Gli effetti della guerra che si svolge alle nostre porte,che ha preso una svolta drammaticamente spaventosa, ci mostra anche la fine della globalizzazione finanziaria, economica ma sopratutto alimentare. Per anni ci siamo cullati, in modo particolare in Italia, che i mercati mondiali potessero interscambiare le economie senza pagarne lo scotto.
Senza andare lontano appena le navi Russe hanno bloccato centinaia di navi cargo che trasportavano cereali Ucrainici oppure la Russia come ritorsione ha bloccato la vendita del suo grano, magicamente in Italia ci siamo accorti che non siamo più autosufficienti nella produzione di cereali. Ecco alcuni dati: importiamo il 50% di mais per il consumo animale, il 35% di grano duro per la pasta, addirittura il 65% di grano tenero per il pane e i prodotti da forno.
Questo perché, negl’ultimi ventanni in Italia sono stati abbandonati 3 milioni di ettari di terra coltivabile su circa 12 milioni.
Si è preferito acquistare mais e grano dall’Ungheria e Ucraina perché costano di meno, lasciando languire i nostri agricoltori che vedevano di anno in anno erodere i loro guadagni, permettendo che un agricoltore su cinque lasciasse incolto il proprio campo, anche perché incentivato in tal senso dallo Stato e dalla CEE.
I veri colpevoli però sono le grosse industrie che per puro guadagno preferiscono importare dall’estero, anche cereali trattati chimicamente, anziché garantirsi un’approvvigionamento nazionale.
Ora però con il blocco della vendita dei cereali Russi e Ucrainici, i quali da soli rappresentano, poco più di un terzo della produzione mondiale produzione che difficilmente alla fine della guerra potrà raggiungere i volumi precedenti, si cerca di correre ai ripari, mettendo in produzione circa 200 mila ettari di terreni che la comunità europea ci fece mettere a riposo ( indennizzando i proprietari).
Mettendo in produzione anche i terreni abbandonati si poterebbe arrivare a un milione di ettari, riuscendo a produrre fino a 75 milioni di tonnellate di cereali in pratica si raggiungerebbe l’autosufficenza .
Fondamentale però è la filiera, i pastifici ad esempio che deve venire incontro, acquistando grano Italiano a prezzo giusto, fondamentale deve essere anche lo Stato il quale deve abbassare le tasse sulla produzione, e sul costo del lavoro.
Ma abbiamo un problema di fondo l’agricoltura non è una macchina situata dentro un capannone dove basta spingere un bottone e si parte, per mettere in produzione i terrei incolti e abbandonati prima si debbono convincere i proprietari, poi lavorarli e con il costo dei carburanti non è facile trovare i fondi per fare muovere i trattori,che nel pieno del boom del costo della benzina per fare muovere un trattore per una giornata di 8 ore ci voleva tra 400 a 500 € di nafta al giorno, improponibile, ma i concimi ? altro problema concimi e fertilizzanti provengono dalla Russia perché siamo riusciti a distruggere la nostra industria chimica di settore quindi dato il blocco per la guerra non si può concimare se non a prezzi proibitivi. La soluzione c’è produrre in maniera massiccia fertilizzanti da fonti organiche ma ripeto ci vuole tempo,denaro e volontà per cambiare la politica agricolo Italiana. Nel frattempo?andiamo a Lourdes
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