Dobbiamo parlare, la coppia in crisi al Grotta Smeralda

Dobbiamo parlare, la coppia in crisi al Grotta Smeralda

“Dobbiamo parlare”. E’ questo l’incipit più temuto nei discorsi di ogni coppia e non solo.

“Dobbiamo parlare” è anche un film del 2015 diretto da Sergio Rubini il cui remake è stato prodotto e portato in scena l’altra sera al Teatro Grotta Smeralda di Catania dalla compagnia del Teatro delle Nevi per la regia di Ernesto Mangano.

Per la gioia del pigro lettore potremmo chiudere già qui la nostra recensione prendendo a prestito il pensiero di un poeta, scrittore e giornalista statunitense, considerato il padre della poesia americana e l’inventore del verso libero Walt Whitman, il quale parlando di sé (e dell’intera Umanità) diceva: “”Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini”.

La commedia è di un esistenzialismo esasperato. Passo e chiudo.

Non faremo, comunque, questo affronto al lettore curioso.

Dobbiamo Parlare è la storia di quattro personaggi maggiori e di altri minori che sono tutti tutto, ovvero tutti tutto e il contrario di tutto, esattamente come ciascuno degli spettatori che hanno applaudito lo spettacolo, come l’Umanità.

La storia è ambientata a Catania, ma potrebbe esserlo in qualunque altra località del mondo e scaturisce dal confronto di due coppie Vanni e Linda (Andrea Catalano/Ornella Falsaperla) e Costanza e Alfredo (Liliana Biglio/Ernesto Mangano).

Vanni e Linda sono fidanzati da dieci anni, convivono in un attico d’un grattacielo, lui fa lo scrittore, lei è la sua ghostwriter.

I loro migliori amici sono Costanza e Alfredo, detto il Prof., medici ambedue, lei una dermatologa e lui un cardiochirurgo innamorato del suo lavoro. Sono sposati, hanno figli da matrimoni precedenti e gestiscono il loro matrimonio come un’azienda.

Costanza scopre improvvisamente che il Prof. ha un’amante, e in preda ad una crisi di panico, irrompe in casa di Vanni e Linda.

Inizia così la notte più lunga per i quattro protagonisti che tra litigi, scherzi, risate e ammissioni di colpe metteranno in gioco i loro amori e le loro amicizie, la loro esistenza.

Attorno a loro girano diversi personaggi strani (Rodolfo Torrisi, Francesca Tarantino, Gaetano Cittadino, Christopher Reneau, Alessandra Fatuzzo, Rosario Andronaco) compreso un pesciolino rosso (Maurizio Panasiti) che, assunto come narratore, “par che dica” – parafrasando il poeta – che la beata innocenza vien meno!

Proprio così, tutti uguali i personaggi tanto nella realtà quanto nella rappresentazione che fanno di loro stessi agli altri.

E’ il gioco degli opposti che finiscono col fondersi ed essere la stessa cosa.

I buoni risulteranno cattivi e i cattivi risulteranno buoni, i colpevoli innocenti e le vittime carnefici in un effluvio di capovolgimenti di ruolo e condizioni psichiche che avrebbero meritato l’applauso di Jean-Paul Sartre se solo avesse potuto assistere alla piecès; eh sì, giacché essa appare quasi la viva rappresentazione dell’idea sartriana secondo cui l’esistenza precede l’essenza e l’uomo non è definibile se non nello svolgersi della sua stessa vita: “egli non è niente altro che quello che progetta di essere, egli esiste nella misura in cui si realizza, non è dunque nient’altro che l’insieme dei suoi atti”.

Questi “alti” concetti hanno preso forma nella rappresentazione scenica grazie a un collettivo d’attori affiatato e che s’è divertito tanto nell’essere i propri personaggi.

La regia di Mangano è apparsa per lunghi tratti sobria e talvolta dilungata senza una reale utilità drammaturgica. Il ritmo recitativo, nei passaggi topici, avrebbe dovuto essere un tantinello meno affrettato.

Il numeroso pubblico ha sonoramente gradito lo spettacolo con abbondanza di applausi e numerose risate di fronte ai tanti aspetti comici del dramma di queste due coppie che, inesorabilmente, si avviavano alla dissoluzione del loro rapporto e che, denudandosi, si sono offerte al suo giudizio.

La scenografia è stata di Alessandro Bonaccorsi, le luci di Claudio Cosentino, Aiuto registi Maurizio Panasiti e Rodolfo Torrisi.

Foto di Salvo Biglio.

 

 

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