L’odio trionfa sull’amore. In “Romeo e Giulietta” di Shakespeare i due giovani innamorati muoiono, così come nell’omonimo balletto musicato da Prokofiev, in scena al Teatro Massimo Bellini di Catania sino al 25 marzo con il Corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo. Sul podio dell’orchestra etnea la giovane Keren Kagarlitsky, formatasi professionalmente a Berlino ma nata in Israele da genitori immigrati dal Kirghizistan. I ballerini Gianluca Mascia e Francesca Bellone hanno dato vita ai due amanti di Verona (interpretati alternativamente anche dalla coppia Andrea Mocciardini e Romina Leone).
Davide Bombana, coreografo ed ex ballerino scaligero, nel suo “Romeo e Giulietta” riesce ad attualizzare la storia shakespeariana sottolineando i legami con le tragedie di oggi. Si ispira infatti ad un episodio di cronaca realmente accaduto durante la guerra nella ex Jugoslavia, al tempo dello scontro tra serbi e bosniaci musulmani. In quel drammatico contesto sboccia l’amore tra due giovani di Sarajevo – Admira Ismić e Boško Brkić – che appartengono a due fronti, a due gruppi politici diversi e contrapposti, ma credono che l’amore possa vincere su tutto: ignorano che le barriere religiose, di classe, di cultura provocano odio e vendette, sebbene nei conflitti le reali motivazioni siano sempre economiche.
A Sarajevo come a Verona manca perciò l’amore a lieto fine. Anzi, di più: fin da subito, appena aperto il sipario del TMB, sul palcoscenico si vedono i corpi esanimi dei due giovani amanti, chiamati “Romeo e Giulietta” di Sarajevo. La storia procede poi a ritroso: lui e lei vivono nella città assediata, cercano di fuggire per cercare altrove la loro felicità ma una raffica di mitraglia mette fine alla loro giovani esistenze: avevano 25 anni, era il 19 maggio 1993, la foto dei loro corpi a lungo insepolti divenne il simbolo della tragedia di tutte le guerre.
Nello spettacolo la successione delle scene è come l’aveva immaginata Prokofiev, ma il coreografo Bombana attualizza la tragedia shakespeariana rivedendone l’intreccio narrativo. Mette in scena “l’amica di Giulietta” che, al posto della tradizionale balia, incarna il senso di complicità che spingerà la giovane a contravvenire alle regole della sua cultura in nome del suo amore per Romeo. Quest’ultimo, da parte sua, dapprincipio è sprezzante salvo poi innamorarsi di Giulietta e per lei disposto ad abiurare alla religione ortodossa.
Le attualizzazioni registiche e coreografiche riguardano anche i costumi. I Capuleti con Giulietta sono i bosniaci e indossano abiti dimessi. I Montecchi con Romeo sono i serbi, vestiti all’occidentale con giacca e cravatta come gli uomini di affari, rifiutano chi è estraneo e imbracciano la cartellonistica stradale con il divieto di accesso; Romeo però a poco a poco si spoglia di abiti formali per restare poi nudo e quindi più autentico nel suo essere e nei suoi sentimenti.
La compagnia palermitana di balletto classico non ha messo in scena un tradizionale spettacolo di danza classica, con passi a due e impostazione aerea dei movimenti scenici; al contrario, molti passi sono energici e potenti, legati al pavimento del palcoscenico, con una forte componente di scontro fisico nei duelli.
Ma ciò che più conta nello spettacolo è la partitura di Prokofiev: in quella celeberrima musica, nella forza delle emozioni che essa sa dare, c’è il senso profondo della storia di “Romeo e Giulietta”.
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