Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

La disabilità vista con gli occhi del poeta Arcangelo Signorello

La disabilità vista con gli occhi del poeta Arcangelo Signorello

di Antonella Sturiale

 

Arcangelo Gabriele Signorello (alias Delfino) è nato a Catania il 15 maggio 1971. Sin dalla nascita è affetto da una forma di tetraplegia atetosica con assenza di linguaggio e gravi difficoltà motorie che interessano tutto il corpo. Per un primo approccio alla comunicazione, ha seguito sin da bambino percorsi alternativi al linguaggio scritto e parlato, prima in casa con il metodo DOMAN, poi presso il Consorzio Siciliano di Riabilitazione di Catania (C.S.R.) con il metodo BLISS-SIMBOLI e altre modalità di Comunicazione Aumentativa Alternativa (C.A.A.) – all’avanguardia in campo riabilitativo – fino al definitivo utilizzo del sistema alfabetico, traguardo raggiunto verso i 12 anni di età. Per anni ha utilizzato un normale computer con accesso alternativo per scrivere e ascoltare. Per comunicare in modo estemporaneo usa una tabella alfabetica in plexiglass trasparente (ETRAN). Nell’anno scolastico 1984/85 ha conseguito la licenza di scuola elementare seguendo un corso differenziato, e nell’anno scolastico 1992/93 la licenza di scuola media statale. Non ha potuto proseguire gli studi a causa delle carenze strutturali della scuola pubblica. Nel corso degli anni è stato assistito in casa da amici che lo hanno aiutato a studiare e ad adattare i nuovi strumenti per la Comunicazione Alternativa (C.A.A.) in videoscrittura a scansione offerti dalla tecnologia più avanzata, allo scopo di ampliare sempre più la sua sfera di autonomia. Oltre a questi supporti, da qualche anno utilizza il puntatore oculare. Offre il suo contributo alla Comunicazione Aumentativa Alternativa (C.A.A.) in qualità di relatore e docente. Collabora con varie testate giornalistiche locali. Insieme ai volontari del C.A.I. di Catania (gruppo grotte), partecipa al progetto “Diversamente Speleo”. Arcangelo (Angelo per tutti), ci tiene a sottolineare che è un autodidatta nella scrittura, che rappresenta la sua passione. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesie: “Come un bambù (poesie, favole, riflessioni)”, edizione A.R.C.A. Mascalucia (CT) 1998, seconda edizione 2001. Per quest’opera ha ricevuto una menzione speciale al “Premio Letterario Nazionale Nino Martoglio” di Belpasso (CT); “A un passo dal cuore (Il testimone)”, 2004, una raccolta di poesie inedite curata dal Comune di Ficarazzi (PA) in edizione fuori commercio e presentata in occasione del “Premio Letterario Giulio Palumbo”, III edizione, 2003/04. Nella stessa occasione, il Comune di Ficarazzi (PA) gli ha conferito la Cittadinanza Onoraria; “Scavando emozioni”, 2005, raccolta di poesie pubblicata a cura dell’autore; “Im-possibile con-tatto?”, 2008, raccolta di poesie “in notes”, ENNEPILIBRI editore (IMPERIA), www.ennepilibri.it ; “Sulle orme del delfino”, 2015, raccolta di poesie pubblicata a cura dell’autore. Segnalato e premiato in vari concorsi pubblici; ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra questi, quello della “École Secondaire des Sources Lake Dollard des Ormeaux” del Quebec (Canada).

Ci troviamo a casa di Arcangelo Signorello, poeta, scrittore dal genio pronto ed intelligente. Uomo sensibile ed attento, grande rispetto per le donne ed infinita empatia, ci concede la bellissima opportunità di intervistarlo. Lo ringraziamo per questo suo prezioso tempo che ci dona.

Cos’è per lei la poesia?

La poesia è per me una cassa di risonanza per farmi sentire. Ho cominciato con una poesia d’amore verso una ragazza che amavo alla follia. Ma andando avanti con il tempo, mi sono accorto che attraverso quest’arte bellissima, si può esprimere anche  indignazione, ribellione e quindi l’indosso, anche se fortunatamente talvolta mi illudo di ritornare a fare l’occhiolino a Cupido come àncora di salvezza e così torno  indietro nel tempo.

