“Gatta ci cova” al Teatro Angelo Musco dall’8 al 26 Gennaio: una poesia da guardare ed ascoltare.

“Gatta ci cova” al Teatro Angelo Musco dall’8 al 26 Gennaio: una poesia da guardare ed ascoltare.

Diretto da Antonello Capodici, Eduardo Saitta interpreta Isidoro, uno dei più delicali personaggi maschili di un classico fra le commedie di Antonino Russo Giusti. Ha debuttato l’8 gennaio al Teatro Angelo Musco di Catania, e le repliche seguiranno fino al 26 gennaio prossimo. La protagonista femminile nel ruolo della sorella ‘Ntonia è Francesca Agate che sebbene diversa per stazza e corporatura, ha avuto l’oneroso compito di entrare nelle vesti di un ruolo che è stato un cavallo di battaglia di Rosina Anselmi, cogliendo egregiamente l’occasione di declinare il personaggio sulle proprie caratteristiche personali. Il nutrito gruppo di attori è completato da Salvo Saitta (l’avvocato), Alberto Abadessa (Pispisa), Gianluca Barbagallo (Niria), Verdiana Barbagallo (Vanna), Adriano Fichera (cancelliere e contadino), Eleonora Musumeci (Maridda) e Ramona Polizzi (Mena).

Regia di Antonello Capodici, Scene di Salvo Mangiagli e Costumi a cura di Graziella Torretti. Foto Teatro Angelo Musco.

Al suono di un canto corale intonato da lontano, il palcoscenico si svela dal sipario su uno scorcio rurale, un gruppo di case intorno ad una corte. Le luci proiettano sui profili degli attori immobili luci piatte che riportano la scena ai presepi da poco smontati; poi, una luce più intensa improvvisamente anima il quadro introducendo lo spettatore ad un momento di vita dei campi. Una colazione antica, nostalgica a latte e pane, corroborante e nutriente, necessaria a chi deve avviare una giornata di lavoro faticoso. Isidoro è “u’ patruni”, ma non perciò si risparmia rispetto ai suoi fattori, spellandosi le mani e facendosi bruciare il viso dal sole: ha Isidoro un animo gentile, rispettoso di animali, piante e persone a cui dà un soprannome e un nome, quasi a certificare la propria responsabilità verso di essi. E’ un animo semplice reso ancora più puro dal un piccolo ritardo della mente: i meccanismi che animano la sua educazione e i suoi comportamenti sono estranei sia alla malizia che alla crudele elaborazione del male. Fidandosi, dona alla sorella la masseria senza riservarsi l’usufrutto e lei – assai diversa forse anche perchè nata da una madre diversa, in conseguenza di uno scivolone del padre rimasto vedovo quando Isidoro aveva “sette annuzzi” -, allunga i suoi affilati artigli sul bene. L’avvocato, dopo lungo rimuginare, riesce a trovare l’espediente della legittimazione di un figlio, naturale o adottato, proposto dall’art. 1083 del codice civile (la commedia in origine si intitolava “L’art. 1083 – Gatta ci cova”): vive nella masseria una giovane e splendida fanciulla, lì cresciuta e che è in attesa ma piange sempre perche il fidanzato è tragicamente venuto a mancare. In un carosello di abbracci e litigi, di delusioni e risoluzioni, di espedienti molesti e legittimi, si articola l’inizio di un nuovo ed inaspettato divenire che porrà al centro della storia Isidoro, candido come non mai, destinato a non avere una famiglia propria ne trova improvvisamente una completa, convinto di aver contribuito a formarla con un bacio!

Il regista Antonello Capodici dimostra di essere riuscito a dare il suo codice personale, che appunto battezzerei “Codice Capodici”, alla messa in scena delle commedie popolari, riportandoci alla sostenibile chiarezza della differenza fra il Bene ed il Male, riuscendo a far emergere le inesattezze dell’animo umano dallo scontro fra questi due titani. E presto fatto quando l’elemento “Natura” guida ogni azione ed ogni ricerca si attiva nel rispetto di ogni essere umano, consapevole della governabilità delle leggi naturali. Capodici ci riconduce alla verità di esse, adoperandosi per raccontare storie già narrate ed interpretate. A tutti è noto il film “Gatta ci cova” di Gennaro Righelli del 1937 in cui recitarono Angelo Musco e Rosina Anselmi: una operazione cinematografica di enorme successo interpretata da due mostri sacri in agevole sintonia fra di loro. Ma Capodici ancora una volta dimostra di non preoccuparsi e supportato da attori ampiamente qualificati, mette in scena la propria versione talmente consona che potrebbe addirittura trovarsi nascosta fra le pagine della commedia originale.

