Quando si parla di mafia, in genere, si parla di cronaca (nera, in gergo giornalistico) e non è facile parlarne dalle tavole di un palcoscenico. S’è fatto talvolta, non spesso.
Ci siamo chiesti sempre il perché d’un Teatro che rinuncia troppo spesso ad essere “Civile” in terra di Sicilia: abbiamo le nostre risposte ma le teniamo per noi perché non sono lusinghiere, per nessuno; e poi non è per questo che siamo qui a conversare.
L’altra sera a cura del Centro teatrale Fabbricateatro, nel Giardino Pippo Fava a Catania – dopo tanto tempo – abbiamo assistito a un toccante esempio di Teatro Civile grazie alla sensibilità e all’inventiva di Cinzia Caminiti, attrice, cantante, drammaturga che dagli anni ’80 calca le scene di Sicilia con sempre maggiore successo.
Per l’occasione, ha scritto, diretto e interpretato: “Libere, donne contro la mafia” protagoniste sulla scena assieme a lei Barbara Cracchiolo, Simona Gualtieri e Sabrina Tellico.
Quattro donne, otto, sedici donne e forse anche più, vittime di quella “montagna di merda” che è la mafia.
C’erano le morte e le vive, c’erano tutte a parlare, a raccontarci l’immonda bestia che ha tolto loro e la gioia di vivere.
Abbiamo incontrato la regista prima dello spettacole e le abbiamo chiesto chi sono queste donne e lei ci ha preso felicemente alla lettera: “Io interpreto Francesca Serio madre del sindacalista Salvatore Carnevale e Felicia Bartolotta madre di Peppino Impastato. Barbara Cracchiolo interpreta la moglie del colonnello dei carabinieri Emanuele Basile e Rosaria Costa moglie di un giovane uomo della scorta di Falcone, Vito Schifani; Sabrina Tellico interpreta Concetta Gravina cugina della ragazzina di Villafranca Tirrena uccisa per aver trovato un documento falso nella camicia da smacchiare e Piera Aiello, collaboratrice di giustizia, oggi parlamentare, cognata di Rita Atria anche lei collaboratrice e sotto protezione morta suicida dopo l’attentato di via D’Amelio.
Simona Gualtieri interpreta Daniela Ficarra fidanzata di Enzo Brusca che racconta la confessione da parte di uno degli esecutori dell’assassinio atroce del piccolo Di Matteo sciolto nell’acido; infine Katya Russo è la collega di Peppino Impastato speaker a Radio Aut, l’unica radio che denunciava la mafia e i mafiosi del piccolo paese della provincia di Palermo, Cinisi, terrorizzato da Gaetano Badalamenti.
L’ultima poesia recitata nel finale da tutte noi “ai morti da Mafia” è stata scritta da Michela Buscemi, una palermitana alla quale hanno ucciso due fratelli e che si è costituita parte civile al maxi processo . La poesia è dedicata al giudice Livatino.
Tutte donne coraggiose, libere che non si sono piegate alla logica della mafia. Le ho voluto raccontare perché credo fortemente nella funzione sociale del teatro”.
E già, la tremenda forza del teatro civile da Bertold Brecht a Pippo Fava … a Cinzia Caminiti.
Il Teatro è componente essenziale dello sforzo paideutico dell’arte della parola ed ha un ruolo centrale nella costruzione dell’identità collettiva.
Se il teatro non si fa interprete del sentimento della comunità del grido unanime di chi subisce emarginazione e violenza, naviga in una dimensione illusoria che ne snatura la funzione.
Cinzia e chi l’ha collaborata hanno creato, di fatto, uno spazio d’incontro e di condivisione aperto all’esterno, nutriti dalle proiezioni, dai desideri, dalle aspettative della società presente.
Hanno fatto della relazione con lo spettatore la propria cifra ontologica.
Il teatro esiste nell’avverarsi di un incontro fra soggetti, fra chi agisce (actor) e chi assiste a questa azione (spectator). Così è stato.
Uno spettacolo fortemente simbolico, fatto di parole e di segni in cui traspare, il dolore, la rabbia, il pianto, la ragione e la follia di chi pretende Giustizia e non la trova.
Uno spettacolo intriso di amarezza e che conduce lo spettatore verso un orizzonte di speranza attraverso la visione di chi vuole a tutti i costi che la propria morte, il proprio dolore serva a qualcosa: a sconfiggere la mafia!
E’ l’unica salvezza; l’unica consolazione che resta a queste donne: Una Salus Victis!, nel tentativo di sfuggire all’atroce destino delle “Fronde dei salici” ove le nostre cetre “oscillavano lievi al triste vento” nell’immortale lezione di un grande siciliano, Salvatore Quasimodo.
Si, anche il teatro di Cinzia Caminiti mette il suo piccolo mattone per la costruzione dello sviluppo etico e spirituale che è dovere tipico delle persone “civilizzate”; e – come siciliani, come catanesi – ne siamo orgogliosi.
I meritati applausi hanno raggiunto le quattro protagoniste e anche la giovane aiuto regista Nicoletta Nicotra.
Lo spettacolo va in replica fino all’otto Agosto. Lo consigliamo ai nostri lettori.
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