Durante il periodo di lockdown molte associazioni, tra cui Trame di Quartiere, gruppi e abitanti del quartiere San Berillo hanno dimostrato la forza e la volontà di mobilitarsi per offrire supporto e solidarietà a chi non riesce a fare la spesa o vive in condizioni critiche dal punto di vista abitativo e sociale. Questa solidarietà è stata accompagnata da comunicati, lettere relazioni stilate da Trame di Quartiere rivolti all’amministrazione pubblica della città di Catania con l’obiettivo di comprendere e chiedere interventi efficaci e condivisi sui temi dell’accesso alla casa, del sostegno al reddito e del, organizzazione dei servizi sociali attraverso la stipula di un patto di collaborazione sul modello adottato in diverse città. Nessuna risposta, nessun confronto, nessuna proposta di co-progettazione di interventi e di coinvolgimento pubblico.
Lo scorso 17 giugno con l’ordinanza n. 92 il Sindaco di Catania ha disposto lo sgombero dell’area tra Piazza della Repubblica, Piazza Grenoble e Via Teocrito per eliminare dalla vista l’insediamento abitativo informale ivi presente. L’ordinanza è stata preceduta da un interrogazione parlamentare della Senatrice Papatheu nei confronti della ministra dell’Interno nella quale si richiede sull’intero quartiere San Berillo un maggior dispiegamento di forze della sicurezza anche se nella stessa interrogazione già si ammette che “le forze dell’ordine sono intervenute in diverse occasioni, anche a seguito delle segnalazioni dei residenti, ma i numerosi problemi di quest’area non hanno mai trovato una soluzione risolutiva”.
Cosa è cambiato dopo 70 anni dall’operazione di sventramento del quartiere? Quali sono i problemi e le contraddizioni che la città vive nella quotidianità? Quali le responsabilità e le possibili soluzioni?
La risposta “normale” a cui ancora una volta assistiamo è la rimozione della presenza come strumento per fronteggiare e rispondere ad una situazione in cui viene compromessa una degna qualità della vita. Queste persone restano visibili allo sguardo decoroso, ma invisibili agli occhi della legge, in quanto spogliati di diritti e di qualunque riconoscimento a forme di abitare sicuro. Le vite non vengono considerate allo stesso modo, non tutte hanno lo stesso valore come ricorda Fassin ragionando sulla vita ineguale.
In che modo quindi è possibile agire e lavorare per rendere meno insicura la vita di queste persone?
Dopo anni di lavoro nel quartiere del vecchio San Berillo Trame di Quartiere afferma l’esigenza di costruire un percorso per ricostruire una dimensione abitativa, capace di rendere accessibili e funzionali le case e i palazzi abbondanti lasciati indenni dall’operazione di sventramento degli anni Cinquanta e oggi danneggiati dall’incuria e dall’abbandono. Il riuso degli immobili in costante decadenza rappresenta una soluzione concreta per supportare e abilitare le persone ad aspirare alla sicurezza abitativa, lavorativa e sociale. Il nesso è forte, e non appartiene soltanto alla storia. Come Associazione e oggi anche come Cooperativa di comunità, Trame di Quartiere lavora nel contesto di San Berillo con l’intenzione di rigenerare il tessuto urbano costruendo insieme ad abitanti, operatori, sex workers, migranti, cittadini interessati iniziative culturali, cantieri, servizi sociali e occasioni economiche. Le scelte politiche urbane che come in passato non leggono e analizzano le trame relazionali e sociale della città, costituiscono la causa di tanti problemi.
In questo contesto è problematica e pericolosa la scelta di intervenire con lo sgombero coatto dell’insediamento, senza alcun tipo di progetti sociali e urbani per affrontare quella che non è un’emergenza ma la perdurante normalità delle povertà e della diseguaglianza.
Trame di Quartiere invita i membri e i rappresentanti del comitato di residenti in Corso Sicilia ad un confronto pubblico con le organizzazioni e gli abitanti che nella quotidianità vivono e lavorano nel quartiere di San Berillo per cercare di oltrepassare una visione esclusivamente di alterità e diversità come pericolo da eliminare, ma piuttosto costruire un percorso di solidarietà e reciprocità. A tale invito si aggiunge la richiesta all’amministrazione comunale, al prefetto e agli altri organi che hanno ricevuto le lettere, le denunce di abitanti e associazioni del quartiere, di costruire un percorso di confronto sulle contraddizioni che questo quartiere vive nelle diseguaglianze sociali e nella marginalità spaziale, e anche di conoscere le scelte organizzative e gestionali dei fondi stanziati sul Pon metro destinati all’emergenza abitativa – in particolare i risultati concreti del bando sull’affidamento ricerca alloggi per sperimentazione dell’Housing First chiuso nel novembre 2019 e che prevede un importo di quasi €700.000.
Ancora tante domande esistenziali potrebbero aggiungersi. Come sta funzionando l’agenzia sociale della casa? Dove si trova la sede dell’agenzia Habito, prevista proprio in una struttura di proprietà pubblica del quartiere? Perché non esiste nessun tipo di percorso di collaborazione con le organizzazioni e gli abitanti del quartiere, attivi nel trovare soluzioni ai problemi?
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