Cosimo Coltraro: il Bello, il Buono, il Cattivo!

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Cosimo Coltraro: il Bello, il Buono, il Cattivo!

Cosimo Coltraro è un attore che definisco da “commento a margine”, dal momento che mentre lo vedi recitare, non puoi sottrarti al piacere di commentarne subito la bravura. Palese dimostrazione che il talento non subentra ma va educato e perfezionato, soprattutto possiede la capacità innata di adattarsi come pochi a ruoli diversi caratterizzati da connotati espressivi variabili; ecco che dal fratello trasecolato del dramma fantastico di Tabucchi, “Alla fine del tempo”, passa alla contraddittoria feroce e spietata dolcezza di “Pietro dettu u’ porcu” nel film Malarazza, per diventare prete, pentito, agente teatrale e ladrone appeso alla croce. Con disinvoltuta, come se ogni ruolo fosse un abito a taglia mutabile ed adattabile alle sue capacità. Nipote di ben due nonni attori, sin da piccino gli piaceva esibirsi per l’applauso, ovvero per raggiungere il risultato, consapevole che il gradimento del pubblico non è pretesa ma attesa.

    

Si definisce ironicamente “un pezzo di Catania con una intelligenza curiosa” e credo abbia proprio ragione a farlo perché Cosimo Coltraro è un ragazzone tranquillo che dismettendo il lavoro da un set, entra in un teatro per andare a lavorare e per andare a vedere i colleghi recitare, caratteristica di cui  (ho sempre lamentato essere assente, soprattutto in alcuni produttori e registi) dispongono in pochi. Conscio per educazione ricevuta e per esperienza maturata, che la disciplina comincia dai limiti che s’impongono alle proprie reazioni, non ha mai creato problemi nelle compagnie per cui ha lavorato e specialmente non si è mai sottratto all’osservazione e all’ascolto, cercando d’imparare anche dall’ambiente teatrale meno stimolante. La medesima inclinazione al tutto avrebbe potuto portarlo nella vita a diventare un calciatore ed un ingegnere elettronico, invece ad undici anni lo spinse a fare parte di una compagnia amatoriale; qualche anno dopo, a partecipare alle audizioni per la scuola del Teatro Stabile. Da qui, il suo percorso comincia ad essere una carriera. E’ bravo Cosimo Coltraro. Se glielo dici, arrossisce.

Cosimo Coltraro ha la faccia dell’attore, di quelle giuste per rivestire qualsiasi ruolo. Cosa le dicevano i suoi maestri,  quando decise di iscriversi alla Scuola del Teatro Stabile di Catania?

Magari avessi potuto consigliarmi con i miei maestri…io cercavo di “capire” come facevano Fabrizi, Manfredi, Peppino De Filippo, Totò, loro erano i miei “maestri”; guardavo ogni loro film, ogni loro battuta, come si muovevano in scena ed ancora oggi sono dei riferimenti, non ne avrò mai abbastanza…

– Lei possiede una intraprendenza recitativa notevole, nel senso che riesce ad adeguarsi e fare suo qualsiasi ruolo…è  soltanto merito degli studi e dell’esperienza, o c’è dell’altro?

Gli studi certamente mi hanno aiutato e mi aiutano tutt’ ora ma, quando finii l’accademia e il nostro insegnante e mentore, Giuseppe Di Martino ci disse “da questo momento siete dei cani rimediabili”, dapprima non capii, ma poi con l’ esperienza intuì cosa volesse dire…ci vuole mestiere, esperienza, curiosità, applicazione e tanto studio. Il lavoro e lo studio pagano, sempre.

   

– Credo, dal momento che la incontro assai di frequente nei vari teatri, che lei sia l’attore che va più di altri a vedere i colleghi: perché lo fa? Di quanta attenzione ha bisogno un attore da parte degli addetti al lavoro? 

Le relazioni sociali sono fondamentali. Essere social, oggi va benissimo ma guardarsi in faccia lo ritengo ancora utilissimo. E poi, andare a vedere teatro,  a prescindere dai colleghi amici o meno, è sempre un buon allenamento.

– Quello dell’attore, secondo lei, è un mestiere come tanti? Lei preferisce la riservatezza alle continue luci della ribalta, cercate anche fuori dal palcoscenico, dal set?
Indubbiamente sono un egocentrico ma è una caratteristica che ho saputo controllare nel tempo. L’essere “presenti”, per me che sono tendenzialmente un comico, è fondamentale. Il nostro, non essendo un mestiere come tanti, ha bisogno sempre che ci sia riconosciuto in ogni momento della giornata; questo a volte porta a troppa sovraesposizione. Bisogna esser bravi a calibrare la nostra irruenza.
                                              
– Lei è presente nelle fiction, al Cinema, in teatro: quale dei tre ambienti preferisce e in cui si sente maggiormente a suo agio?
Nel teatro ci sguazzo a piacimento, è casa mia! Il cinema e la televisione hanno un altro linguaggio che sto imparando benissimo!
– Sarebbe potuto diventare un bravo ingegnere elettronico: rispetto a scelte non fatte nella vita, nutre rimpianti?
Nessun rimpianto: ho fatto quel che ho voluto e per fortuna nei tempi giusti di realizzazione per credere che sia stata la scelta giusta e in ogni caso ne è valsa la pena!
                