Eduardo Saitta, nato sotto la stella del Teatro di qualità, meritatamente porta a casa il prestigio di aver impersonato il candido Isidoro, uno dei personaggi più belli della commedia popolare. Anima ogni emozione con una mimica composta, riesce a far parlare tutto di lui, soprattutto gli occhi: com’è inchiodante il suo monologo, tristi riflessioni di un uomo non protetto da una robusta corteccia, la stessa che lui accarezza dei suoi alberi. Ci spiega con l’immediata conoscenza di principi semplici i valori fondanti del comportamento umano: chi è fortunato deve provvedere a chi lo è meno, gli uomini che lavorano la terra vanno motivati, gli animali che affiancano gli uomini vanno benedetti, così come le piante. Ed è corrisposto dalla gente che abita la masseria pronta a fare il vuoto intorno a ‘Ntonia. Il monologo che lo impegna durante il secondo atto è talmente trascinante che, a parer mio, meriterebbe di godere alla fine di una pausa più lunga, prima che Vanna pronunci la propria battuta. La sospensione marcherebbe maggiormete la memoria dell’emozione nella scena e nello spettatore.

Francesca Agate, ‘la sorella ‘Ntonia” è qui alla sua interpretazione più complessa: indovinata la formula esatta, l’attrice spazia su una scala di contrasti su cui è impegnativo muoversi senza rischiare l’inciampo. Tutto viene coinvolto: le gambe che macinano la strada a grandi passi “ammalignati”, la postura di una elegante damina quando deve fare breccia nell’ingenuità del fratello. La voce impegnata in un su e giù di timbri e di fonetica che lascia lo spettatore privo di replica.

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Salvo Saitta, l’avvocato, in un elegante abito bianco fa la sua apparizione al secondo atto intervenendo con la distinzione e la dovizia dei dettagli che lo contraddistinguono.

Verdiana Barbagallo, Vanna, tratteggia con dolcezza e uno smarrito senso della disfatta così acerbamente incassata la sua sfortunata condizione.

Alberto Abadessa, Pispisa, fattore confusionario e devoto: Alberto anche in questa variegata interpretazione ha dimostrato di possedere qualità muevoli che ben lo collocano in ruoli che tirano sia verso il dtamma che verso la commedia.

Eleonora Musumeci, Maridda, poi moglie di Pispisa si muove silenziosa e curiosa fra i personaggi, quasi a non essere notata. Incarna la vicina di casa, quella che ascolta molto e parla poco ma quando parla! Infatti, con una sola battuta solleva la fragorosa risata di tutta la platea.

Ramona Polizzi, Mena, calzante, perfetta nel suo ruolo un po’ ruffiano ma anche sinceramente devota al padrone Isidoro.

Adriano Fichera, cancelliere e contadino, bravo con i suoi tic da cancelliere e soprattutto quando nelle vesti da contadino intona, nel preludio di una lunga notte, una struggente versione de “U basilicò”.

Gianluca Barbagallo, Niria, è l’altro fattore, uomo di fiducia di Isidoro, indovinatissima scelta come tutto il resto del cast: un po’ mutangolo, un po’ impacciato, immerso nei propri solitari pensieri.

Il cast, così scelto ed organizzato, non soltanto rende manifesta una solida complicità, ma nella resa di ciascun personaggio di cui è curato ogni dettaglio si riscontra un’ampia parte del successo del lavoro. “Gatta ci cova” è una rimodulazione efficace in grado di interessare un pubblico anagraficamente vario e competente.

Lo spettacolo sarà replicato: giovedì 9 (ore 19), venerdì 10 (ore 21), sabato 11 (ore 17.30 e 21), domenica 12 (ore 18), mercoledì 15 (ore 19), giovedì 16 (ore 19), venerdì 17 (ore 21), sabato 18 (ore 17.30 e 21), domenica 19 dicembre (ore 18.00), mercoledì 22 (ore 19), giovedì 23 (ore 19), venerdì 24 (ore 21), sabato 25 (ore 17.30 e 21), domenica 26 gennaio (ore 18.00).

 

 

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