La Federazione Armatori Siciliani ritiene che è giunta l’ora di dire basta al mal governo, dove di onorevole è rimasto solo l’aggettivo, riteniamo di essere stanchi di una classe politica che annuncia, pubblicizza, taglia i nastri, brava a propagandare, ma che non ha capacità attuativa e la consapevolezza dei compiti a loro assegnati nell’adempimento del mandato ricevuto, non considerando e valutando le problematiche di chi li ha eletti a rappresentare.
Analizzando le insensate scelte della Comunità Europea sui fermi biologici, accettando la avvenuta crisi derivante dalla pandemia da covid 19, non ultimo, la scellerata guerra che ha fatto traballare il mondo e il settore delle flotte dei pescherecci italiani e siciliani.
Una Guerra scellerata e non dichiarata di una Russia totalitarista e nazista, che occupa uno stato sovrano bombardando e massacrando esclusivamente la popolazione civile per estinguere gli aventi diritto e impossessarsi di ciò che non gli appartiene.
Di contro, le scelte politiche occidentali sono mirate a restare a guardare, misurando le armi alla resistenza Ucraina per evitare di colpire concretamente il tiranno.
Le stesse scellerate politiche, colpiscono il settore della pesca e la filiera, mettono in ginocchio gli armatori e i pescatori siciliani e italiani, colpiscono i giusti e tutelano i rei.
Le considerazioni scellerate attuate dalla comunità europea che applica restrizioni, queste basate su calcoli matematici utilizzando fattori infondati, quindi totalmente scostati dalla realtà, hanno visto ridurre le flotte dei pescherecci siciliani di oltre la metà.
Un dato inconfutabile che per coloro che dovrebbero occuparsi di politica seria, dovrebbe fare squillare una sirena d’allarme e saltare dalla sedia.
Il dilemma è cosa sta succedendo nel mondo reale ad un settore fondamentale e trainante di questa nazione, cosa hanno prodotto le scelte della politica europea, nazionale, regionale, si pone rimedio o si continua a rimanere inermi ad assistere al baratro annunciato per le attività propulsori e trainanti di questa nazione.
L’errore fondamentale è il trasferimento degli ordini impartiti da Bruxelles, vengono meditate da chi ha competenza e pensa ai propri interessi nazionali, diversamente dalle nostre inesistenti competenze, che si limitano a recepire e attuare i comandi impartiti da Bruxelles, per trasferirle alle regioni che nella stessa massima incompetenza applicano il massacro del settore della marineria
locale.
Il dramma è nella consapevolezza che la poltrona, in ogni caso, garantisce loro un intoccabile stipendio, rifiutano il confronto con chi dipana il lavoro reale nel mondo della pesca, tramutando e camuffando l’imposizione catastrofica in paralisi e annientamento del settore.
Per restituire dignità alle marineria e a tutti i settori trainanti di questa nazione bisogna invertire i fattori, la politica deve tradurre le problematiche degli operatori che vivono in mare, per trovare le soluzioni attuative per muovere la macchina regionale che ha sua volta deve avere il compito di fare recepire le soluzioni al governo nazionale, per proiettarle a Bruxelles.
Questo oggi è lo specchio inverso, è la politica che porta le imposizioni al mondo della pesca, in quanto chi sta seduto nella poltrona di comando è stato generato dalla stessa politica che sceglie i propri adepti a sua immagine e somiglianza, tanto è che abbiamo le persone giuste nelle poltrone sbagliate, di fatto è giustificata la mancanza di competenza e professionalità al riguardo del ruolo da
svolgere.
Ancora peggio, ci si trova ai posti di comando persone i cui titoli di studio, nulla hanno a che scindere con il settore in cui devono esprimere le proprie competenze. Il guaio e che mentre questi sono seduti nelle poltrone di comando, asseverano e rappresentano
l’attività di chi giornalmente lavora, rischia e suda in mare per garantire un sostentamento economico per le proprie famiglie, questi parla di ciò che non conosce.
L’insieme dei fattori determinati da imposizioni e direttive inappropriate, totalmente scostate dalla realtà quotidiana, nonché, la pandemia e la guerra, ha determinato l’ultimo scossone per la caduta libera nel baratro delle attività del settore della pesca di questa nazione, malgrado non si rendono conto che le problematica intaccano tutti i settori trainanti di questo paese, una politica
ingorda e miope non riesce a programmare, pianificare, progettare e attuare per consentire ai cittadini di pagare le tasse.
Oggi, il caro gasolio cola a picco tutte le flotte del settore della pesca, affonda consapevolmente le attività, mentre la politica si accorge che il costo dei carburanti sale, non si accorge che l’aumento scellerato è avvenuto quando ancora i serbatoi di stoccaggio erano pieni e saturi di scorte e pertanto operazioni vengono perpetrate sempre da affaristi intenti a trasformare ogni
evento in un loro ritorno economico rubando dalle tasche dei cittadini.
Allo stesso modo non si accorge che se il costo dei barili rimane nella media, i costi aumentano in modo sproporzionato.
Nella considerazione che il settore era già in ginocchio, si è consentito al prezzo del gasolio di schizzare tre volte il vecchio prezzo di attuazione, passando da 0,40 € all’attuale (oggi) 1,20 € al litro, volendo fare i conti in tasca ad un peschereccio d’altura, che è costretto a rimanere nel migliore dei casi, una settimana in mare, con un consumo di carburante di circa 1600 litri al giorno, per una
battuta di pesca ci vogliono 13.400 € di carburante, l’armatore dovrà mantenere il peschereccio nei corretti parametri di manutenzione, pagare l’assicurazione e le tasse, deve tenere in sicurezza l’imbarcazione, deve pagare le multe, rischi di fare rientro a casa in posizione orizzontale se degli scellerati pirati ti sparano addosso.
