Al Piccolo Teatro della Città da mercoledì 27 a domenica 31 marzo, va in scena la pièce di Emma Dante tratta da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile. In scena i due attori napoletani Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola
Dopo il grande successo ottenuto in tournée nazionale, arriva al Piccolo Teatro della città di Catania, nell’ambito della Stagione del Teatro della Città, l’acclamata pièce La Scortecata di Emma Dante: tratta da una delle fiabe de Lo cunto de li cunti overo lo trattenimiento de peccerille, noto anche col titolo di Pentamerone (cinque giornate), è una raccolta di cinquanta fiabe raccontate in cinque giornate.
Il debutto catanese è previsto per mercoledì 27 marzo, alle ore 21, con repliche fino al 31 marzo (domenica ore 18).
Prodotto dal Teatro Biondo e dal Festival di Spoleto in collaborazione con Atto Unico – Compagnia Sud Costa Occidentale, lo spettacolo della regista palermitana che firma anche gli elementi scenici e i costumi (le luci sono di Cristian Zucaro), vede in scena i due straordinari interpreti napoletani Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola che, come nella tradizione del teatro settecentesco, interpretano le due vecchie protagoniste del racconto.
La scortecata narra la storia di un re che s’innamora della voce di una vecchia, la quale vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Il re, gabbato dal dito che la vecchia gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Ma dopo l’amplesso, accorgendosi di essere stato ingannato, la butta giù dalla finestra. La vecchia non muore ma resta appesa a un albero. Da lì passa una fata che le fa un incantesimo e diventata una bellissima giovane, il re se la prende per moglie.
In una scena vuota, i due attori drammatizzano la fiaba incarnando le due vecchie e il re. Basteranno due seggiulelle per fare il vascio, una porta per fare entra ed esci dalla catapecchia e un castello in miniatura per evocare il sogno.
Le due vecchie, sole e brutte, si sopportano a fatica ma non possono vivere l’una senza l’altra. Per far passare il tempo nella loro miseria vita inscenano la favola con umorismo e volgarità, e quando alla fine non arriva il fatidico: “e vissero felici e contenti…” la più giovane, novantenne, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire dalla pelle vecchia la pelle nuova.
La morale: il maledetto vizio delle femmine di apparire belle le riduce a tali eccessi che, per indorare la cornice della fronte, guastano il quadro della faccia; per sbiancare le pellecchie della carne rovinano le ossa dei denti e per dare luce alle membra coprono d’ombre la vista. Ma, se merita biasimo una fanciulla che troppo vana si da a queste civetterie, quanto è più degna di castigo una vecchia che, volendo competere con le figliole, si causa l’allucco della gente e la rovina di sé stessa.
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