Rientrati a Mazara del Vallo persone e pescherecci dopo 108 giorni di prigionia. Perchè ? L’A.P.M.P. scrive alle massime Autorità dello STATO (serve chiarezza)

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Rientrati a Mazara del Vallo persone e pescherecci dopo 108 giorni di prigionia. Perchè ? L’A.P.M.P. scrive alle massime Autorità dello STATO (serve chiarezza)

Passata la sbornia di felicità per il rilascio dei 18 pescatori e dei due motopescherecci è d’obbligo una profonda riflessione su tutti gli aspetti che hanno caratterizzato questa vicenda:

Cominciamo ad analizzare il perché avvengano i sequestri dei pescherecci,  mazaresi, soprattutto che pescano gamberi rossi in questi mari così poco sicuri!

La pesca al gambero rosso è praticata dai pescherecci d’altura, principalmente mazaresi, in profondità superiori ai 600 metri! Il cosiddetto Rosso di Mazara è rimasto l’unico prodotto remunerativo per i grandi pescherecci che con lunghe bordate riescono ad ammortizzare le elevate spese di gestione.

Le regole della comunità Europea, che non tengono conto della biodiversità delle speci mediterranee, hanno spinto questi armatori a scegliere questa tipologia di pescato, che ha poca concorrenza con le importazioni, in quanto superiore come qualità! Considerando pure la grande competitività delle flotte dei paesi rivieraschi, in particolare la flotta tunisina, che lavorano senza le restrittive regole comunitarie, ed essendo cresciute numericamente tanto quanto sono diminuite le flotte comunitarie non più in grado di competere, neanche sul mercato occupato da queste agguerritissime flotte!

In tutto questo i vari governi succedutisi nell’ultimo decennio non sono mai intervenuti in una difesa della pesca nazionale per diversi motivi: il primo è che non c’è un ministero specifico per la pesca, come in tutti i paesi del nord Europa, che hanno monopolizzato la commissione europea della pesca con tecnici competenti facendo le regole che vanno bene per gli oceani, non certo per un mare come il Mediterraneo in cui le taglie ittiche sono decisamente inferiori!

La pesca rende poco dal punto di vista elettorale, rende molto di più l’agricoltura e soprattutto l’ambientalismo che nell’era dei social è diventato una moda molto diffusa, sebbene spesso privo di seri supporti scientifici!

A tutto ciò bisogna aggiungere i rapporti con i paesi rivieraschi, soprattutto la Libia al tempo di Gheddafi e la Cirenaica di Haftar, che si sono appropriati, unilateralmente, di una zona di 60 miglia nautiche oltre le acque territoriali, ma che nel golfo della Sirte, vanno calcolate non da dodici miglia dalla costa, ma dalla linea congiungente Bengasi con Misurata, venendo così ad avere la pretesa su mezzo Mediterraneo, soprattutto su quelle acque in cui ha da sempre operato la flotta mazarese!

Bisogna tenere presente che questa zona di pretesa economica, in quanto spropositata, non è mai stata ratificata né riconosciuta, soprattutto dall’Italia, che con la legislatura passata manteneva in zona delle navi militari in missione VIPE, ossia sorveglianza pesca, a protezione dei nostri motopescherecci spesso soggetti a sequestri da parte dei Libici o dei Cirenaici a seconda  della zona di influenza, sequestri spesso operati da milizie armate che abbordavano e costringevano le barche ad andare in porto, subendo il furto del pescato e spesso rilasciati senza nessuna altra sanzione!

Talvolta i pescherecci venivano attaccati e mitragliati con l’intento di uccidere, senza neanche la contestazione di pesca illegale!

Nonostante questa situazione complessa, ancora di più con la guerra tra le milizie di Haftar e il governo legittimo di Tripoli, l’Italia non ha mai proibito la pesca in queste acque ma ha solo sconsigliato i pescatori di operare in queste zone!

Bisogna dire, tra l’altro, che un gruppo di armatori mazaresi l’anno scorso aveva fatto un accordo con gruppo di milizie del governo di Tobruk, accordo che l’Italia ha fatto rigettare, facendo rimettere agli armatori un sacco di soldi per dei permessi di pesca non riconosciuti dal nostro governo in quanto l’accordo è stato stipulato con autorità ritenute illegittime!

Allora la domanda è: considerando che la Libia, e la Cirenaica, si sono appropriate di acque internazionali, soprattutto reputando come territoriale tutto il golfo della Sirte, privando di mari su cui operano pescherecci italiani, perché non fa valere i propri interessi?

Sono più importanti i pozzi petroliferi dell’ENI che la pesca?

Non sappiamo cosa abbia preteso Haftar per il rilascio di pescatori e pescherecci, e perché sia dovuto andare il capo del governo a chiederne il rilascio, ma crediamo che il diritto internazionale in questo caso sia andato a farsi benedire!

Se bisogna avere più in considerazione le risorse dell’Eni e si vuole regalare alla Libia, ed alla Cirenaica, mezzo Mediterraneo, perché non si cerca un accordo per poter pescare in quelle acque evitando che la prossima volta ci scappi il morto?

Morto che sarebbe neanche giustificato dai guadagni, che dato l’alto costo delle spese di gestione dei pescherecci, ai marinai va una parte spesso inferiore al 25 per mille del pescato al netto delle spese, ma questo è un discorso sindacale che si spera venga al più presto affrontato quando il sindacato tornerà ad essere se stesso tralasciando il più remunerativo patronato! .

In questi lunghi giorni sono trapelate diverse notizie e ipotesi riguardanti i motivi del presunto “fermo”  dei n. 2 pescherecci e dei n. 18 pescatori, i quali poi, risultano essere stati arrestati e, da vari articoli riportati dalla stampa, risulterebbe che avrebbero vissuto il “sequestro anomalo” in diverse prigioni.

L’A.p.m.p. (associazione di categoria – autonoma – costituita con atto pubblico in data 15-07-1995)  visto che ad oggi non è trapelato alcun documento ufficiale riguardante i motivi del fermo, o del  sequestro, o dell’arresto di n. 18 persone chiede all’Autorità Giudiziaria italiana che venga fatta piena luce, nel rispetto dei fatti, della verità e, per poter comunicare, quindi,  all’opinione pubblica,  in maniera chiara,  la verità, su tutti i fatti, dall’inizio alla fine, dunque conoscere anche i motivi per cui, alla fine è stata concessa la libertà ai n. 18 pescatori, senza alcun “processo”.

Serve fare maggiore chiarezza all’intero comparto della pesca marittima professionale europea, dunque anche agli armatori e lavoratori italiani, ma anche a tutta quella parte di opinione pubblica che si è sensibilizzata e, insieme alle moglie e famigliari dei pescatori ha manifestato vicinanza e comprensione.

Pasquale Giorgio Giunta

Vice Presidente Nazionale A.P.M.P.

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