Cosa lega la poesia all’amore e cosa li allontana secondo lei?

Li lega anzitutto il fare e il donare. Lega le due stupende parole, l’intelletto umano che se ne ciba, almeno si auspica. Invece li allontana l’avarizia mentale che ci rende ottusi nel conciliare poesia e amore, perché sono faccia della stessa medaglia.

Ricorda i suoi primi versi? Di cosa parlavano? Quanti anni aveva?

“Dolcissima ragazza mia stanotte ti penserò …” Ecco, era Natale e in questa poesia manifestavo tutto il dolore di non poter stare con lei in questa notte dell’anno magica ed unica, anche per chi non è di fede cattolica. E credo avessi 20 anni, che per un ragazzo sono veramente pochi e non si ha ancora la capacità di gestire emotivamente l’esperienza della solitudine.

Lei crede che la sua disabilità possa in qualche modo averle acutizzato la sensibilità?

In Sicilia c’è un detto bellissimo: ‘u putiaru zoccu avi vannia”, (il venditore ciò che ha vende). Io sono così e così, purtroppo o per fortuna, mi devo accettare e mi dovete accettare. Assodato questo, onestamente non saprei se la mia situazione di uomo handicappato abbia permesso di migliorare i miei pregi, qualora ce ne fossero, oppure il proliferarsi dei miei difetti.

In questo sistema di cose, questa società social-dipendente, qual è la cosa principale che manca?

È proprio la comunicazione fra gli uomini . Da quando vige la cosiddetta “comunicazione virtuale”, non riusciamo a relazionarci guardandoci negli occhi che per me resta la più bella forma di rispetto e di empatia fra i soggetti. È grave, è inaudito sentirsi dire “va beh, poi mi mandi un messaggio”, eppure la persona alla quale devo parlare è dinnanzi a me. Comprendo la vita frenetica, ma delegare ad un freddo messaggio le proprie emozioni, è assai penoso. E se proprio devo dirla tutta, a mio parere questo modo di comunicare ci sta rendendo vittime di una “guerra celebrale” dalla quale non usciremo più.

Parliamo di Amore, ne ha più ricevuto o più donato?

Non so se ho più dato o ricevuto amore. La domanda che mi faccio più assiduamente è: ho saputo dare affetto sproporzionato a chi lo meritava? E poi è anche vero che tante volte ho speso tutto quello che avevo a livello emotivo, per poi ritrovarmi a mani vuote o quasi.

Lei ha scritto parecchi libri: in tre aggettivi, quali peculiarità li accomunano?

Amore, che secondo me resta tale anche nella poesia di protesta. Mi spiego meglio: se denuncio il degrado della mia città, questo comunque è amore. E’ la voglia che fortunatamente ho di osservare la situazione generale e tradurla semplicemente in poesia.

Il suo ieri e il suo domani: com’era e come si vede proiettato nel futuro?

Intanto vorrei vivere a lungo per vedere realizzati i miei progetti. Ci sto provando assieme ad amici fidati e mia sorella che voglio sempre vicino, anche se incontro tantissime difficoltà. Alla mia età, oltre a continuare a scrivere poesie, ho tanti progetti che vorrei concretizzare. A confronto, la poesia è comunque meno importante. Sento la necessità di trovare una collocazione seria nella vita, vorrei inoltre essere d’aiuto agli altri e, non ultimo, vorrei lavorare e, come tutti, ricevere un idoneo compenso.

Qual è il suo rapporto con la politica: fiducia o scetticismo?

La “politichetta” che abbiamo subito soprattutto dopo tangentopoli, tutte le marionette che sono entrate a Montecitorio, non hanno fatto altro che distorcere il vero senso della politica, cioè il mettersi al servizio del popolo. Inoltre – elemento ancora più grave – tutto ciò ha fatto sì che non si avverte più il senso di appartenenza al partito, ergo, “non sono più perché non ho la mia casa”. Io continuo a votare perché riconosco che la mia la condizione di poter scegliere, è data da chi ha perso la vita perché ha creduto in un sistema libero e democratico.

In quale personaggio storico o letterario si  identifica maggiormente?

Da qualche tempo, sto cercando di studiare il nostro premio Nobel Luigi Pirandello. Mi attira il piglio intelligente e geniale della sua opera, le illuminazioni mentali della sua inesauribile fantasia. Fantasia che però denuda puntualmente la psiche umana, quindi, come si fa a non essere affascinanti dal suo genio?

