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Archimede da Siracusa scienziato, tra mito e leggenda.

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Archimede da Siracusa scienziato, tra mito e leggenda.

di Enrico Licciardello

 

Archimede di Siracusa, vissuto nel III secolo a. C. (287 – 212), fu uno scienziato di altissimo livello che ha eccelso in vari campi del sapere e alla loro applicazione.

Nel corso della seconda guerra punica Siracusa, dopo avere rotto l’alleanza con Roma, si schierò con Cartagine. Per questo motivo nel 214 a. C. la città fu assediata per 18 mesi,  sia per mare che per terra, dai Romani.

Tito Livio, nella “Ab urbe condita”, scrisse che l’attacco dei romani a Siracusa era iniziata con tanto impeto che avrebbe dovuto avere successo in breve tempo, ma un uomo, Archimede, con le sue invenzioni frenò l’impeto romano.

Anche Polibio evidenzia il contributo che Archimede diede per la difesa della città. Egli scrisse che i romani, pur disponendo di forze superiori tanto da potere impadronirsi della città in breve tempo, dovettero fare i conti con questo uomo fuori dal comune.

Tra le macchine di guerra inventate da Archimede a difesa della città, ricordiamo la “Manus ferrea” (mano di ferro) che agganciava le navi romane che si avvicinavano sotto le mura della città e le sollevava per poi lasciarle di scatto; così facendo le navi cadevano in mare e affondavano.

Archimede costruì anche il lithobolos una gigantesca gru capace di sollevare grosse pietre che venivano lanciate contro il nemico distruggevando le sambuche, ponti volanti usati dai romani per scalare le mura della città. Questa macchina, oltre che lanciare grossi sassi che pesavano oltre 70 chili, poteva anche lanciare fino a una distanza di 180 metri, giavellotti lunghi circa 5 metri. Di queste macchine belliche ci ha lasciato testimonianza Moschione.

Sugli specchi ustori, invece, bisogna evidenziare che negli scritti di Polibio non vi è traccia della costruzione di questa macchina che più ha alimentato la leggenda di Archimede. I più propendono che l’invenzione degli specchi sia una leggenda e non realtà in quanto ritengono che è molto probabile che Archimede abbia progettato specchi ustori, ma non per uso bellico contro i Romani in quanto, per l’utilizzo degli specchi ustori come arma di guerra, bisognava tenere conto della distanza tra le mura dove venivano messi gli specchi e le navi, il dondolio delle navi causato dalle onde, la grandezza della parabola, il movimento del sole e l’inclinazione dei raggi. Tutti elementi che fanno pensare che forse l’invenzione degli specchi ustori è avvenuta realmente, ma non il suo utilizzo per eventi bellici.

Negli scritti di Antonino Vittorio leggiamo che, nel periodo in cui visse lo scienziato siracusano, i medici per causticare ferite, utilizzavano piccole parabole   concentrandovi raggi solari. Alcuni storici, invece di specchi ustori, ritengono che Archimede abbia inventato una particolare arma a vapore, l’architronito, la stessa su cui Leonardo da Vinci lavorò attribuendone la paternità allo scienziato aretuseo.

L’ipotesi avanzata nel ‘400 da Roberto Valturio nel suo trattato “De re militari”, fu che l’invenzione di Archimede era un congegno che sparava a velocità una sorta di proiettile che sfruttava l’espansione del gas e che gli specchi sarebbero serviti a scaldare il congegno per poterlo fare esplodere e lanciare il proiettile.

Anche Petrarca, nel suo “De remediis utriusque Fortunae”, ritiene che Archimede abbia inventato un’arma che scagliava verso le nuvole, con un grosso frastuono, palle di bronzo utilizzando uno strumento di fuoco.

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