Nel cuore della Sicilia, l’Area Marina Protetta (AMP) Isole Ciclopi si trova a vivere un paradosso. Quella che dovrebbe essere una delle aree più tutelate e valorizzate della nostra isola è, al contrario, un esempio di incuria e disinteresse da parte delle istituzioni, con gravi conseguenze per l’ambiente e la salute dei cittadini.
La riserva naturale, che comprende anche il porto di Acitrezza, è situata in un territorio che, ironicamente, manca di uno dei servizi fondamentali per la gestione di una zona urbanizzata: l’allacciamento alla pubblica fognatura. Una carenza che rende ancora più evidente la fragilità del sistema di tutela ambientale. Il porto di Acitrezza, che è parte integrante della riserva e si trova in piena zona A dell’area protetta, è l’emblema di questa incoerenza: un punto nevralgico in cui le problematiche di inquinamento si sommano a quelle di gestione delle risorse e della sicurezza, creando una miscela esplosiva di rischi.
Nel 2008 e 2009, quando vennero aperti i primi fascicoli giudiziari grazie alle segnalazioni di cittadini e associazioni ambientali, la situazione sembrava destinata a cambiare. Le denunce, depositate tempestivamente, portarono all’apertura di indagini affidate a una PM di passaggio, originaria di Napoli, che con l’ausilio della Guardia di Finanza sembrava aver avviato un percorso che avrebbe finalmente portato all’individuazione dei responsabili dei danni ambientali certificati e documentati. Il collettore fognario, che avrebbe dovuto risolvere almeno una parte dei problemi legati all’inquinamento delle acque, era visto come la chiave per fermare la catastrofe ecologica in corso.
Tuttavia, la strada verso una vera risoluzione si interruppe bruscamente. La PM fu trasferita, e il fascicolo, passato da una scrivania all’altra, è finito nel dimenticatoio. Le indagini, che avrebbero potuto portare alla luce gravi responsabilità in termini di reati ambientali aggravati e continuati, abuso d’ufficio e omissioni di atti d’ufficio, sono ormai diventate un capitolo buio nella gestione della riserva naturale. La Procura di Catania, purtroppo, non ha mai preso una posizione chiara, lasciando che la situazione continuasse a peggiorare senza interventi concreti.
Ma la domanda che sorge spontanea è: cosa aspetta la Procura per dare un seguito a quelle indagini? Perché non sono stati individuati e puniti i responsabili di questa gestione sconsiderata che, per anni, ha permesso l’inquinamento delle acque e la distruzione di un ecosistema unico al mondo? La legge esiste e, come stabilito dalle normative, i reati ambientali devono essere perseguiti con rigore, soprattutto quando sono stati certificati e documentati da anni di segnalazioni e denunce. Eppure, da parte delle autorità competenti, non sono arrivati i segnali di un’azione decisa.
In un momento in cui il Governo attuale sta proponendo la riforma della giustizia, con la presunta volontà di abolire alcune delle norme più dure contro l’abuso d’ufficio e i reati ambientali, è incredibile vedere come la Procura della Repubblica abbia permesso che il caso dell’AMP Isole Ciclopi si trasformasse in una questione irrisolta, con responsabilità che restano impunite.
Il collettore fognario, che doveva essere una soluzione definitiva ai problemi di inquinamento, è rimasto incompleto, così come i lavori per la protezione dell’ecosistema marino. La politica locale, nonostante le denunce e le segnalazioni, non è mai riuscita a dare risposte concrete. Nel frattempo, la comunità di Acitrezza e i visitatori della riserva continuano a fare i conti con un ambiente che si degrada ogni giorno di più.
L’AMP Isole Ciclopi è, a questo punto, l’esempio perfetto di una riserva naturale che non è mai stata protetta davvero. Le istituzioni hanno avuto tutte le informazioni per intervenire, ma hanno preferito ignorarle. La questione è ormai diventata un paradosso: l’area marina, che dovrebbe essere simbolo di tutela ambientale, si è trasformata in un monumento all’inefficienza istituzionale. Ma c’è ancora tempo per fare qualcosa, per far luce su quanto accaduto e dare giustizia a un territorio che merita una vera protezione, e non solo a parole.