Avanti Veloce, della necessità (o dell’ inutilità) del Teatro, direzione creativa di Silvio Laviano, foto, riprese e montaggio di Giovanna Mangiù, luci curate da Gaetano Mela, direttore di scena, Armando Sciuto, consulenza, scene e costumi di Vincenzo Mendola. Produzione Teatro Stabile di Catania.
Esperimento di surrogato, pensato e progettato da Silvio Laviano durante i mesi bui della chiusura: cinque storie brevi, punti di osservazione diversi di uno stesso ambiente, scritte da cinque autori siciliani, Tino Caspanello, Rosario Palazzolo, Rosario Lisma, Luana Rondinelli, Lina Prosa ed interpretate da cinque attori siciliani, lo stesso Laviano, Barbara Giordano, Alessandra Barbagallo, Egle Doria e Giovanni Arezzo.
Un progetto video e non una ripresa video; pensato affinché il Teatro venisse messo alla sbarra degli imputati e costretto ad esporre le ragioni della sua esistenza in vita! Necessario? Utile? e a chi? ..”No, io non lo so che cosa mi è successo: è stato come quando va via la luce…tac e poi il buio, ma buio buio”.
Dopo aver goduto di qualche sporadica ora d’aria estiva, è stato ricacciato in fondo ad un isolamento severo ed ingiustificato, colpevole di aver fatto registrare dal 15 giugno al 10 ottobre, per 2.782 spettacoli, su 347.262 spettatori, solo UN contagiato. Processato per direttissima, condannato a nove mesi (sino ad ora) di reclusione nel senso letterale del termine ed intorno ad esso, in una spirale vertiginosa, risucchiati tutti gli operatori del mondo dello spettacolo…senza paga, senza giornate, senza contratti. E se i teatri pubblici ad ampia accoglienza possono annaspare, seppure con un potenziale ridotto di un terzo, quelli piccoli, tenuti in vita dalla volontà e dai sacrifici di piccole associazioni di artisti con idee geniali, non si comprende come possano andare avanti… Avanti Veloce….alternativa, alternativa, alternativa…
Silvio Laviano, dal 9 Marzo in poi, cerca di sfruttare il troppo tempo a disposizione durante l’emergenza sanitaria, riflettendo davvero con la coscienza di chi ha subito un torto ingiusto: invita ed incoraggia i colleghi a non piangersi addosso, a cercare di fuggire la tentazione di farsi sopraffare dallo sconforto. E parte da ciò che un attore sa fare: creare emozioni, costruire storie laddove una storia non c’è, inventare personaggi laddove non c’ è nessuno, montare scene fantastiche laddove esistono solo pavimenti nudi e pareti mute; l’istante che non va perduto fosse esso denso di errori, sarebbe sempre parte di una grammatica perfetta scritta da secoli su milioni di pagine declamate in innumerevoli modi.
L’ideatore del progetto ci porta ad immaginare un mondo senza teatro perché improvvisamente definito inutile, non necessario e ci fa riflettere svuotando l’azione dalla forzatura, su chi ne soffre o ne rimane indifferente, se davvero si rimane estranei. Silvio Laviano non cerca consensi plebiscitari e non lancia referendum; semplicemente scopre il fianco ferito di un gigante in ginocchio con le mani legate e chiede a se stesso e al pubblico, attraverso le parole di Rosario Palazzolo, “Cosa saresti disposto a fare tu per il teatro? E qualifica la dignità di questo corpo dilaniato dando voce a chi e cosa il teatro lo vive, da dietro le quinte, fra le funi delle scene, dagli angoli nascosti delle poltrone, dalle poltrone parlando da maschera senza lavoro ai miti intrappolati in un teatro vuoto; all’attore che rincorre se stesso turbato e sgomento, cercandosi in uno specchio e da quello che ha accettato incidenti e fallimenti, procedendo e mettendo toppe…