Signorello, nel corso della sua vita artistica fino ad oggi ha accumulato una vasta gamma di riconoscimenti; quale le ha lasciato il segno più profondo in emozione?

Pensi che era il lontano 1998, io ero ancora agli albori della mia carriera – se così la possiamo definire – quando di sorpresa al “Premio Nino Martoglio città di Belpasso”, per il mio primo libro ho ricevuto la menzione speciale. Lì ho conosciuto l’immenso Andrea Camilleri che alla fine della premiazione, si avvicina e mi dice: “Signorello, bravissimo, continui così”! È stata una sorta di “benedizione laica” perché, fortunatamente per me, non ho mai smesso, anzi tutto ebbe inizio da lì. Grazie Maestro Camilleri.

L’azione che l’ha fatta più soffrire: ritornando indietro nel tempo, come l’affronterebbe oggi?

Sono parecchie. Col senno di poi, cerco di rimediare anche se come uomo sono soggetto al male. Una forbice taglia e basta … Sì c’è l’atto del pentimento, ma serve a poco quando hai operato malissimo. Per esempio quando ho partecipato al “Premio Maria Grazia Cutuli”, giornalista catanese corrispondente del “Corriere della Sera” assassinata in Afganistan. A fine premiazione, vedo una coppia di anziani che si avvicina a me per salutarmi perché anche in quella occasione mi è stato conferito un riconoscimento. Noto che l’uomo non parlava ma faceva gesti per farsi capire. Io ho pensato: “vabbè! Questo è il solito scemo che immagina che sono sordo e mi parla gesticolando”. Invece era il padre della Cutuli. Ecco, per me, quella esperienza è stata come una coltellata inflitta all’anima.

I poeti, queste anime delicate ed emozionate che leggono il mondo attraverso la sensibilità: qual è il poeta che la commuove maggiormente?

Neruda senza dubbio, è il Poeta nell’amore e dell’amore. È sua la meravigliosa lirica “Il tuo riso”.

Com’è vivere la propria sessualità per un disabile, quali sono i problemi più gravi?

Si tratta indubbiamente di un argomento che richiede una maggiore attenzione. Anzitutto bisogna dare due notizie; le pulsioni sessuali appartengono a tutti e vanno assecondate perché tutti abbiamo bisogno di fare sesso e di manifestare la nostra affettività. Altro elemento con cui fare i conti è l’ assenza di soluzioni che potrebbero andare incontro alle normali necessità sessuali e d’amore. Per le persone con disabilità non c’è un “luogo a nostra misura”. Mi si stringe la gola quando ci penso. Sono a conoscenza di uomini disabili che vanno dalle prostitute per avere incontri occasionali spesso spenti, freddi. Di contro, al nord Italia, da tempo esistono delle figure professionali formate appositamente. Lo si fa non per discriminare noi disabili dagli altri, ma per salvaguardare l’importanza del gesto come fatto stupendo da vivere e che rappresenta un diritto per TUTTI. Ma, siamo sudditi e sudisti e anche in questa circostanza ci tocca essere schiacciati dalle disparità. Comunque il tema richiede un maggior approfondimento, apposite tavole rotonde con la presenza di professionalità e veri esperti in materia. Bisogna aggiungere che la donna, rispetto all’uomo disabile, subisce una maggiore discriminazione in quanto l’uomo, anche se malamente gestito ed occasionalmente, può avere la possibilità di fare questa bellissima esperienza; la donna non ha neppure questa opportunità. Poter esprimere la propria sessualità o meglio avere una vita affettiva sana, salvaguarda la salute di tutti.

Ci sono inoltre altri due aspetti che dovrebbero essere presi in considerazione. Il primo è la mancanza di conoscenza del nostro corpo e l’impossibilità di prendersi cura di esso autonomamente. Nonostante le nostre imperfezioni oggettive, si ha il diritto, anche in questo caso, di assumere la totale coscienza e padronanza di se e ottenere così un senso di ricerca di noi stessi.

