Diversi autori hanno affermato che l’iniziale ubicazione del Monastero di San Nicolò, uno dei sei monasteri fondati in Sicilia verso la fine del VI secolo, fosse diversa da questa rilevata all’inizio del XII secolo. Nel suo libro “Tra l’Etna ed il mare” Patrizia Sardina si è posta la domanda su quale fosse l’iniziale ubicazione del monastero di San Nicolo prima di essere riedificato sul monte Pennacchio, dopo aver affermato che tale ubicazione fosse diversa da quella iniziale. Per contestualizzare la ratio della fondazione dei sei monasteri siciliani dobbiamo, per prima cosa, richiamare quanto scritto da Lynn Townsend White, jr. nel suo testo“Il monachesimo latino nella Sicilia normanna”, nonché quanto scrive Nino Marinone. In relazione al periodo riportato dal Townsend ( con specifico riferimento ai sei conventi eretti nel 574 ) non può non porsi il quesito circa l’eventuale correlazione fra l’esistenza dei sei distretti giudiziari in materia civile ed amministrativa, indicati con il termine latino Conventus, e la possibile circostanza che i sei conventi siciliani eretti nel 574, possano essere stati insediati, se non nelle medesime sedi degli antichi distretti giudiziari romani in Sicilia, per reiterare forme di organizzazione del potere civile-ecclesiastico in Sicilia che fungesse da sostituto alle funzione svolte dai sei distretti giudiziari civili ed amministrativi della Sicilia romana. Non può, quindi, non porsi il quesito se il convento di S. Vito alle falde dell’Etna, il cui sito è fortemente probabile che facesse parte del territorio di Etna-Inessa, non sia quel Conventus di Etna-Inessa di cui parla Nino Marinone. Sull’ubicazione di Etna-Inessa abbiamo riportato gli elementi forniti dagli storici antichi che ci hanno permesso di individuarne il sito laddove oggi sorge Motta Santa Anastasia e che abbiamo pubblicato nel testo di cui alla immagine. Alcuni elementi di carattere storico riferibili all’VIII secolo d.C., tratti dall’Amico nella sua Catana Illustrata, pur in assenza di uno specifico riferimento a Motta Santa Anastasia, non possono non essere riportati per gli elementi di carattere topografico che risultano compatibili con la posizione dell’odierna Motta Santa Anastasia, pur non potendo, di per sé stessi, costituire una prova assoluta della positività di tale correlazione. Tali dati si riferiscono al contesto della vita di San Leone, databili tra il 765 e il 785 d.C., ovvero nel periodo il cui egli venne eletto vescovo della Diocesi di Catania. Il ravennate, San Leone II: «[…] è quello stesso che, nella seconda metà dell’VIII secolo, liberò prodigiosamente Catania dal terribile mago Eliodoro – vir magica arte imbutus, aspectudeformis, nationeJudaeus et post Simonemmagum nulli in arte magica secundus». Ecco cosa riferisce l’Amico: Una volta, sotto il Monte Etna, distante circa dodicimila passi dalla città, vi era un Eremo denominato Ricetto di San Leone, che dai Monaci Benedettini fu abitato agli inizi del 1100 per donazione del Conte Enrico, che, per la diuturna presenza del nostro Beatissimo Presule, fu santificato, e là poi, come viene tramandato, per trarsi fuori dai tumulti popolari, si trattenne lungamente nella quiete e nella solitudine. Ma quel luogo dovette essere altro da quello in cui sorse il Monastero, perché si dice che fosse distante dalle mura dove fu deposto il corpo di San Leone. Non si hanno ulteriori notizie che autorizzino ad avanzare la specifica ipotesi che il predetto monastero si trovasse negli immediati pressi dell’odierna Motta Santa Anastasia; appare, però, curioso notare che nel quadro in possesso della Chiesa Catanese che raffigura il vescovo San Leone, si intraveda con chiarezza nel dipinto, alle spalle del santo, raffigurata la rupe di Motta Santa Anastasia. L’Amico, comunque, è certo che il luogo in cui sorse il monastero di San Leone fosse diverso da quello dell’eremo in cui il Presule si ritirò nel corso dell’VIII secolo d.C., dice, infatti: «Ma quel luogo dovette essere altro da quello in cui sorse il Monastero […]». Sappiamo, inoltre, dalla Sardina, che il monastero di San Leone fu eretto in epoca normanna e: «[…] posto fra il Monte Grosso ed il Monte Pennacchio, affidato nel 1137 a Giovanni d’Amalfi da Enrico, conte di Policastro e signore di Paternò»; ma neanche tale autrice, che rimarca l’indeterminatezza del sito ove tale monastero sorse inizialmente, si pronuncia sulla iniziale localizzazione del sito dove sorgeva l’eremo di San Leone, affermando che rimane non accertato l’esatto sito ove si trovava l’eremo esistente già nell’VIII secolo d.C. Il dato specifico che ci induce a sottolineare la notizia – oltre il richiamo al dipinto di San Leone – che riguarda la collocazione dell’eremo di San Leone deriva dal fatto che l’eremo viene collocato a una distanza di dodicimila passi da Catania: a una distanza, quindi, perfettamente compatibile con il computo della distanza tra Motta Santa Anastasia (non escludibile sede dell’eremo, alla luce delle attuali notizie) e la città di Catania; eremo di cui l’autore non fornisce una più specifica collocazione topografica che ci permetta di individuarne, con sicurezza, il sito. La distanza, dodicimila passi, unico elemento disponibile dal racconto dell’Amico e della Sardina, pone in ogni caso una forte correlazione positiva con il sito di Motta Santa Anastasia, pur non escludendone altri: la rappresentazione della rupe di Motta Santa Anastasia nel quadro anzidetto, alle spalle di San Leone, e la distanza indicata, però, sono elementi che non possono non essere tenuti nel debito conto, ai fini di una possibile coidentificazione dei siti che possono aver ospitato il monastero di San Leone dall’VIII al XII secolo. Che il Monastero di San Nicolò fosse ubicato a Etna-Inessa ne è certo JacobiPhilippi D’Orville che nel suo testo “Sicula, quibusSiciliaeveterisrudera, additisantiquitatumtabulisillustrantur” scrive che: “In coenobio Sti. Nicolai de Arenis pransi sumus. Benectiniilludosbstinent. Distat a Catina sere quatuordecimmilliaris. In hujus vicinia conspiciunturaltissimaemoles, ab etnei eruptionibusadgestae. Terra tamen fertilissima. Isti monachi hic potissimosagrospossident, e quibusmessemtumcolligebant; quare quum ita occupata haberentjumenta, nobisulterioremviamlassatisequis&mulisperagere necesse fuit. Circa hoc coenobiumCluveriusconjicitfuisse oppidum Aetnam, quaeantea Inessa.”