“Nati in Bianco e Nero” è una brioso sommario di siparietti andati in onda in televisione negli anni del bianco e nero e non solo, traslati dall’avanspettacolo ai programmi del sabato sera e della domenica pomeriggio.
Lo spettacolo in due atti, è stato scritto da Emanuele Puglia e da questi interpretato insieme a Cosimo Coltraro. La regia è curata da Angel Perricet, l’impianto scenico da Vincenzo La Mendola; accompagnamento musicale alla fisarmonica del maestro Anselmo Petrosino; costumi delle Sorelle Rinaldi; voce fuori campo e assistente alla regia Luca Micci. Foto di Gianluigi Giallo Caruso.
Reduce dall’ennesima replica del successo diretto da Federico Magnano di San Lio, “Alba del Terzo millennio”, la coppia Coltraro-Puglia torna in teatro con un lavoro che sarebbe errato definire come un “amarcord black&white“, bensì come una iniziativa generosa verso un passato che non va archiviato, un atto di riconoscenza nei confronti delle eccellenti coppie di attori che li hanno preceduti, pionieri di un genere nato per necessità ed anticipatori di idee che ancora oggi meritano di essere sviluppate.
L’avanspettacolo dagli anni ’30 agli anni ’50 era, in un teatro convertito in cinema, lo spazio di tempo (breve, ahimé) che doveva essere colmato prima dell’inizio del film; per le compagnie del varietà e della rivista era fondamentale, per essere notati e non fischiati, scrivere pezzi brevi ma che lasciassero una traccia nello spettatore magari distratto dall’attesa della proiezione. Insomma, tempi difficili anche per l’esiguità dei mezzi economici, ma durante i quali “obtorto collo” vennero scritti sketch celebri, rielaborati e mai accantonati che hanno creato locuzioni famose, modi di dire divenuti tipici, senza l’ausilio del turpiloquio. Anche quando, nascendo la Televisione, essi diventarono siparietti attesissimi da grandi e piccini, nell’ambito di trasmissioni quali L’amico del Giaguaro, Campanile sera, Settevoci, Sabato sera, Canzonissima, Tante scuse, Di nuovo tante scuse, Milleluci, Quelli della domenica; contenitori, questi, che davano spazio e nuove occasioni ad attori presi in prestito dal teatro, dunque preparati ad improvvisare derogando rispetto al copione.
Emanuele Puglia e Cosimo Coltraro operano un travaso al contrario portando al teatro la televisione, quella che conoscono bene, quella dei tempi in cui non esisteva la moltitudine di canali, l’offerta televisiva veniva gestita da pochi e bisognava saper recitare, cantare, ballare, suonare qualche strumento, saper fare le imitazioni; l’artista aveva un ruolo impegnativo, qualunque tempo dovesse trascorrere in scena. I testi erano curati, anche quelli brevi, anche quelli scritti per far ridere presupponevano una cultura. E a questo, innanzitutto fanno riferimento i due attori: essi desiderano far riscoprire Il lato umano dello spettacolo, quando la tv aveva un orario in cui andare in onda, una sigla che ce lo ricordava, l’intermezzo con i paesaggi rurali d’Italia e certamente non si rischiavano l’effetto marmellata, la dipendenza da monitor e la discontinuità del sonno.
Cosimo Coltraro ed Emanuele Puglia, con carriere sia in comune che da solisti ben rodate, schiacciano l’occhiolino a Ric e Gian, Stanlio ed Ollio, Franco e Ciccio, Cochi e Renato, Walter Chiari e Carlo Campanini, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, purtuttavia rimanendo se stessi, duo assolutamente autentico e ben assortito! Oltre alla notevole bravura, essi portano in scena aspetti, qualità e caratteristiche personali che davvero appartengono loro nella vita ed il risultato è verificato nelle scenette più brillanti delle coppie di comici prima accennati e dalle vibrazioni che raggiungono lo spettatore. I loro volti plastici tracciano con lo sguardo ogni battuta, la conoscenza dei tempi cominci da organizzare, trattandosi di diversi numeri e non di uno soltanto, sono plausibili e ben gestiti. La loro trasformazione è costante e magica e con essi si trasforma anche il pubblico che via via ricorda, caccia per un istante pensieri tossici e si riappropria della gioia di godere delle battute, dei loro siparietti, dei coloriti confronti che in un attimo li trasformano in Walter Matthau e Jack Lemmon della Strana Coppia.
