Nel cuore di Catania, ricavato nell’androne di un palazzo, esiste uno spazio culturale dove ogni cosa può accadere: ogni storia, ogni sentimento, ogni favola antica e moderna rappresentati. Sembra una sorta di luogo incantato che ferma e trasforma il tempo non appena superata la soglia del portone d’ingresso; lo spettatore entra con i suoi abiti e ne assume altri, assimilando ogni magia venga da lì a poco realizzata sul palcoscenico, cubo perfetto visibile dalla platea a gradoni che scivola verso di esso.
L’associazione Casa di Creta – Argentum Potabile di Antonella Caldarella e Steve Cable lo ha costruito e lo gestisce, portando a teatro lavori a diversa vocazione e sempre di consistente connotazione culturale, unitamente ad un pubblico anagraficamente variegato, spesso coinvolto nei laboratori relativi dedicati a grandi e piccini.
MetroCt si è occupata già di loro, pubblicando una interessante intervista all’attrice Antonella Caldarella (11 Aprile 2019, “Antonella Caldarella, stupire con semplicità”) in occasione della messa in scena di “Madri di guerra”, da lei stessa scritto e rappresentato insieme alla collega palermitana Valeria La Bua e dedicata a Maria Grazia Cutuli, l’ indimenticabile giornalista catanese vittima a trentanove anni di un attentato in Afghanistan. La vicenda narrata in modalità onirica e l’interpretazione di entrambe le co-protagoniste ancora generano nel ricordo una emozione vibrante di eco straordinaria.
Dopo la chiusura forzata che ha relegato in un cantuccio ogni forma di cultura, la coppia Cable-Caldarella (alla quale nel frattempo si è unito il figlio Andrea che compone le musiche per alcuni lavori scritti dai genitori), non senza difficoltà hanno riavviato la macchina, riaprendo ai laboratori e alle iniziative che recano sempre le caratteristiche fondanti il loro pensiero: le radici del teatro.
Una di queste ha davvero lasciato sbigottiti gli spettatori, credo come la sottoscritta, poco in confidenza col genere: ed è l’opera “Oscae Personae” di antichissimi natali, tanto da destare maggiore curiosità. Essa affonda le proprie origini nell’Italia meridionale, nel VI secolo a.C., epoca pre-romana che riuniva un certo numero di popoli italici ed aveva derivazioni indo-europee. Le Atellane, dunque furono delle brevi farse allestite e recitate, spesso in forma di improvvisazione, da giovani compagnie di attori – che oggi definiremmo “teatro d’avanguardia”, di “sperimentazione”-, itineranti e che si esibivano laddove ci fosse un pubblico sempre disposto a divertirsi. Gli argomenti, licenziosi ed espressi in rima ma in modo abbastanza esplicito, venivano rifuggiti dagli attori più anziani impegnati nei classici, ma risultavano adatti alle maschere portate in scena, spesso ricorrenti in ogni segmento farsesco, interpretate da giovani e bravi attori più scanzonati e in vena di provocazioni, desiderosi comunque di raccontare la verità oltre l’apparenza.
Come ci spiega la regista, Roberta Sandias “La Fabula Atellana era breve farsa con una trama comica, tipica del territorio campano e, nella maggior parte dei casi le parti erano improvvisate o su canovaccio. Quattro sono le maschere in scena: Maccus, Pappus, Bucco e Dossenus, e successivamente aggiunta la figura femminile di Frigia. Le meravigliose maschere sono state realizzate dal compianto Maestro Giancarlo Santelli. L’unico rammarico è che non potremo avere altre maschere per altre ipotesi di messa in scena“.
La compagnia composta da Luigi Savinelli, Marcello Manzella, Maurizio Azzurro, Roberta Sandlas, Giulia Navazza e Giovanni D’Ancicco (musicista degli strumenti musicali dell’epoca) è qualificata e dotata di una capacità espressiva e mimica che davvero ci riportano alle radici della commedia dell’arte, in cui lo studio del corpo e della gestualità erano elementi recitativi determinanti, quasi clowneschi, anticipatori dei mimi. Recitano in rima, inframmezzando di locuzioni latine il loro narrare vicende brevi in cui equivoco e paradosso sono valori di sviluppo che dopo l’apice raggiunge una fine che non è né lieta né spiacevole, ma una capitolazione.
Bravissimi questi giovani, un piacere osservarli e ricredersi sulla definizione di “attore bravo”, spesa oggi molto facilmente: le loro interpretazioni sono davvero memorabili. Sebbene non tutti si possa conoscere la storia che dalla Campania li ha portati sino a noi, grazie alla curiosità di Steve ed Antonella, è agevole per qualsiasi spettatore, anche il più disincantato, potersi fare trascinare ed esprimere col più meritato e rumoroso degli applausi l’apprezzamento che questo movimento culturale ed attoriale merita a pieno titolo, non soltanto per le professionalità coinvolte, anche per la volontà di strappare dall’oblio le nostre “Roots”, le nostre “Radici” .
OSCAE PERSONAE, Compagnia campana ‘La mansarda Teatro dell’Orco’.: seconda rappresentazione della rassegna di teatro contemporaneo “Rigenerazioni”.
Progetto teatrale realizzato in collaborazione con il Centro studi della tradizione sulla maschera teatrale in Campania, la regia è a cura di Roberta Sandias e la messa in scena è firmata da Maurizio Azzurro.
Punto di partenza dello spettacolo è il progetto “Maccus in Fabula” che espone in forma di conversazione la summa del percorso svolto intorno ad un’ipotesi di messa in scena della Fabula Atellana.
Drammaturgia: Roberta Sandias
Messa in Scena: Maurizio Azzurro
Maschere: Giancarlo Santelli
Musiche: Giovanni D’Ancicco
Scene: Francesco Felaco
Consulenza: Comitato scientifico Ce.St. At. ( Centro Studi Atellana)
Diretto dal professore Renato Raffaelli
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