianco, dietro compenso di 600 onze, al giovane Pietro Domenico Trigona. Era il 24 giugno 1685.
Il primo duca di Misterbianco, come abbiamo già ricordato, perì sotto le macerie del terremoto del 1693. Suo nonno materno gli sopravvisse e tentò di ottenere per sè il ducato di Misterbianco; e ci riuscì pure: infatti, Pietro Paternò Castello è definito nel 1694 “duca di Misterbianco e barone di San Cono” ( “don Petri Paternò Et Castello ducis Monasterj Albi et baro Sancti Coni”). Le cose però cambiarono negli anni seguenti e i Trigona riebbero il titolo ducale.
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