Morto di leucemia a 62 anni in ospedale l’avvocato Niccolò Ghedini, il penalista che tirò fuori dai guai Silvio Berlusconi quando quest’ultimo, protagonista di numerosi scandali consumati nei palazzi del potere, finì processato per aver avuto rapporti sessuali con giovani prostitute. Da difensore, Ghedini sostenne la tesi che Berlusconi non era perseguibile e coniò l’espressione «utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile». Geniale.
La scomparsa di Niccolò Ghedini – parlamentare, volto noto della politica, accento veneto e un corpo alto ed ossuto – ha gettato nello sconforto la destra italiana. Invece nella parte avversaria qualcuno ha sghignazzato o gongola.
Nato a Padova nel 1959, figlio di un noto avvocato, il cuore di Ghedini ha sempre battuto a destra. Fin da giovanissimo divenne simpatizzante del Fronte della Gioventù, espressione del Movimento Sociale Italiano. Dopo la laurea a Ferrara, debuttò nella carriera di avvocato come difensore di un componente della banda Ludwig, riconosciuta responsabile di una serie di omicidi connessi alla costellazione neonazista.
La scomparsa di Ghedini offre l’occasione per riportare alla memoria il caso Ludwig, uno degli episodi criminali più inquietanti e controversi della cronaca nera recente. Protagonisti furono una coppia di assassini seriali che si firmavano Ludwig. I loro nomi erano Wolfgang Abel e Marco Furlan (difeso da Ghedini), giovani di bell’aspetto, brillanti studenti, appartenenti alla “Verona bene”, facoltosi e aderenti all’estremismo politico di destra, più o meno sommerso, che acquisì una forte visibilità negli anni Settanta e Ottanta.
A partire dal 1977 i due criminali commisero omicidi e roghi, in Italia e all’estero. Uccisero senzatetto, omosessuali, tossicodipendenti, prostitute, tutte persone che – ai loro occhi – bisognava eliminare dalla società. Gli omicidi avevano infatti come unico progetto l’epurazione degli emarginati per ripulire la collettività. Questa igiene del mondo riguardava anche i religiosi. Di conseguenza vittime furono anche un frate che fu ucciso a colpi di martello, mentre un sacerdote ebbe il cranio traforato da un punteruolo con attaccato un crocefisso.
“La nostra fede è il nazismo, la nostra giustizia è la morte, la nostra democrazia è lo sterminio”. Così scrivevano i due di Ludwig nei volantini di rivendicazione inviati all’inizio degli anni Ottanta alle maggiori redazioni dei quotidiani del Nord Est.
I due furono processati ma non si riuscì mai ad appurare il numero esatto delle azioni omicide e delle vittime. La ferocia che caratterizzò gli episodi delittuosi potrebbe nascondere verità più agghiaccianti sul neonazismo e sui torbidi intrecci dell’ideologia di estrema destra con l’esoterismo.
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