<<Cinque autori per cinque attori in cinque minuti. Cinque monologhi scritti da 5 drammaturghi siciliani e interpretati da altrettanti attori siciliani. Cinque creazioni drammaturgiche originali che si interrogano sul valore del teatro, sulla sua necessità. Il Teatro è “cosa” essenziale e bene comune in una società sana? Ci interroghiamo sull’essenza e sulla sua assenza. Vogliamo ripartire meglio e in modo ancora più virtuoso? Ecco è necessario scrivere un tempo nuovo dove l’attore, la parola e il palcoscenico, spiati da un occhio digitale, diventeranno mezzi virtuosi per creare nuovo valore. Il teatro è dialogo, catarsi, luogo delle domande, spazio per nuovi interrogativi.>>
A Me Stesso, interpretato da Silvio Laviano, scritto da Rosario Palazzolo….” È una promessa, per l’appunto a me stesso, e anche un monito. A me stesso, in effetti, è un lampo, e una deflagrazione, e il tema è il tema dell’inutilità del teatro, oggi e dell’arte e della scrittura e di tutte quelle abilità del pensiero che hanno a che fare con la creazione, e certamente, in quanto lampo, seppure deflagrato, pone solo le basi per un’analisi più minuziosa; e insomma questa prima scheggia è un’accusa a quegli artisti che hanno smesso di fallire, a quegli artisti che hanno posto le basi per una lunga e prosperosa carriera, a quegli artisti che hanno imparato la loro voce d’artisti e propendono per la reiterazione, a quegli artisti e soprattutto a me stesso. Un uomo anzi un attore, solo in un chissà dove teatrale prima del teatro dice cose che ogni attore anzi ogni uomo dovrebbe dire a se stesso prima di qualunque dichiarazione d’intenti o promessa o espressione di fede. Ossia, che bisognerebbe un’analisi seria, prima di qualunque atto creativo, su ciò che abbiamo da dire, che è necessario dire, sugli strumenti che abbiamo per dire, e su ciò che gli altri vorrebbero sentirsi dire; e infine: dire, sempre che rimanga qualcosa da dire”.
Lo Specchio, interpretato da Barbara Giordano e scritto da Rosario Lisma….”Proviamo a immaginare un mondo senza specchi. Come faremmo a sapere come siamo fatti, come siamo diventati? Forse solo attraverso gli occhi degli altri. E soprattutto attraverso le loro parole che ci racconterebbero di noi. Il teatro questo fa: ci racconta di noi e della nostra esistenza attraverso le parole e le azioni di chi ci appare davanti dopo il buio. I personaggi non sono altro che gli spettatori riflessi nello specchio. Lo specchio ci riflette e fa riflettere. Per sapere come stiamo. E provare a stare meglio”….
“Lo decidiamo noi il posto che ci spetta!”
Mattula, interpretato da Alessandra Barbagallo escritto da Luana Rondinelli;...”Sapendo di avere Alessandra, mi sono spinta oltre con la fantasia e lei è diventata esattamente Mattula, che dalle mie parti (Trapani) è il batuffolino di polvere che si forma quando non pulisci dopo tanto tempo. Era nei miei pensieri da un po’, così mi sono immaginata che nascendo e vivendo fra le cose del teatro, Mattula ha assistito a tutti i lavori, godendo dei rumorii e dei movimenti dell’ambiente. Ma, ad un certo punto cala il silenzio, qualcuno scrive “annullato” sull’ultimo cartellone affisso e lui comincia a parlare chiamando per nome tutti personaggi cari alla sua memoria. E lui è innamorato, innamorato di quell’attrice nel cui camerino era riuscito un giorno a rotolare risalendo sulle sue calze, la stessa che adesso tristemente si adagia e bacia le tavole del palcoscenico. Mattula, la rassicura dicendole “ci saranno giorni felici”. Ed è l’augurio più grande che faccio a me stessa e ai colleghi perchè abbiamo bisogno di sperare, di vivere il teatro a 360°, per donare. Mattula, piccolo eroe silenzioso, ci ricorda che tutto dentro al Teatro ha una sua magia”.
Buio interpretato da Egle Doria e scritto da Tino Caspanello… “Il testo nasce in occasione del progetto Avanti veloce, sulla necessità o inutilità del teatro. Ho lavorato su una metafora, la donna è metafora di una società ammalata, che ha perso contatto con il sé, con lo spazio/tempo, e quando un corto circuito la fa andare in tilt, ha bisogno di fuggire, scappare da sé, trovare un rifugio. Il teatro può fare al caso nostro….”
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