– Ritiene di essere lo stesso “Cosimo Coltraro Attore” di quando ha cominciato ?
Noooo, sono cresciuto in maniera esponenziale, sia come esperienza che come “scaltrezza”…prima ero tutto istinto e forza..oggi, ragiono o quantomeno ci provo, mettendoci sempre istinto e forza.
– A quale fra i suoi personaggi è maggiormente affezionato?
Ce ne sono tanti, ma le cito solo il primo con cui ho preso diversi premi e che continuo a portare in giro: Giufà, la maschera siciliana dei racconti popolari e devo dire che un po’ mi somiglia  (risata)…scaltro ma sciocco…vabbè… (altra risata)!
                                    
– Nel corso di questi ultimi due anni, lo abbiamo apprezzato al Cinema nell’interpretazione di uno spietato e fragile uomo di mafia in “Malarazza”, personaggio il suo, insieme al transessuale interpretato da Paolo Briguglia, che conferisce al film una valenza poetica che resta nella memoria dello spettatore, unitamente alla magnifica fotografia (di Gianni Mammolotti, candidato al David di Donatello) dei luoghi catanesi. Quanto lavoro c’è dietro alla preparazione di un personaggio ricco di sfaccettature come quello di “Pietro detto u’ porcu”?
Pietro è un personaggio specchio dei tempi…ambiguo, in tutto e per tutto, con una doppia vita che nasconde la sua vera natura per non apparire debole. Prepararlo e lavorarci è stato una figata..entrare nelle vite degli altri è sempre una bella sfida…e noi, di mestiere, facciamo questo.

        

– In teatro, il personaggio di Don Procopio in “Sperduti nel Buio” (drammaturgia di Nino Bellia e regia di Elio Gimbo, produzione Fabbricateatro) caratterizzato dalle tipiche connotazioni “martogliane”, ma attualizzato e con un elevato numero di battute tutte in dialetto siciliano classico – di cui non ne sbaglia neanche una – quanto è stato difficile?
“Sperduti nel buio” è davvero un capolavoro; tratto da “La Divina commedia di Don Procopiu Ballaccheri”. Come dice lei, è stato certo difficile imparare quei versi e non incespicare per la difficoltà dei concatenamenti complessi presenti nella mia parte. La commedia è stata assai gradita dal pubblico, avendo registrato il tutto esaurito e lunghe repliche, persino una al Piccolo Teatro di Catania, in occasione dell’anniversario della morte di Martoglio (15 settembre) che ci ha dato grandissima soddisfazione, anche in ordine all’attenzione dei media nazionali. Insomma, il successo ha ripagato il lavoraccio svolto.

                                  

 

– Da poco ha finito le repliche de “L’alba del terzo millennio” di Federico Magnano di San Lio con Emanuele Puglia; quali sono gli altri progetti in cantiere?
I progetti…sto girando per la Rai,“Il cacciatore 2”, serie che nella prima stagione ha avuto un successo immenso. Sto girando quasi contemporaneamente uno degli ultimi episodi de “il Commissario Montalbano”; curo una regia (L’ aria del continente) che andrà in scena 24,25,26, maggio alla sala Chaplin. Allo stesso momento, debutto da coprotagonista in uno spettacolo con Manlio Dovì dal titolo “Tango”, in scena al teatro Ambasciatori sabato 25. Il prossimo impegno sarà uno spettacolo estivo con la regia di Nicola Alberto Orofino produzione del Teatro Stabile di Catania.
                  
– Quanto è importante per Cosimo Coltraro la famiglia?
La famiglia oggi è diventata un mio pensiero costante…ci ho pensato tardi, è vero, ma,chissà magari mi riesce il gran colpo..e un idea ce l’ ho…più di un idea!
– Com’era da bambino? Quanto è cambiato? 
Da bambino ero come adesso; sono rimasto un bimbo nell’ animo e qualcuno me lo ripete spesso.
                                                               
– Cane o Gatto?
Gatto! Wolverine!…il mio gatto, il mio micio-amico, colui che mi aspetta, sul quale posso riporre le mie certezze, perchè di sicuro quando torno è a casa…per ora e per sempre è la mia famiglia.

 

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