Il Concerto di Capodanno dell’Orchestra Sinfonica Città di Misterbianco è stato diretto dal maestro Emanuele Mirulla.
Pienone nell’auditorium Nelson Mandela e successo per i professori d’orchestra, per il soprano Maria Grazia Tringale, il tenore Barbaro Sciuto e per il conduttore Ruggero Sardo che ha presentato la serata con la sua consueta misura ed eleganza.
Gli applausi più calorosi sono stati diretti ad una sorprendente violinista di 7 anni, Beatrice Ambra, che con l’orchestra ha eseguito il concerto n. 1 del compositore belga Jean –Baptiste Accolay (2833-1900), brano in un solo movimento con cui devono misurarsi i giovani che studiano professionalmente uno strumento complesso e meraviglioso qual è il violino.
L’impaginato della serata musicale, oltre agli immancabili valzer viennesi e alle composizioni della dinastia Strauss, ha condotto brevemente a Napoli e alla civiltà musicale che quella straordinaria città sa esprimere. Eseguita, tra l’altro, Non ti scordar di me, canzone struggente ed immortale scritta da Ernesto De Curtis sul testo di Domenico Furnò nel 1935 e lanciata da Beniamino Gigli protagonista del film omonimo dello stesso anno.
L’Ouverture da L’Italiana in Algeri, nella convincente esecuzione dell’Orchestra Sinfonica Città di Misterbianco, è stata l’occasione per riflettere sulla genesi del dramma giocoso musicato da Gioacchino Rossini e andato in scena nel 1813 su libretto di Angelo Anelli.
Da un canto, l’atmosfera musicale de L’Italiana in Algeri rimanda al presepe napoletano, cioè a quel teatrale e monumentale oggetto di devozione in cui – accanto ai personaggi che indicano e celebrano la rappresentazione della natività di Gesù – trovano posto le statuine di terracotta abbigliate con fogge orientali e legate all’esotismo avventuroso, fantastico e storico ad un tempo, fonte di ispirazione per Rossini che, per orchestrare la sua opera, fece uso di strumenti a percussione – piatti, timpani e grancasse – rappresentati in miniatura anche nei presepi napoletani per i cortei di statuine musicanti “alla moda turchesca”.
Il conduttore del Concerto di Capodanno, Ruggero Sardo, presentando l’Ouverture ha affermato che L’Italiana in Algeri ha una trama ispirata ad un fatto di cronaca, ossia il rapimento nel 1805 di una dama milanese catturata dai pirati barbareschi nel mar Tirreno e tornata a casa ricca e contenta dopo 3 anni di permanenza in un harem.
La vicenda incuriosisce e qualche elemento fa supporre che questa storia sia fittizia, costruita sulla base di dicerie e luoghi comuni. Non vi sono documenti coevi che attestino il rapimento di una italiana nel 1805. L’unica fonte che descrive l’episodio è un giornalista, noto per le sue falsificazioni, che oltre un secolo dopo i fatti pubblica la notizia citando a sua volta una fantomatica memoria manoscritta.
Antonietta Frapolli in Suini (cognome del coniuge) era il singolare ed inverosimile nome della dama, se mai è esistita, che avrebbe ispirato (beato chi ci crede!) L’Italiana in Algeri.
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