Sventolare la bandiera dell’arcobaleno in paesi come l’Egitto che non accettano l’omosessualità, ha portato al suicidio l’attivista trans gender Sarah Hijazi. Durante un concerto del Settembre nel 2017 lei, insieme a due amici mostrarono la bandiera simbolo dei diritti civili lgbt. Questo è bastato per farla arrestare qualche giorno dopo. Brutalmente torturata e violentata per quel “crimine” commesso, fu poi rilasciata grazie alle pressioni internazionali a suo favore, per trovare asilo politico in Canada. Da li continuava a lottare per il suo paese affinchè casi come il suo non si ripetessero. Le ferite dell’anima però di Sarah non si sono rimarginate, non c’è l’ha fatta a sopportare tutto quel dolore, nonostante la sua personalità determinata. Sarah, un’anima nobile e fragile ha scelto il suo finale per suo volere; ha lasciato un biglietto dove esprime il suo dolore, da li si leggono le ferite profondamente aperte difficili da ricucire.-” Ai miei fratelli e sorelle, ho provato a sopravvivere e ho fallito, perdonatemi. Ai miei amici, l’esperienza è dura e sono troppo debole per resistere, perdonatemi. Al mondo, sei stato crudele! Ma io perdono.”-
Partecipiamo al dolore di tutta la comunità Lgbt e di tutte le persone che ancora lottano contro l’omo trans fobia, l’omofobia e tutte quelle forme di soprusi e di pregiudizio nei confronti delle persone gay esistenti ancor oggi in paesi non democratici. (ma anche in paesi cosiddetti civili) Noi siamo tutti Sarah.
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