La maggioranza parlamentare (quasi) plebiscitaria a favore di Mario Draghi, il commissario governativo inviato direttamente da Bruxelles, è un segnale di pesante involuzione della vita democratica nel sistema Italia.
Le forze politiche italiane si sono rapidamente piegate al sistema economico-finanziario-imperialista imposto dall’UE e ai dettami di come andranno spese le risorse del Recovery Fund e di come dovranno essere realizzate le riforme (giustizia, fisco, pensioni, ecc.) a cui è vincolato l’invio di quelle risorse.
Mentre la crisi pandemica è tutt’altro che risolta e la campagna dei vaccini viene subordinata agli interessi delle aziende farmaceutiche, il governo Draghi si prepara a gestire la crisi economica facendola pagare pesantemente a milioni di lavoratrici e lavoratori e si prepara a usare la crisi per avviare una profonda ristrutturazione del nostro apparato economico, avendo a cuore gli interessi delle grandi imprese europee e del sistema bancario e finanziario continentale.
Di fronte a noi ci sono milioni di licenziamenti, migliaia di sfratti e pignoramenti esecutivi per morosità non colpevole, una rivisitazione al ribasso del Reddito di Cittadinanza e del sistema degli ammortizzatori sociali, un’ulteriore stretta al diritto di sciopero e alle libertà sindacali, un aumento dello sfruttamento nei settori produttivi, l’asservimento completo della Pubblica Amministrazione
alle necessità delle imprese, a scapito di ciò che rimane dello stato sociale, ed una più ampia estensione della precarietà e della decontrattualizzazione.
E tutto ciò accade in un contesto storico dove le forze che dovevano rappresentare gli interessi delle classi popolari si sono liquefatte o hanno cambiato pelle, e dove CGIL CISL UIL
si sono definitivamente trasformati in ALLEATI DI CONFINDUSTRIA, stampelle del sistema del profitto, nemici di classe.
Ora è evidente
che si apre uno spazio sociale ed anche politico di enormi dimensioni. Vasti settori della società non sono più rappresentati e vivono con preoccupazione l’avvicinarsi di una crisi di proporzioni ancora più drammatiche. Queste persone, lavoratrici e lavoratori dipendenti e autonomi, precari, disoccupati, migranti, giovani, pensionati, ecc. hanno bisogno di proposte politiche, sociali ed organizzative all’altezza della situazione che ci troviamo a vivere.
Non si tratta di realizzare solo una manifestazione o di indire uno sciopero, ma di darsi un orizzonte più ampio e di farlo con tutte e tutti coloro che hanno voglia, senso di responsabilità e innanzitutto coscienza di classe per misurarsi con questa sfida.
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