di Santi Randazzo
E’ ormai nella comune condivisione ritenere che i rapporti tra Garibaldi e Vittorio Emanuele siano inquadrabili nell’ottica incorniciata da quella famosa espressione (vera?) che pronunciò Garibaldi: “Maestà, obbedisco”, e che ci consegna un Garibaldi ossequioso a Vittorio Emanuele ed obbediente ai suoi voleri. Ma era veramente questa la tipologia di rapporto politico che legava Garibaldi a Vittorio Emanuele? Vediamo di capire perché così non era e perché, molto probabilmente, l’Italia è unita solo perché Garibaldi non obbedì a Vittorio Emanuele. Ma procediamo seguendo gli eventi storici.
Mentre si trovava ancora a Messina Garibaldi rilesse con attenzione il messaggio di Cavour, portatogli dall’Ammiraglio Persano, che lo informava della proposta avanzata dal Re di Napoli a Vittorio ; proposta per la quale Cavour chiedeva a Garibaldi di manifestare la sua opinione. Il Re di Napoli proponeva al Re Sabaudo di non estendere le azioni militari dell’esercito di Garibaldi oltre lo stretto di Messina, impegnandosi, in cambio, a cedere interamente la Sicilia e di ritirarsi anche da quelle piazzeforti, come Messina, che avrebbero potuto resistere a qualsiasi assedio. Cavour rappresentò a Garibaldi l’opportunità di valutare positivamente quella proposta anche perché bisognava considerare che sia la posizione politica della Russia su tale questione, manifestata per bocca del suo inviato speciale Knoring, sia la posizione della Germania che aveva consigliato a Vittorio Emanuele di non annettere la Sicilia al Regno Sabaudo, anche nel caso in cui l’isola fosse stata ceduta spontaneamente dal Re di Napoli; posizioni che non potevano non essere tenute nel debito conto da Vittorio Emanuele. Nel considerare la lenta ma costante evoluzione del quadro internazionale a favore di posizioni che fossero gradualmente favorevoli alla riunificazione dell’Italia, Cavour metteva in evidenza nel suo messaggio l’opportunità di accettare, momentaneamente, la proposta del Re di Napoli non essendo consigliabile, in quel preciso momento, estendere le azioni militari sul territorio continentale dell’Italia. I motivi per cui Cavour invitava prudentemente Garibaldi dall’astenersi dal compiere qualsiasi tentativo militare sul territorio peninsulare italiano derivavano anche dal fatto che l’Inghilterra, per bocca di Lord John Russel, aveva fatto presente che la sua posizione differiva dalla posizione di Russia e Germania, ma consigliava di evitare qualsiasi azione militare sulla penisola per non creare, in quei frangenti, incidenti diplomatici; in ogni caso lasciava libero il Re Sabaudo di valutare liberamente la scelta da compiersi rifiutandosi di accogliere la richiesta del Re di Napoli che aveva chiesto all’Inghilterra di imporre tale scelta a Vittorio Emanuele. Avendo constatato che le sollecitazioni di Cavour a Garibaldi nell’indurlo a non oltrepassare lo stretto di Messina ed invadere le terre continentali del regno delle Due Sicilie non sortivano l’effetto desiderato, Vittorio Emanuele scrisse personalmente a Garibaldi per rappresentargli l’inopportunità di invadere la Calabria e successivamente Napoli, a causa della complessa situazione diplomatica che si era determinata in quel momento. Garibaldi, la cui visione militare del momento suggeriva di non rallentare l’azione di avanzamento sul suolo continentale italiano, ritenne controproducente accettare le indicazioni di Vittorio Emanuele a cui, però, volle manifestare le ragioni del suo dissenso, scrivendogli così il 10 agosto:
“Sire: a Vostra Maestà è nota l’alta stima e l’amore che vi porto; ma la presente condizione in Italia non mi concede d’ubbidirvi, come sarebbe mio desiderio. Chiamato dai popoli, mi astenni fino a quando mi fu possibile; ma se ora, in onta a tutte le chiamate che mi arrivano, indugiassi, verrei meno ai miei doveri e metterei in pericolo la santa causa dell’Italia. Permettete quindi, Sire, che questa volta vi disubbidisci. Appena avrò adempiuto al mio assunto liberando i popoli da un giogo abborrito, deporrò la mia spada ai Vostri piedi, e vi ubbidirò fino alla fine dei miei giorni.”