“Nati in Bianco e Nero” è un omaggio non solo al passato, bensì al valore inestinguibile di esso, quando c’era il tempo di ragionare e concentrarsi sulle cose…
Cambi d’abito, di trucco, di modulazioni vocali, di gesticolazione pertinente ogni personaggio portato in scena, tutto ci spiega solo una grande verità: che la bravura nell’ideare, scrivere ed interpretare quei numeri è un fatto ineludibile non legato ai tempi che cambiano, bensì alle capacità professionali degli artisti che vi si cimentano. Se tutto fosse solo legato al passato, non si comprenderebbe, ad esempio, come mai ancora continuano ad essere rappresentate le tragedie greche! Questo lavoro, ispirato ad un tempo trascorso, dovrebbe essere proposto ai bambini che riderebbero di gusto perché si rispecchierebbero esattamente nei due comici che alternano la farsa al grottesco.
L’accompagnamento musicale prodotto dal maestro Anselmo Petrosino è garbato e piacevole, affatto chiassoso e sovrastante e non è raro che l’occhio proceda dal palcoscenico all’improvvisata cavea per seguirlo con riscoperto piacere. Vincenzo La Mendola per la scenografia ha scelto coordinate semplici, rendendo lo spazio cubico a disposizione quasi fosse una TV dell’era del tubo catodico e dei transistor e la variazione cromatica mutando dai grigi ai colori, quasi a rappresentare il passaggio dal bianco e nero; locandine come sipari nel sipario, e ricordi personali a cui gli attori sono affezionati. Lo stesso stile e la medesima idea cromatica li ritroviamo negli abiti curati in ogni dettaglio classico, a ribadire l’attenzione delle Sorelle Rinaldi nel disegno e scelta dei costumi che costituiscono valore aggiunto ed elemento di accresciuta ricchezza stilistica per il lavoro.
Questo lavoro è come una sorta di cilindro magico dal quale vengono fuori molteplici emozioni che gli attori e gli spettatori vivono in maniera assai simile; ovvero, la consapevolezza che il nuovo non significa meglio, che lo spettacolo fatto in tv, in teatro, al cinema è spettacolo, e non ha una età databile, perché è sempre giovane ed attuale e chi avrà occhio e cuore per vedere e sentire, a prescindere da quando un lavoro sia stato scritto, trovi nella sua messa in scena valori e connotazioni storiche somiglianti ed intramontabili.
Emanule Puglia e Cosimo Coltraro hanno il coraggio di portare in scena uno spettacolo di cui credo si sentono narratori ed attori allo stesso tempo, umilmente assecondando il rifiuto verso il pessimismo, ma palesemente preoccupati dai “mala tempora” che soprattutto il mondo della cultura sta attraversando. Ma da ciò, con energia, recuperano il senso di questo lavoro nutrendolo dei significati più importanti: che è importantissimo sorridere e far sorridere, malgrado tutto, e che per un attore andare in scena è la vita stessa e che le persone, se frequentano i luoghi deputati all’arte, un po’ la vita se la possono cambiare.
Fra ieri ed oggi, si avvertono differenze? Poche e non gratificanti i tempi attuali: l’Italia in bianco e nero era quella del boom economico (non dappertutto) che si stava rialzando dalle macerie lasciate dalla guerra e che metteva in campo i suoi talenti. Non siamo in un post bellico, bensì nel pieno di una pandemia la cui durata sembra essere assai simile a quella delle due guerre mondiali. Inoltre, gli aspetti psicologici stanno generando degli elaborati su cui i posteri avranno da rilanciare: dalla voglia di sconfiggere il male, in meno di un anno siamo passati dal concerto in balcone alla chiusura di porte e finestre in una sorta di autoproclamato lockdown. Ed è un vero peccato: innanzitutto perché la vita è confronto, quindi crescita e ricchezza e stando chiusi in casa, non andando in giro nei luoghi sicuri, perdiamo l’occasione di ascoltare e vedere tanti bei lavori, sia in teatro che al cinema, luoghi da sempre assai più efficaci ed edificanti per l’anima di qualsivoglia ansiolitico.
“Nati in Bianco e Nero” ha esordito al Teatro Brancati a Catania il 13 gennaio; replicato sino a domenica 16, sarà rappresentato a Modica il 29 e 30 gennaio, per poi tornare al Brancati dall’1 al 6 febbraio. Il 26 ed il 27 febbraio verrà messo in scena a Santa Teresa di Riva.
….Guardo gli asini che volano nel ciel ma le papere sulle nuvole si divertono a fare i cigni nel ruscel… du du du du du….
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