Tommaso Di Bella, uno degli artefici del gruppo Fb “Una mano per Catania, Raccolta cibo per chi ha bisogno” (vedi n/s articolo dell’1 aprile), ribattezzato come gruppo social di mutuo soccorso per le persone a cui il corona virus sta portando via il lavoro e la dignità, ama ripetere che “una porta chiusa non serve a niente: la tristezza non può uscire e l’allegria non può entrare“. Dal 26 Marzo, la rete di volontari ed avventori è in piena attività letteralmente senza posa, rispettando orari e divieti, osservando tutte le necessarie precauzioni, elenchi alla mano con tabelle di marcia compilate in base alle consegne di spesa per cercare di soddisfare i bisogni primari di chi chiede aiuto e/o che viene segnalato da terzi di buon cuore.
Tommaso ed i collaboratori del movimento FB sanno bene che quel popolo di alloggiati ai confini della società – adulti senza lavoro, bambini, anziani, parenti disabili – rischia di essere definitivamente spiazzato, dalle evidenze tragiche di un’economia disastrata di queste giornate senza precedenti. Un sommerso che colora di nero le dipendenze lavorative, i rapporti professionali, i mestieri di una cospicua fascia sociale catanese: nessun italiano è più in grado di aver dei risparmi e se un tempo quella dell’accantonamento era considerata una rispettabile abitudine domestica, oggi è impossibile arrivare a fine mese per garantire a sé e alla propria famiglia il necessario. Ma siamo in una guerra senza regole, in cui il nemico è letteralmente invisibile, si nasconde infame nelle particelle sospese di uno starnuto, di una conversazione più ravvicinata: non è la vendetta di Dio perché Questi è Amore e Perdono; bensì il rantolo di una Natura esanime che ha smesso di subire il rovesciamento di ruoli con l’uomo impostore e prepotente. Dunque non c’è tempo per ragionare, progettare, pianificare: gli ultimi, ahimè, in questo processo delicato rischiano di tradursi in dimenticati ed alienati.
Nel gigantesco e disarmante quadro d’insieme dalle cui conseguenze si può “sfuggire” solo rimanendo prudentemente fermi ciascuno a casa propria e rimandando ad un tempo prossimo il rientro alla normalità, ci sono i bambini, quelli che vengono al mondo, quelli che si concepiscono, quelli a cui spiegare un tragico epilogo familiare ed infine quelli che durante questa Pasqua fatta di piccoli numeri, si trovano ricoverati negli ospedali, oppure in case di accoglienza per minori. Da dove comincia la carità? In quale misura e con quali gesti si è veramente sicuri di fare il bene degli altri? Probabilmente è solo necessario non mettersi di traverso e farsi un paio di domande su cosa saremo giudicati alla fine dei nostri giorni; se saranno le parole, i protocolli, i selfie, i post che inneggiano all’amore e alla generosità, oppure le azioni, quelle compiute senza titolo, rulli di tamburo ed insegne. Capita così che una grande azienda di trasporti – la LCT – si renda disponile per consegnare le uova di Pasqua ai bambini che non possono abbandonare i loro lettini di ospedale per trascorrere a casa le vacanze pasquali; a quei bambini che una casa non ce l’anno, non hanno neppure una famiglia e sono ospitati da strutture adatte.
Qualche giorno fa, la stessa azienda aveva messo quattro tir gratuitamente a disposizione della Regione Siciliana e della Protezione civile per trasportare il materiale sanitario arrivato a Palermo e donato dalla Cina; oggi, ha desiderato contribuire per portare il rumore della stagnola colorata, il profumo del cioccolato, la curiosità delle sorprese a creature innocenti a cui hanno detto di stare fermi e loro questo stanno facendo, senza disubbidire.Tommaso Di Bella ed alcuni incaricati, avanzando fra le corsie con il sorprendente carico, hanno gioito degli sguardi sgranati, stupefatti e poi felici di tanti bambini destinati a trascorrere una Pasqua inconsueta, cuccioli coscienti della straordinarietà del momento.
Papa Francesco, durante l’omelia della messa della viglialia di Pasqua ha detto: “di pane e non di fucili abbiamo bisogno e che si riempiano le mani vuote di chi è privo del necessario“. Quella del 2020 sarà ricordata come la Pasqua del recupero di innumerevoli valori, della riscoperta dell’altro, del godimento degli infiniti attimi che compongono le giornate dell’esilio che ci sta salvando la vita.
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