In più, lo penso senza alcuna remora, la Chiesa, fatta di uomini, non permette la libera espressione della propria sessualità come fatto assolutamente naturale  creando tabù e una visione peccaminosa di esigenze che Dio stesso ha benedetto. Quando due corpi si toccano, la porta del Paradiso si spalanca. Il sesso è altamente spirituale se lo si fa con onestà e pulizia d’animo. Dopo ben cinquanta anni d’età, ho scoperto che è un dono bellissimo dare ascolto alla propria sensibilità sessuale.

Approcciarsi ad una donna a una donna per un uomo disabile è difficile, la sensibilità è la strada più giusta per arrivare al suo cuore, secondo lei? Ci sono altre vie più idonee e quali sono?

Dicevo che ho iniziato a essere un poeta grazie all’amore per una donna che percepivo perfetta per me perché sentivo che mi somigliava molto, quindi essere romantici è la prima cosa che mi veniva naturale, anche quando non sono corrisposto. Ma, soprattutto in seguito ai fatti incresciosi che purtroppo la cronaca oggi riporta continuamente e dei quali auspico non ci si abitui, non basta essere romantici; noi uomini dobbiamo stare vicino alle nostre donne, essere un loro supporto valido e concreto. A lottare contro la violenza di genere dobbiamo essere noi uomini e non loro.

Il “dopo di noi”, la famigerata legge 112\2016 che tante volte ha nominato: cosa si sente di dire alle autorità che fanno finta che essa non sia mai stata emanata e che ne fanno fonte inesauribile di speculazione?

È una vergogna e lo affermo con cognizione di causa. Come ben dice, agli atti la legge 112 è stata votata e messa in vigore dal governo italiano ma mai attuata secondo le esigenze di noi persone handicappate, adulti che vorrebbero vivere la propria vita al dì fuori dal contesto familiare, com’è giusto che sia. La legge 112\2016 infatti è stata approvata per evitare l’istituzionalizzazione e creare delle case famiglia all’interno del territorio nazionale per ospitare le persone handicappate che vogliono condurre una vita autonoma o che hanno perso i familiari e, siccome quest’ultima cosa purtroppo fa parte dell’esistenza umana, occorrerebbe che nell’immediato la 112 venisse applicata approfittando di tutti i vantaggi previsti. Un punto da dove si deve partire è sicuramente il “Durante Noi”. È un periodo in cui il figlio con handicap compie con i suoi genitori azioni per uscire dalla famiglia d’origine senza creare traumi, soprattutto dopo la morte dei genitori. Questo passaggio è fondamentale per dare il via al passo successivo: il “Dopo di Noi”. Mi fa accapponare la pelle sentire dalla maggior parte dei genitori frasi come: “preferisco vedere mio figlio morire prima di me”. È una visione che comprendo perché la paura sovrasta questi genitori ma non la condivido perché è ingiusta nei confronti di un figlio che hai voluto, avuto ed amato. È un delitto autorizzato dalle autorità che sperperano fior fiori di quattrini e non propongono peculiari soluzioni per ogni singolo soggetto, così come la stessa legge prevede. Un altro punto molto interessante è quello di poter essere, non solo autonomi dentro una casa famiglia, ma potersi mettere a disposizione della collettività vivendola appieno: facendo la spesa, vivendo la nostra città e soprattutto creando un’altra visione di noi in rapporto con gli altri. In merito a questo, secondo la legge 112 le case famiglia dovrebbero essere costituite da un massimo di cinque persone disabili e relativi accompagnatori, preferibilmente al centro della città e non in periferia. Ultimo punto, non meno importante, è l’offerta di lavoro agli operatori, operatori scelti da noi disabili. La beffa è sempre la stessa: al nord la legge 112\2016 è stata applicata ed è in via di sperimentazione perché c’è un reale confronto fra pubblica amministrazione e famiglie, al sud non ne siamo mai stati capaci; è una vergogna.

Ci regala una sua poesia?

Volentieri, eccola.

Groviglio 22°

Lei

nel mezzo del mio palmo

la luna immensa

Dettaglio in rilevanza

dentro me stesso

e ne ho timore

Il coraggio

di scriverle in volto

versi dondolati dallo scirocco

Seduta alla porta della tenerezza

m’attende come goccia d’arcobaleno

Sale

pietra

e un passaporto per tornare

alla nazione del suo sorriso

Inni di lei

passerò tra mare e bandiere

 

Condividilo: