CATANIA – Il teatro è l’impresa più antieconomica che esista: non si conosce attore per quanto longevo ed affermato, che si sia arricchito soltanto facendo teatro. Ci s’innamora del teatro , s’innamora dell’arte più povera che ci sia, ma è vero Amore. Come quei matrimoni che si contraggono, malgrado non ci sia una lira…e si tengono in piedi per tutta vita, invecchiandoci dentro; solo un grande amore, può la sopportazione di capovolgimenti di sorte, col vantaggio che se nelle relazioni la passione è destinata a trasformarsi, nel teatro resta una costante, “il sacro fuoco”.
Impresso nella memoria di molti è certamente l’esausto appello di Salvo Randone durante una conferenza stampa nel 1991 al Teatro Biondo di Palermo: <<Sono vecchio e sto male. Non dovrei più recitare e invece sono costretto ancora a salire sul palcoscenico, portato a braccia fin sulla scena, quasi come fossi un Pulcinella. Ho perduto il mio passo, ho perduto la mia lucidità. E sapete perché vado ancora in tournée da un capo all’ altro dell’ Italia? Perché lo Stato, gli enti previdenziali mi obbligano ancora a 84 anni a non ritirarmi, per non morire di fame. Ho vissuto col pane della platea e non con i miliardi del cinematografo>>. Dopo lo sfogo, all’attore, seppur per poco tempo (morirà l’anno successivo) verrà consentito l’accesso ai benefici previsti dalla Legge Bacchelli del 1985, approvata sotto il Governo Craxi che istituiva un fondo alla Presidenza del Consiglio dei ministri per i personaggi illustri che versavano in delicate condizioni d’indigenza (lo stesso Riccardo Bacchelli – scrittore insignito d’innumerevoli riconoscimenti – ne aveva beneficiato per primo).
Il nostro passato è ricco di personaggi teatrali indimenticabili, non solo ricordati come magnifici addetti ai lavori, anche per l’etica ed il senso di attaccamento al mestiere: Giovanni Grasso, Angelo Musco, Rosina Anselmi, Virginia Balistrieri, Nino Martoglio , Luigi Pirandello, Turi Ferro e Ida Carrara, Angelo Giordano e Mariella Lo Giudice, Giuseppe di Martino, Mario Giusti…solo per citare coloro che non ci sono più.
E’ questo modo di vedere il mestiere di cui parlano Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi, attori diplomati alla Scuola del Teatro Stabile, ma che ad un certo punto intraprendono un percorso personale proprio perché desiderosi di vivere e trasferire un tipo di teatro declinato sul merito ed il duro lavoro. E per fare ciò si impegnano in un percorso pedagogico per realizzare quei tipi di lavori ed allestimenti che venivano guardati con esitazione ma ai quali invece loro credono molto: il teatro per le scuole, le favole che educano. Tutto autoprodotto, mettendo dentro ogni professionalità: attori, sceneggiatori, musicisti, registi, costumisti, addetti alla comunicazione. E così nasce “Buio in Sala”, vivaio di giovani promesse alle quali soprattutto essi insegnano l’etica, “il come si fa” piuttosto “al come riuscire a tutti i costi”. Buio in Sala – “Acting School” – dichiarano Bisicchia e Giustolisi –“ è un’associazione culturale che da oltre dieci anni produce spettacoli teatrali spaziando dal repertorio classico, al musical, agli spettacoli per ragazzi. E’ un centro di Formazione teatrale che presta attenzione alle motivazione per cui ci si avvicina alle discipline performative: che sia solo per gioco, per vincere la timidezza o cimentarsi in un tipo di passione, la scuola propone un programma variegato, un gruppo di insegnanti qualificati pronti a formare professionisti di alto livello>>.
Pablo Picasso diceva che “ci sono pittori che trasformano il sole in una macchia gialla, ma ce sono altri che con l’aiuto della loro arte e della loro intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole”: alla vigilia dell’anno nuovo, è proprio a questo miracolo che si è assistito al teatro Ambasciatori dove si sono esibiti 17 ragazzi, allievi del corso “advanced” dell’Associazione “Buio in sala” che sono riusciti a trasformare anni di studio e di perseveranza in un lavoro assolutamente originale, scritto, musicato, coreografato, cucito, finanziato….
Due ore di spettacolo che ha tenuto gli spettatori incollati alle poltrone e a bocca spalancata come di fronte ad un inaspettato regalo di Natale.
Dharma, i Figli del Sogno si svolge in un villaggio orientale (Dharma, appunto) guidato da un saggio (Nefti) custodito da una responsabile (Bastet), sposata ad un uomo molto stimato dalla comunità ed, ahimè, gravemente malato (Seker), ed il cui tempio è protetto da una sacerdotessa (Amonet). Secondo la tradizione, ogni notte,il dio protettore del villaggio sfiora con un sogno il sonno di un membro della comunità che verrà ascoltato l’indomani sulla piazza pubblica durante una cerimonia chiamata “dell’eletto”. Tutti gli abitanti sognano, soprattutto una (Kami) ed affatto un altro (Shin).
La vita nel paese scorre senza intoppi sino all’arrivo di un viandante (Seth) soccorso in mezzo ad una tempesta di neve dalla “Catastrofe”; in mezzo al delirio dovuto al rischio di assideramento, questi chiede rifugio affinché lo scopo del suo viaggio si compia; ovvero, trovare un erba che allevi le sofferenze della povera sorella minore. Presentato al cospetto di Nefti, egli sarà accolto con grande senso dell’ospitalità…ma sembra giusto essere questa visita inaspettata l’elemento di disturbo che porterà sulla comunità regolata da precise cadenze giornaliere, un’ ondata di nefasti accadimenti: alla luce succederà la tempesta; alla quiete la neve scenderà copiosa per giorni e giorni; nessuno sognerà più, le candele non si spegneranno più e tutti sembreranno perdere il lume della ragione che il proprio ruolo impone.
IL marito della guardiana del villaggio, gravemente malato, verrà convinto dalla sacerdotessa ad offrirsi come sacrificio per sedare l’ira degli dei in ottemperanza non di una visione religiosa antica e già per questo seppellita, quanto di asservire alla debolezza dell’animo umano che se spaventato comincia ad annaspare nell’imperscrutabile, cercando di dare un nome alla disgrazia: “può Dio che ci ama permettere il sacrificio di un uomo buono; può non prestare ascolto al grido di dolore di una moglie e due figli privati dal proprio congiunto?…” Il sacrificio per il Potere….ma il Destino si compie beffardamente: Seker si offrirà gettandosi sulla lama dell’incauto Shin, affrettando la propria fine perché grande è l’Amore che lo lega alla sua famiglia…e tutto finisce…tutto rientra: alla tempesta seguirà la luce; alla neve copiosa la quiete; le candele si spegneranno e anche colui che non sognava scopre di essere stato vittima di un trauma che lo aveva privato di accedere alla dimensione onirica durante il sonno.
“Credo solo che ogni evento non sia solo causa o effetto di un altro. Non scegliamo chi essere…né chi diventare. Possiamo solo accogliere il destino e farci plasmare secondo il suo imprevedibile disegno.”
Lo spettacolo è tratto dal testo originale di Diletta Borrello e Simone Santagati, autori della regia, con le canzoni e le musiche inedite di Emanuele Toscano, le coreografie di Alberto Crisafulli e Federica Fischetti. Essi hanno studiato antiche leggende, la storia orientale, il sanscrito che nello schermo in cui vengono proiettati i paesaggi, si compone per poi scomporsi e ricomporsi nella traduzione italiana; la psicologia che specializza i personaggi in atteggiamenti morali trasversali in tutte le epoche: il potere, la paura, l’individualismo che si scontra col bene comune; prestando attenzione ad ogni particolare anche in ordine ai costumi.
Un lavoro mirabile che appare ancora più stupefacente per la giovanissima età degli attori (media anagrafica si aggira sui vent’anni!). Adatto a questa impresa il passaggio :“Ogni sogno è una vita possibile, una verità irrealizzata, un momento che aspetta di sbocciare. Potere dall’incessante evolversi. Riapri gli occhi, e il tempo è diventato tuo. Solo i sognatori esistono davvero”. Sembra essere scritta per queste menti fresche, per questi ragazzi che realizzano un sogno senza smarrire la concentrazione, senza perdersi in infantili ed ovvi scivoloni. Chi li osserva forse in cuor suo vorrebbe trovare l’errore, ma questo superbo gruppo di giovani talenti non offre allo spettatore adulto neppure un filo di capello con cui farsi torcere il collo.
A guardarli ci si sente tutti genitori orgogliosi di sapere che esiste una generazione tanto proba e tanto qualificata e la speranza è che non cambino, che lavorino sempre con lo stesso entusiasmo; animati dalla stessa passione indistruttibile che porta ad intraprendere iniziative originali ed assumere, perchè no, anche decisioni impopolari e contro corrente.
Dharma, i Figli del sogno è l’esame di maturità di una classe che ha lavorato duro, che ha creduto ed investito innumerevoli energie…bravi tutti…nessuno più, nessuno meno…e bravi i loro “genitori artistici”, Massimo Giustolisi e Giuseppe Bisicchia (nelle vesti di tecnici delle luci per l’occasione) per averli portati sino a questo risultato.
“Perché vuoi vivere? Vuoi lasciare un’impronta del tuo passaggio sulla neve? Vuoi dare una spiegazione agli anni che infuriano? Vuoi riparare agli errori, vuoi commetterne nuovi? Aprire portali, percorrere vie, incrociare cammini. Salpare dai porti del cosmo. Nuotare tra i flutti del mare, volare fra scorci di cielo… viaggia! Parti dal gelo per giungere ai fiori, scosta le foglie e i raggi del sole. Parti da solo. Parti lontano e poi… torna. Torna da me. Resta con me…”
Diletta Borrello, Altea Cardia, Alberto Crisafulli, Ivana D’Ignoti, Arianna D’Urso, Alessio Del Popolo, Paolo Fichera, Federica Fischetti, Ruggero Giannella, Paola Gusmano, Francesca Nastasi, Luca Nicoletti, Ramona Pugliares, Ester Salerno, Simone Santagati, Emanuele Toscano e Daniele Virzì…attori, registi, scrittori, sceneggiatori, costumisti, sarte, e finanziatori…praticamente un’impresa che è riuscita nell’impresa di realizzare un sogno.
“Ai To Yori”…”Amore e tante altre cose”…
Confidiamo al più presto nelle repliche.
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