“Per fortuna è una notte di luna“, scritta da Gianni Clementi, autore romano classe 1956, (noto in tutto il mondo perché le sue commedie sono state tradotte in molte lingue), è stata adattata dal regista Nicasio Anzelmo all’ambiente catanese nel prolungamento del secondo dopoguerra. Già nella stagione 2012/2013 il Teatro Brancati di Catania aveva prodotto un’altra commedia dello stesso autore, “Il cappello di carta”, facendone una versione in lingua siciliana.
Lo spettacolo è prodotto dal Teatro della Città; scene di Vincenzo la Mendola; costumi a cura delle Sorelle Rinaldi; acconciature e trucco, Alfredo Danese; luci di Antonio Licciardello.
Le foto sono di Dino Stornello.
21 luglio 1969, alle h. 20,17 Tito Stagno annuncia a tutti gli italiani che Neil Amstrong “ha toccato”. Apollo 11, partita dal Kennedy Space Center cinque giorni prima, alluna sul Mare della Tranquillità. Nell’attesa che l’evento si compia, la famiglia Palmieri, numerosa e variegata, proprietaria di tre appartamenti in una palazzina sulla cui terrazza sta edificando una veranda abusiva, riunita si prepara a trascorrere insieme la grande serata. Ma nei loro cuori non alberga affatto la tranquillità: solo la signora Olga nutre la speranza materna che quell’evento straordinario, unico ed incredibile, possa aiutare a ricreare un’atmosfera di tolleranza ed affetto.
Il muratore Agostino, al soldo del capofamiglia Achille, si affretta a completare i lavori e canta “Rose rosse” imitando assai bene Massimo Ranieri. Suo malgrado, si troverà ad assistere a liti burrascose, agitatati battibecchi e tentativi di suicidio; dal rumore prodotto dal suo martello s’innesca tutto un processo di cause ed effetti a cui a filo doppio s’intrecceranno le vite dei protagonisti. Dal 1969 al 1993, essi subiranno processi di trasformazione, li causeranno, si spingeranno oltre nella vita attraversando momenti storici di tremendo dolore. Verranno combinati insieme superficialità e distacco e quella che era stata una famiglia inclusiva verrà smembrata senza prestare memoria e considerazione ai ruoli.
La storia ricca di personaggi da agio a ciascun attore di comporre e sviluppare i caratteri nell’intera economia narrativa: tutti ruoli alla pari interpretati da volti noti del teatro siciliano e assai cari al pubblico catanese: Filippo Brazzaventre nei panni del capofamiglia Achille Palmieri, commerciante all’ingrosso di sanitari; Debora Bernardi in quelli della moglie Olga; Alessandro Idonea che interpreta il ragionier Mario Palmieri (detto Saccoccione); Lucia Portale nei panni di Immacolata, moglie di Mario; Giovanna Mangiù nel ruolo di Marina Palmieri, figlia adottiva di Olga e Achille; Luigi Nicotra nel ruolo di Mariano Palmieri; Plinio Milazzo nei panni di dell’operaio comunista Agostino; Anita Indigeno, nel ruolo di Michela; Vincenzo Volo in quello di Erminio Cerioni, fratello di Olga. Lo spettacolo sarà in scena fino a domenica 8 maggio secondo il calendario di repliche del Teatro Brancati.
Debora Bernardi è incantevole: impersona la classica madre siciliana che per amore di avere la famiglia riunita, accantona stanchezza e frustrazione, si fa trasportare dalla poesia che riesce a riscontrare in tutte le cose e cerca di stendere un velo di generosa pietà su tutto quello che non va. La voce ed i gesti… riesce a modulare entrambi adattandoli al ruolo di una docile ma tenace donnina dalle spalle leggermente ricurve per il peso della malinconia e la camminata di chi vede poco i luoghi fuori da quelli domestici, dunque il suo passo è corto e prudente.
Filippo Brezzaventre, ottimo anche nei ruoli brillanti, è il padre generatore di legittime lamentele, in conflitto con i figli ma pur sempre pronto a trovare per loro una soluzione; magari con modalità che escludono la felicità e considerano la praticità e una veloce soluzione.
Plinio Milazzo dimostra di saper reggere e gestire assai bene il suo ruolo chiave nella vicenda che lo vuole ridondante durante gli anni: nato uomo semplice e di poche pretese si adatta, forse subendoli oppure compiacendosene, alla crescita economica e ai progetti di smembramento familiare. Plinio Milazzo, con la sua interpretazione, riesce davvero a ritagliare il personaggio così come è stato probabilmente voluto sia dall’autore che dal regista, adoperando quelle qualità tragicomiche che possiede.
Alessandro Idonea, straordinario! una prova complessa in cui vince a mani basse spendendosi per il medesimo ruolo in chiave ironica e drammatica.
Anita Indigeno è un’attrice che definirei “preparata”; come Idonea, gratifica il suo ruolo con connotazioni bilanciate sapientemente di registri comici “svaporati” e note di triste presa di coscienza.
Lucia Portale bravissima, ci fa godere un personaggio molto difficile da interpretare, dovendo passare da una maternità orgogliosa e un pochino arrogante ad un vuoto di ruolo e di affetto spiazzante.
Luigi Nicotra, applauditissimo la scorsa estate in uno dei tre “Moschettieri” di Amato ed Orofino, è qui un figlio dei fiori con l’animo trasmigrato in quello borghese di un feroce e miope commerciante davvero convincente.
Vincenzo Volo rimane nel cuore degli spettatori per il grado di innocenza che riesce a dare al suo personaggio, riuscendo davvero a interpretare il giovane strappato alla poesia e catapultato in trincea; ferito gravemente ma sopravvissuto, torna alla vita di tutti i giorni cantando e declamando alla luna, ospite affettuoso della sorella Olga che lo tratta come il quarto dei suoi figli.
Giovanna Mangiù è la bella Marina adottata a pochi giorni dai Palmieri, trascina come un macigno il peso del rifiuto pur essendo molto amata dalla madre.
I nove qualificatissimi attori presenti in scena hanno alle spalle lunghe carriere e significative esperienze che in questo lavoro permettono loro di auto-dirigersi perchè la regia mi è sembrata piuttosto lenta. Come anche il tentativo di legare tutte le epoche e gli eventi: credo sarebbe necessario per sostenere la spinta emotiva di fatti indimenticabili come il primo uomo sulla luna, la strage di Piazza Fontana, il rapimento di Moro assimilarli maggiormente alla trama narrativa dettagliandoli e specificando meglio come questi abbiano inciso la storia dell’Italia di quegli anni e sulle vite dei protagonisti.
Gli abiti (Sorelle Rinaldi) e le acconciature (Alfredo Danese) sono stati scelti con cura e rispetto delle epoche.
La scenografia è semplice e completa: Vincenzo La Mendola la progetta per essere non soltanto uno spazio di movimento, bensì per rappresentare piuttosto gli umori, le presunzioni, le separazioni. E lo fa con il consueto intuito che permette cambi di scena dinamici e sempre significativi.
Commedia davvero amabile che fa sorridere di cuore e riflettere; in scena stasera e domani per le ultime repliche al Teatro Vitaliano Brancati di via Sabotino a Catania.
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