Catania, si sa, è una città bellissima, sorta su un terreno lavico “che grattugia“, baciata dal sole, lambita dal mare; è stata distrutta da colate laviche e da terremoti, risorta in diverse riprese, ricostruita dall’uomo a volte con progetti felici ed illuminati, oppure oltraggiata con soluzioni avventate. Gode di un centro storico i cui edifici barocchi sono tutelati dall’UNESCO e non sfugge a nessuno il piacere che si ricava da una passeggiata lungo la via Etnea, dalla Porta Uzeta fin su al Parco del Tondo Gioeni: fermi in piazza Duomo, da qualsiasi parte si volti la testa, lo sguardo riesce con poca fatica ad assumere immagini di monumenti raffinati, eleganti, storici, evocativi, le cui fondamenta raccontano storie lontane, assimilate alla mitologia. E’ tutta uno sviluppo onirico, soprattutto nelle serate estive di luna piena, quando la luce del giorno sembra voler ancora accompagnare i cittadini catanesi regalando loro perle di luce che si staccano dal cielo e si tuffano sulla superficie dell’acqua.
Purtroppo, questa creatura stupenda si è comportata qualche volta come quelle donne sprovvedute un po’ sciocche e svaporate che perdendo capacità di valutazione oggettiva e credendo ad ogni sorta di complimento, hanno aperto la porta a sconosciuti privi di senso estetico: ed ecco il palazzo che interrompe l’asse dei servizi messo di traverso su Corso Sicilia, il grattacielo delle Assicurazioni Generali costruito dopo aver demolito la famosa torre “giardino Alessi” nata su progetto di Carlo Sada, (forse per invidia di uno degli edifici eletto fra i più brutti al mondo, la Torre Velasca di Milano); il ponte del Tondo Gioeni, quello di Ognina ed il moderno palazzo delle Poste di Viale Africa, che forse scaturì dai postumi di un complicato incubo di uno studio che lo volle non collocato, bensì lanciato paradossalmente fra terra, cielo e mare. Lo stesso che un paio di settimane fa, si è ripresentato azzurro e tranquillo ad incresparsi sotto gli occhi straniti degli abitanti della zona. Quella brutta e malinconica tenda piena di patacche, definitivamente rimossa stava restituendo uno spettacolo bellissimo che non veniva replicato da quasi cinquant’anni.
Silvana Agosta, dal suo balcone di un palazzo nelle prossimità, è una di quei catanesi che increduli hanno assistito alla demolizione con lo stesso rispetto che si deve assumere ad una veglia funebre, ma consapevoli che il defunto fosse un cattivo elemento, finalmente tolto di mezzo. Ha scattato alcune foto dei passaggi intermedi fra “l’occupazione e la liberazione” e le ha mostrate alla redazione di MetroCt attraverso il figlio, il noto regista e fotografo catanese (nonché Presidente della Società Storica Catanese) Alfio D’Agata (nostra intervista pubblicata l’11 settembre 2019), esprimendo i suoi pensieri scanditi fra un click e l’altro…
<<Ho voluto fotografare alcuni momenti salienti della distruzione di quel “mostro” mostruoso mossa dalla felicità, quasi incredula, di vedere un sogno realizzato: per decenni ho avuto un edificio, cui sarebbe spettato l’oscar della bruttezza, davanti ai miei occhi ad oscurare il bel panorama del mare. Sono fermamente convinta che non si potrebbe costruire un edificio più brutto: un’offesa continua allo sguardo di chiunque…>>
<<Fermare i vari momenti della caduta è stato come fermare nei fotogrammi la mia gioia, culminata nella mattina nella quale ho potuto vedere il mare e le stupende ciminiere finalmente liberi! Si è rivelata anche una torretta di guerra che ha una sua valenza storica! Penso che anche il “gigante” ormai agonizzante da anni, abbia trovato pace nelle macerie, dopo decenni di violazioni, depredamenti di sue parti, atti vandalici, fino alla rovina totale ed essere ridotto ad un orripilante scheletro.>>
<<L’auspicio sarebbe che quel tratto di mare rimanesse libero, ad uso dei catanesi e di tutti quei turisti che presto (come ci auguriamo) torneranno, e che non venisse nuovamente violato dal cemento. Catania è piena di siti abbandonati (ad es. l’ex Provveditorato agli Studi in via Gabriele d’Annunzio) che potrebbero ben essere utilizzati per la “famosa” Cittadella giudiziaria; per non parlare di aree libere, lasciate alle sterpaglie, nella famigerata Città satellite, Librino, dove la presenza di una struttura giudiziaria sarebbe anche un bel “segnale” concreto di legalità.>>
<<Non sono l’unica ad auspicare che il tratto liberato dal “mostro” dell’ex Palazzo delle Poste rimanga libero e fruibile ai cittadini, tant’è che si sono formati anche comitati cittadini a tale scopo. Invito il Signor Sindaco a venire ad affacciarsi dalla mia terrazza per vedere egli stesso cosa rovinerebbe qualsiasi costruzione. Una cittadina che ama Catania ma soprattutto il mare.>>
La dott.ssa Silvana Agosta inizia la sua carriera come Assistente Sociale Adulti per poi passare ai Minori e segue oltre cinquecento casi. Successivamente ricopre diversi incarichi in posizione di funzionario durante trentacinque anni di servizio sociale nell’ambito giudiziario.
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