Il 23 settembre di 185 anni fa muore Vincenzo Bellini. Pochi giorni dopo, all’inizio di ottobre 1835, Gaetano Donizetti compone una Messa da Requiem in memoria del suo ammirato collega/rivale. L’opera rimane incompiuta e dimenticata tra le carte del Conservatorio napoletano di San Pietro a Maiella. Eseguita per la prima volta nel 1870, è stata ascoltata rare volte a Catania. Pregevole, pertanto, la scelta della Direzione artistica del Teatro Massimo Bellini di proporla ieri sera, nel Piazzale delle Carrozze della Villa Bellini, nell’ambito delle annuali celebrazioni in onore del Cigno catanese (Bellini Renaissance).
Sul podio Alvise Casellati. Maestro del coro Luigi Petrozziello. Orchestra, coro, tecnici del Teatro Massimo Bellini. Le voci soliste, dotate di straordinarie capacità e meritata fama internazionale, erano quelle del soprano Manuela Cucuccio, tenore Alessandro Scotto Di Luzio, mezzosoprano Ketevan Kemoklidze, baritono Franco Vassallo (che spiccava su tutti), basso Alexey Birkus.
Spettacolo grandioso con la massa di artisti sul grande palcoscenico; e tutti protagonisti, giacché Donizetti non ha riservato ruolo secondario né al coro, né all’orchestra, né alle voci soliste in quest’opera che ha adesso anche valore simbolico, in considerazione del fatto che qualche mese fa è stata eseguita davanti al cimitero di Bergamo per ricordare le vittime del covid, presente il presidente della Repubblica, chiamato a rappresentare tutti gli italiani in una sorta di laica preghiera corale.
Nonostante la lunghezza della composizione (pur incompleta dura 70 minuti) la Messa da Requiem ha ben poco della monotona lamentazione funebre. Anzi, proprio il contrario! E’ gradevole all’ascolto. Piacevolissima per il pubblico, lo è anche per i musicisti che affrontano una partitura sempre in sviluppo, varia, con bellissime melodie di livello pari alle opere liriche donizettiane, con spunti armonici molto moderni e insospettabili in un’opera del 1835. Lieve anche la direzione del maestro Alvise Casellati. Al centro di tutta la composizione orchestrale vocale vi è l’Ingemisco tamquam reus (Comincio a gemere come un colpevole) con il dialogo tra violino e violoncello soli: i maestri Vito Imperato e Vadim Pavlov, in perfetta intesa, lo hanno reso emotivamente molto coinvolgente, mentre il tenore Alessandro Scotto Di Luzio ha saputo dare voce dolente al brano.
Ascoltandolo non si può non ricordare che Donizetti scrisse la sua composizione sacra all’esordio dell’epidemia di “cholera morbus asiastico”, che fece molte vittime in Europa: come sta accadendo adesso con il coronavirus, Brescia e Bergamo furono nel 1836 le province più colpite dal colera, che in Sicilia arrivò nel 1837: e fu una ecatombe. Ma i parallelismi non finiscono qui e molto si potrebbe scrivere sulle traslazioni dei corpi di Donizetti e di Bellini, avvenute rispettivamente nel 1875 a Bergamo e nel 1876 a Catania, in monumenti funebri posti all’interno di edifici sacri, con il compositore Alessandro Ninni a fare da ponte, per ragioni che è troppo lungo qui chiarire, tra Bergamo e Catania, due città adesso abbinate anche dalla presenza di Fabrizio Maria Carminati nella città etnea in veste di direttore artistico del TMB.
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