Non serve certo la laurea per comprendere che non conviene certo accendere i motori dei pescherecci, in quanto rimangono solo le perdite che ad oggi divengono di fatto catastrofiche e inaccettabili, e che queste hanno necessità di una regolamentazione intenta a fermare la speculazione.
Se a questo aggiungiamo il “fantallegorico” fermo pesca, le giornate di blocco dettato dalle condizioni atmosferiche, le quote di pescato, agli armatori e pescatori la scelta di uscire in mare consapevoli di rimetterci di tasca propria per far vedere di esserci ma non contare nulla, oppure attuare l’unica scelta sensata di mettere in disarmo i pescherecci.
Il disarmo delle flotte negli ultimi anni è stato sempre più crescente e questo ha determinato nelle teste degli incompetenti che il pescato è diminuito perché il fatturato è sceso e se questo è avvenuto è perché la fauna marina autoctona a loro dire è diminuita.
Non comprendono che se il fatturato è crollato, i mali risiedono esclusivamente nell’incompetenza di chi ha il privilegio di restare seduto su una poltrona e che non conosce affatto come ci si sporca le mani lavorando dignitosamente per portare a casa un tozzo di pane duro per sfamare la propria prole, e mentre le poltrone non si rendono conto che è crollato il fatturato perché a mare non ci sono più i pescherecci di qualche anno addietro e quindi meno attività e meno pescato.
La scelleratezza politica ha consentito il ritorno al periodo dei “Malavoglia” da Acitrezza si inizia e ad Acitrezza si torna, dopo avere distrutto la flotta mazzarese, la più grande concentrazione di flotte del mediterraneo, si sta riportando la marineria locale alle sue origini, dove l’unica soluzione attuabile è la costrizione di mandare in disarmo le nostre marinerie.
Se a questo aggiungiamo gli atti di pirateria, senza che la politica sappia far valere le regole scritte che tutti hanno l’obbligo di rispettare internazionalmente, di contro, in Italia si consente ai pescherecci Tunisini e Libici di venire a pescare a casa nostra indisturbati, rimanendo gli organi competenti “orbi, surdi e muti”.
La Federazione Armatori Siciliani si è prodigata a seguito dell’atto di pirateria nei confronti dei 18 pescatori di Mazara, oggi si reitera l’atto di pirateria che ha intaccato direttamente la nostra marineria locale, rappresentata dal M/Pesca Salvatore Mercurio e dal Motopesca Luigi Primo, entrambi di proprietà della famiglia Suaria, mitragliati in acque internazionali dalle navi italiane, queste regalate ai Libici, come si può definire una simile “minchiata”.
Il caro gasolio sta determinando il crollo della nazione e lo sfascio della politica europea, nazionale e regionale, non si rendono conto di creare e generare esclusivamente problemi, sottosviluppo e programmato impoverimento. Da ciò, si è reso necessario attuare l’iniziativa di scioperare, fermare le marinerie locali e mostrare l’azione corretta per dare e manifestare in maniera chiara la propria voce e il disappunto su scelte politiche che hanno imboccato una strada che ha incanalato la nazione al collasso e a cui una
politica seria deve trovare attuazioni, soluzioni e risposte concrete.
L’iniziativa della Federazione Armatori Siciliani ha fatto registrare una grande affluenza di partecipazione, dando alla politica un segnale di compattezza da parte di tutte le marinerie siciliane, al fine di ottenere una reale presa di coscienza sull’operato della politica europea, nazionale e regionale, ma soprattutto, un segnale chiaro e forte, ai deputati siciliani regionali e nazionali ed agli
uffici regionali competenti, di attivarsi e interfacciarsi nella risoluzione della problematica, di aprire tavoli di trattativa con Bruxelles, sfruttando ed utilizzando i fondi europei che attualmente sono destinati a progetti inutili e spesso mai realizzati o mal realizzati.
Con l’augurio di ottenere risposte e soluzioni concrete, a breve termine, onde evitare che lo sciopero si protragga a lungo, paralizzando la nazione è arrecando ulteriori danni ai cittadini utenti.
La F.A.S. chiede l’attuazione dei tavoli di trattativa per trovare la soluzione che consente di livellare il costo del carburante per le marinerie a 60 centesimi al litro e che l’importo eccedente sia a carico dei governi regionali, nazionali e della comunità europea, al fine di venire incontro alle marinerie che malgrado ciò, si vedono costretti a forzare la mano per bloccare ed evitare questa discesa libera nel baratro che vede il settore della pesca estinguersi.
Per quanto sopra è chiaro che le commissioni della pesca, i fondi FLAG, GAG, gli studi e le risorse destinate alla pesca, non sono servite a nulla, contribuendo al baratro di un settore trainante di questa nazione. E’ emerso un fatto inconfutabile, l’assemblea scesa in piazza a manifestare le proprie volontà e ragioni, in assenza di risoluzione alle problematiche scaturite nel malcontento popolare, ha già preso posizione di continuare l’azione del blocco delle marinerie, protraendo la protesta nel rifiuto di andare a votare e/o consegnando scheda bianca alle prossime votazioni regionali e nazionali.
Alla nostra iniziativa si sono uniti anche le associazioni di agricoltori e allevatori autonomi non legate alle associazioni storiche e tutti insieme, perseverare un cammino di protesta per vedere restituire dignità a tutti i lavoratori e a tutti i cittadini.
I Pescatori di tutte le marinerie siciliane da lunedì 13 giugno inizieranno dei presidi all’interno di alcuni Porti dell’Isola, anche se la speranza rimane quella di ricevere notizie concrete e di sblocco e non di blocco.
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